Ci sono tre giovani ucraini che possono fare la differenza nella guerra e non sono militari. Si tratta del ministro delle Industrie Strategiche Oleksandr Kamyshin, del ministro per la Trasformazione Digitale Mykhailo Fedorov e del viceministro della Difesa Stanislav Haider, con delega alla riorganizzazione delle forze armate.

È evidente che per resistere l’Ucraina non può competere con la Russia in termini di massa, considerato lo smisurato bacino di reclute mobilitate da Mosca come carne da cannone (per la cronaca, ieri papa Francesco ha suggerire all’Ucraina di «avere il coraggio di alzare bandiera bianca e negoziare»).

Tuttavia, una svolta ci può essere, come sottolineato dal generale Zaluzhny (neoambasciatore nel Regno Unito) e dal suo successore Syrsky, grazie al progresso tecnologico che rompa lo stallo tra forze equivalenti. Come ha scritto di recente l’Economist, entrambe le parti hanno investito molto nella produzione, sia industriale sia artigianale, di centinaia di migliaia di droni radiocomandati Fpv (first-person view), che vengono pilotati verso l’obiettivo da un operatore tramite un visore.

I costi

Uno dei principali vantaggi di queste armi è il costo contenuto. Infatti, se un missile o un proiettile di artiglieria possono valere migliaia di euro, il costo medio di un drone Fpv è di circa 400 euro. Anche per questa ragione il presidente Zelensky ha annunciato la creazione di una nuova forza armata autonoma per i droni, guidata dal colonnello Vadym Sukharevskyi, che al comando della 59esima brigata aveva già sviluppato l’unità “Uccelli Magiari” con importanti successi operativi.

Ormai praticamente qualsiasi plotone ucraino dispone di addetti a droni di ricognizione e attacco che forniscono informazioni preziose sulla posizione del nemico e possono sventare assalti in una fase iniziale. I video delle operazioni vengono poi caricati sulla piattaforma di intelligence militare Delta, che permette ai comandanti di osservare le tattiche utilizzate, prendere esempio e correggere gli errori.

La carenza di munizioni

In qualche misura i droni possono supplire alla carenza di munizioni di artiglieria dovute all’insufficiente produzione europea e al blocco del congresso americano, ma non sono sostitutivi. I droni d’attacco si adoperano in modo diverso da mortai, obici e lanciarazzi. Più pezzi di artiglieria possono garantire un fuoco di saturazione ed esplosioni devastanti sull’obiettivo, oltre a poter sparare con condizioni meteorologiche avverse e scarsa visibilità, ma sono più imprecisi e restano vulnerabili al fuoco di controbatteria se individuati dal nemico.

La deflagrazione di un drone quadricottero è meno potente e con un raggio più ridotto, ma altrettanto letale se l’apparecchio è manovrato con abilità: può inseguire un veicolo o un soldato e persino infilarsi in una trincea o nella cupola aperta di un carro armato. Quella dei droni è perciò l’industria militare in più rapida espansione. Per non parlare di quelli navali di produzione ucraina Magura V5, che costano circa 250mila dollari l’uno e hanno affondato la nave da guerra russa Sergej Kotov, dal valore di almeno 65 milioni.

La produzione

Il ministero della Trasformazione digitale di Fedorov finanzia la scuola di pilotaggio KazhanFly che addestra nuovi operatori. Droni più accessoriati possono includere sensori infrarossi per missioni notturne, una radio resistente alle interferenze di jamming e un’antenna più grande che garantisce il controllo remoto a distanze maggiori.

Entrambi gli eserciti si sono infatti attrezzati con dispositivi di guerra elettronica per bloccare il radiocomando o persino con l’uso di droni cacciatori, ma sono ostacoli superabili con chip per cambiare la frequenza del segnale e con il salto verso droni autonomi gestiti dall’intelligenza artificiale. L’IA è già impiegata su droni americani e russi per l’identificazione dell’obiettivo, ma la sfida è applicarla a sciami di quadricotteri meno costosi, da scatenare contro il nemico con effetti dirompenti.

Fedorov ha dichiarato che nel 2024 l’Ucraina produrrà anche migliaia di droni ad ala fissa, capaci di colpire a lungo raggio in Russia fabbriche e installazioni strategiche, per sostituire i missili da crociera come i Taurus tedeschi, che Berlino di ostina a non voler cedere. Per questo ha finanziato una serie di aziende statali e startup private che quest’anno riceveranno circa 25 milioni di dollari, un settore che prima del 2023 non esisteva.

