Secondo il fondo monetario internazionale (Fmi), il 15 per cento dei paesi a basso reddito si trova oggi in una crisi del debito e il 40 per cento si sta avvicinando ad essa.

Il debito sovrano o pubblico rappresenta l’insieme dei prestiti contratti da uno stato, utilizzato per sostenere l’economia durante l’ultima fase di recessione (2008) o per rifinanziare vecchi debiti e fare investimenti produttivi.

La situazione

Livelli eccessivi di debito possono portare ad una crisi ma tutto dipende dalla percezione che ne ha il mercato: paesi anche molto indebitati (come l’Italia) ma che si ritiene possano pagare il proprio debito (i solvibili) non hanno gli stessi problemi di paesi magari con molto meno debito ma che vengono considerati insolvibili.

Com’è noto nel 2022 l’Africa sub-sahariana aveva una media di debito sovrano del 57 per cento sul Pil, il che viene considerata una soglia pericolosa.

Secondo il Fmi 22 paesi africani sono oggi sovra-indebitati o sul punto di esserlo, tra cui Burundi, Camerun, Repubblica Centrafricana, Ciad, Comore, Gibuti, Etiopia, Gambia, Ghana, Guinea-Bissau, Kenya, Sierra Leone e Sud Sudan.

Le percentuali

La differenza è che, diversamente dal passato, tali stati hanno contratto prestiti da una pluralità di attori economici, pubblici e privati.

Le istituzioni finanziarie internazionali detengono circa il 29 per cento del debito. Poi ci sono gli stati che hanno una quota significativa del debito africano, con la Cina in posizione preminente con circa il 20 per cento del debito estero totale dell’Africa.

Anche altri paesi come Francia, Gran Bretagna, Germania, Stati Uniti, Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti, sono grandi creditori. Il cosiddetto Club di Parigi, composto da 22 paesi e istituzioni, tra cui l’Unione europea e il Fmi, ha il compito di coordinare gli sforzi di questi creditori.

Ad esempio dopo due anni di colloqui nell’ambito del quadro comune stabilito dal G20 e dal Club di Parigi, nel novembre 2022 il Ciad ha ottenuto un accordo per ristrutturare il proprio debito estero, che era pari a quasi tre miliardi di dollari. Infine, secondo una tendenza dell’ultimo decennio, alcuni paesi africani si sono rivolti direttamente al mercato finanziario, emettendo bond per attirare investimenti.

Il ruolo dei privati

Le istituzioni private – fondi di investimento e banche – detengono oggi la quota maggiore del debito africano, pari a circa il 42 per cento del totale.

Il rischio principale è ovviamente il default che porterebbe alla fuga degli investitori, all’aumento dei tassi di interesse e alla recessione economica.

I rischi

C’è chi ne sta approfittando, come alcuni fondi privati che comprano a basso prezzo i debiti dei paesi in difficoltà per poi chiederne il rimborso integrale.

Una situazione del genere si è avuta con una porzione dei detentori di “tango bond” argentini o nel caso della Grecia e più di recente con lo Zambia.

Il fatto che la gran parte del debito degli stati poveri sia oggi in mano ai privati rende la sua rinegoziazione molto più difficile che in passato: un tema importate per il Piano Mattei.

© Riproduzione riservata