Patrick Zaki sarà scarcerato ma non assolto. Gli avvocati dal Cairo confermano che i giudici del tribunale di Mansoura hanno firmato l’ordine di scarcerazione ma che la prossima udienza è fissata per il primo febbraio del 2022. Il padre del giovane ricercatore egiziano conferma che la liberazione dovrà avvenire per le 18 di oggi e ha espresso gratitudine e gioia per la sentenza, ma questo non significa che il giovane ricercatore sia stato assolto dalle accuse.

La terza seduta del processo oggi è durata pochi minuti: minuti durante i quali il capo del team della difesa, Hoda Nasrallah, ha chiesto nuovi documenti. Si tratta delle immagini registrate dalle telecamere di sicurezza dell'aeroporto del Cairo il 7 febbraio, il giorno in cui Zaki è stato arrestato e portato via dalle forze di sicurezza egiziane. Il fermo è avvenuto al controllo passaporti ma nelle carte delle indagini, invece, risulta che il giovane sia stato arrestato a Mansoura il giorno dopo.

Per questo i legali hanno chiesto una prova che dimostri cosa è successo veramente: ossia che Patrick, dopo essere stato prelevato dall'aeroporto è scomparso per più di 20 ore. Un periodo in cui, secondo la ricostruzione dei legali, ha subito percosse e elettroshock in un edificio della National Security Agency, l’intelligence del ministero dell’Interno, non lontano dall'aeroporto della capitale.

All’udienza Patrick è apparso in buone condizioni e vestito di bianco, la tenuta dei detenuti in attesa di giudizio. Dalla cella è riuscito a scambiare alcune parole con la madre e i funzionari diplomatici italiani e ha detto di stare bene.

In aula, come al solito, oltre alla famiglia, erano presenti i suoi legali e alcuni membri dell'Eipr assieme ai rappresentanti di Italia, Stati Uniti, Spagna, Canada e della delegazione europea. Dopo la seconda udienza dello scorso 28 settembre avevano chiesto più tempo per esaminare i documenti che compongono il faldone dell'inchiesta. Sono riusciti a consultarli ma mancano ancora degli elementi.

La richiesta della difesa

Sempre per dimostrare che il fermo di Zaki è illegittimo, la difesa ha richiesto anche due verbali, il primo è del funzionario della sicurezza nazionale che documentò l'arresto al Cairo, il secondo è quello redatto dall'agente di polizia che ha registrato il fermo a Mansoura.

Il fascicolo delle indagini, come ha spiegato Hoda Nasrallah, resta molto delicato. Il processo, infatti, è per «diffusione di notizie false e di terrore tra la popolazione» e si basa su un articolo sulla condizione dei cristiano copti nell’alto Egitto pubblicato nel 2019 sul portale el-Daraj.

Un altro documento richiesto è la testimonianza del fratello di un soldato cristiano ucciso da terroristi islamici che confermerebbe quanto scritto da Patrick nel reportage. Oltre a quell'articolo nel faldone sono inclusi 10 post di Facebook, che la difesa ritiene falsi, attribuiti all'account di Patrick e che al momento non rientrano in questo procedimento giudiziario.

Cosa ne sarà di quelle prove, e se porteranno a un altro rinvio a giudizio, non è dato sapersi. Ma la difesa in questo processo si gioca tutto. Non c’è appello, perché si svolge presso un tribunale di emergenza, dunque è necessario costruire una difesa inattaccabile e soprattutto cercare di smontare ogni prova a carico del giovane ricercatore. 

E quella delle telecamere di sorveglianza dell’aeroporto del Cairo è una richiesta che era già stata avanzata dai legali assieme ai tabulati telefonici del telefono di Zaki e del padre, perché il 7 febbraio il giovane era riuscito ad avvisare la sua famiglia mentre veniva portato via dagli agenti.

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