Come si è giunti alle decisioni del G20 sulla crisi pandemica? A settembre il presidente americano Joe Biden aveva convocato ai margini dell’Assemblea generale delle Nazioni unite un vertice sul Covid-19 con la partecipazione di leader, organizzazioni internazionali, rappresentanti del settore privato e filantropi.

Quattro i temi proposti: vaccinare il mondo; salvare vite risolvendo la crisi dell’ossigeno, dei test e così via; ricostruire la sicurezza sanitaria mediante un meccanismo finanziario tipo trust fund; impegno responsabile nel condividere gli obiettivi.

Se sulla questione dei vaccini il vertice era stato un successo (500 milioni di dosi dagli Stati Uniti e altrettanti dalla Ue, di cui 45 milioni da parte italiana) sull’obiettivo del trust fund molti paesi avevano frenato.

Ostilità geopolitiche

L’istituzione di nuove entità non piace ai paesi non occidentali che vi vedono un tentativo euro-americano di trasformare a proprio vantaggio l’architettura multilaterale vigente. La delicata questione è stata rimandata al G20, ponendola dentro il filone preparatorio finanza-salute. Nel frattempo il G20 Finanze aveva richiesto a un panel di esperti internazionali un rapporto sulla risposta alle future pandemie.

Tra le raccomandazioni contenute nel rapporto (“A global deal for our pandemic age”) presentato durante il vertice di Venezia del 9 luglio, ce n’è una sulla governance: un “health-finance board” per coordinare il lavoro e i flussi finanziari necessari.

Si è fatto anche il nome di Mario Monti per guidarlo ma l’opposizione cinese e russa ha rallentato l’iniziativa. Pechino e Mosca preferiscono che a occuparsene sia l’Organizzazione mondiale della sanità.

Proprio un gruppo di esperti dell’Oms, lo Strategic advisory group of experts on immunization (Sage), aveva indicato il target della vaccinazione per il 70 per cento della popolazione mondiale entro metà 2022. Obiettivo poi fatto proprio dai leader G20 a Roma, facendo slittare un po’ le date.

Ambiguità

Da metà ottobre i tecnici del G20 Finanze e Salute hanno dunque lavorato per preparare il vertice di fine mese a Roma. L’idea del board proposta dal panel di esperti internazionali a luglio è stata ripresa derubricandola a task force. Consapevole del rischio di un impoverimento dell’iniziativa, a nome dell’Ue, Paolo Gentiloni ha chiesto che la task force divenga permanente.

Su tale nuovo organismo, che catalizza molte aspettative, rimane un’ambiguità: dovrà occuparsi di risposta al Covid–19 (come traspare dal comunicato finale con l’aggiunta di uno strumento finanziario) o di prevenzione e risposta a future pandemie?

Nel comunicato finale del G20 si desume che a inizio 2022 la task force (co-presieduta da Italia e Indonesia) dovrebbe portare ai ministri delle proposte riferite ancora al solo Covid-19. Vista la posizione cinese e russa, potrebbe inoltre sorgere qualche tensione concorrenziale con l’Oms. Uno dei problemi è che la task force deve essere composta da membri dei governi del G20, cioè senza esperti esterni o indipendenti, lavorando per consenso, che è un altro modo per dire all’unanimità.

L’unica novità

Se ciò potrà rallentarne le decisioni, va ricordato che quando nel 2001 si è costituita un’analoga task force per rispondere alla crisi dell’Aids, essa ha portato alla creazione del Global fund. Sintetizzando si può concludere che: il G20 non ha preso impegni finanziari precisi ma un impegno a un meccanismo finanziario; il G20 ha fatto proprio il target stabilito dall’Oms per armonizzare gli sforzi; gli annunci sulle dosi di vaccini da donare erano già stati fatti a settembre all’Onu; la creazione della task force rappresenta la vera novità; il coordinamento tra membri del G20 sui vaccini dipenderà anche dal mutuo riconoscimento dei vaccini stessi.

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