Fedorov ha fatto rimuovere il monopolio statale e le tasse sulla produzione di droni, ha semplificato le procedure contrattuali con l’obiettivo di arrivare a un milione di apparecchi nel 2024. Prima della guerra, da viceministro aveva guidato la transizione digitale dell’amministrazione ucraina, con la creazione dell’app Diia che permette di accedere ai servizi pubblici. Era stato Fedorov ad ottenere da Elon Musk l’invio del sistema di comunicazione satellitare Starlink, essenziale per coordinare le operazioni militari.

Secondo il trentanovenne ministro per le Industrie Strategiche Kamyshin, l’industria della difesa ucraina è cresciuta di sei volte nel 2023 rispetto all’anno precedente e continua ad espandersi. L’ex manager delle ferrovie ha rivitalizzato fabbriche di epoca sovietica e stretto partnership con numerose aziende occidentali.

A giugno 2023 ha nominato come Ceo della società pubblica Ukroboronprom il trentunenne Herman Smetanin, incaricato di riformare questo conglomerato elefantiaco e dare slancio all’industria nazionale. Smetanin è stato direttore di una fabbrica di carri armati e ora deve riorganizzare l’insieme delle aziende pubbliche o partecipate, anche con la lotta alla corruzione e allo spionaggio russo tra i dipendenti. Secondo Kamyshin, sono circa 500 le aziende ucraine che contribuiscono agli sforzi di produzione necessari alla difesa, di cui 70 statali e 400 private che si dedicano alla costruzione di droni e munizionamento.

Il ministro considera l’innovazione tecnologica il vero game changer del conflitto e a questo scopo ha firmato contratti con le maggiori aziende europee e americane. Ora manca l’ingrediente segreto: l’applicazione dell’intelligenza artificiale.

La catena di comando

Il trentasettenne Stanislav Haider, invece, è stato nominato viceministro della Difesa con il compito di riorganizzare il ministero ed eliminare le sovrapposizioni di competenze. Haider è emerso come amministratore locale di successo e poi ha guidato la trasformazione digitale dell’Agenzia nazionale anticorruzione con la creazione di un registro consolidato.

È arrivato al ministero quando Rustem Umerov ha sostituito Oleksij Reznikov e ha portato con sé giovani funzionari. Haider riconosce che il non essere un militare è allo stesso tempo il suo più grande pregio e svantaggio, perché può vedere dall’esterno cosa non funziona nella macchina militare ma allo stesso tempo può essere percepito come un estraneo dai generali.

Grazie alle sue direttive ministeriali ha cambiato il modo in cui le decisioni vengono prese e dato voce ai comandanti operativi sul campo. Il rimpasto dello Stato Maggiore avvenuto con la nomina del generale Syrsky ha offerto l’opportunità di rivedere la pianificazione e le dinamiche tra vari reparti, con un’attenzione speciale alla logistica e al procurement.

C’erano molte deleghe e responsabilità sovrapposte da razionalizzare, oltre a procedure burocratiche da snellire per assicurare decisioni più rapide in tempo di guerra. Haider ha anche creato un’unità incaricata di verificare se le riforme introdotte al ministero vengono effettivamente rispettate dai dirigenti e se stanno funzionando come previsto.

A volte un approccio manageriale da civile può rendere più fluide procedure rigide, tipiche di un ambiente militare, dove ciascuna decisione deve essere approvata da ogni gradino della scala gerarchica con tempi dilatati. Il ruolo di Haider è anche quello di assicurare l’armonizzazione delle iniziative intraprese dai ministeri di Fedorov e Kamyshin con quello della Difesa, per rispettare il fabbisogno di munizioni e mezzi delle truppe.

Nonostante le promesse occidentali, infatti, gli alleati europei non hanno ancora adeguato il ritmo di produzione alle necessità di Kiev. La Repubblica ceca del presidente Pavel ha preso l’iniziativa per raccogliere fondi da diciotto paesi per l’acquisto di 800mila proiettili di artiglieria sovietica da donare all’Ucraina. I leader della Nato si sono invece divisi sulla dichiarazione del presidente Macron che non esclude di inviare truppe qualora la situazione precipitasse a favore dei russi, benché il presidente Zelensky non abbia mai richiesto l’intervento di soldati stranieri, ma solo le munizioni promesse.

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