L’ultimo soldato statunitense ha lasciato il paese, ma la partita afghana è tutt’altro che terminata. L’aeroporto di Kabul è ora in mano ai Talebani, che in virtù di un accordo segreto svelato dalla Cnn stanno scortando gli americani che tentano di lasciare il paese, e dopo 20 anni di guerra l’Afghanistan rimane tra i paesi più poveri al mondo, con un’economia che è sempre stata dipendente dagli aiuti internazionali e con una grave crisi umanitaria in corso. I Talebani non hanno ancora formato un governo, ma devono mettere in moto la macchina amministrativa e devono farlo presto, «perché le condizioni in cui viene lasciato il paese sono drammatiche», spiega Giuliano Battiston, ricercatore dell’Ispi.

L’economia

Gli Stati Uniti e i paesi alleati hanno bloccato gli aiuti finanziari, hanno congelato 9 miliardi di riserve della Banca centrale afghana detenute negli Stati Uniti e, lo scorso 18 agosto, il Fondo monetario internazionale ha sospeso i finanziamenti per 460 milioni di dollari. L’ex presidente della Banca centrale afghana, in un’intervista al Financial Times, ha lanciato l’allarme: il rischio di una crisi finanziaria è imminente, e la liquidità in dollari si sta esaurendo rapidamente. Ma le azioni dei paesi occidentali, che hanno deciso di applicare la linea del «non un centesimo» al governo talebano, vanno a peggiorare una situazione già molto grave. Dal 2001 gli ingenti aiuti esteri hanno fatto crescere il reddito pro capite da 65 dollari pro capite nel 2001 a 547 dollari nel 2018, ma come testimonia il rallentamento della crescita osservato nel 2012 l’aumento del reddito è dipeso sostanzialmente dai finanziamenti stranieri.

Alcuni paesi immaginano di riuscire a inviare aiuti alla popolazione attraverso le agenzie delle Nazioni Unite e le ong, ma non si raggiungeranno le somme date per decenni al paese. I settori cruciali dell’istruzione e della sanità, che muovono rispettivamente 800 milioni e 1,7 miliardi di dollari, sono finanziati all’85 per cento dai donatori stranieri.

La crisi umanitaria

Gli afghani rischiano la fame, così il World food programme (Wfp) ha chiesto un finanziamento di 200 milioni di dollari entro la fine dell’anno per poter continuare a operare in Afghanistan, anche sotto il controllo dei Talebani. L’insicurezza alimentare colpisce circa 14 milioni di persone, circa un terzo della popolazione, tra cui 2 milioni di bambini che soffrono già di malnutrizione.

Ma ci sono altre minacce per chi resta: la siccità, che quest’anno ha compromesso il 40 per cento dei raccolti e di conseguenza ha provocato l’aumento dei prezzi degli alimenti di base, e la pandemia. Le vaccinazioni anti Covid-19 sono calate dell’80 per cento dalla conquista della capitale da parte dei Talebani, denuncia l’Unicef, con metà delle dosi consegnate al paese prossime alla scadenza, e il sistema sanitario è al collasso. Un funzionario afghano ha denunciato al Washington Post, a condizione di anonimato, l’assenza di medicine, di attrezzature di base negli ospedali gestiti dal governo e la sospensione degli stipendi del personale sanitario, da almeno tre mesi. La maggior parte degli afghani, circa 39 milioni di persone, rimarrà nel paese e avrà bisogno di assistenza. Sono oltre 3,5 milioni gli sfollati interni a causa della crescente violenza nel paese, ha detto l’Alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati, Filippo Grandi.

La classe politica

Si è conclusa ieri una riunione di tre giorni a Kandahar del Consiglio dell’Emirato islamico dell’Afghanistan in cui si sarebbe discusso della formazione del nuovo governo, ha fatto sapere il portavoce dei Talebani Zabihullah Mujahid, specificando di aver «preso alcune decisioni per garantire servizi alla popolazione». L’assenza di un’amministrazione sta portando il paese al declino. «Una delle sfide dei Talebani è passare da un’economia di guerra a un’economia di pace e tutelare gli interessi di tutti o almeno di tutti coloro che hanno vinto questa partita militare», spiega Battiston. Ma anche tra i Talebani c’è corruzione, ci sono divisioni e interessi finanziari forti, che potrebbero giustificare questo stallo politico. Molti esponenti del gruppo al potere sono stati deposti perché «erano stati trovati con i profitti della corruzione», prosegue Battiston, «che provenivano dalla tassazione dei traffici illeciti, dei commerci, dalla vendita di minerali e oppio». Transparency international ha classificato l’Afghanistan tra i primi venti paesi più corrotti al mondo nel 2020. Occorrerà attendere per capire la capacità amministrativa dei Talebani, che avranno bisogno di molte competenze di cui sono sprovvisti. Nella seconda conferenza stampa tenuta dal portavoce si chiedeva alla classe media di rimanere nel paese. I nuovi governanti hanno bisogno di competenze tecniche per mandare avanti una macchina statale che dipendeva da forze esterne. «Forse proprio per questo potrebbero decidere di consegnare alcuni ministeri particolarmente importanti, come esteri e finanze, a personaggi che non facciano parte dei Talebani ma che possano rassicurare anche la comunità internazionale», spiega il ricercatore dell’Ispi.

Quanto ai cosiddetti signori della guerra, alcuni fra gli attori del governo sostenuto dagli Stati Uniti, sono fuggiti all’estero e non è chiaro il ruolo che ricopriranno nel nuovo scenario afghano. Ma è certo che escano arricchiti da questa guerra e, come sottolinea Battiston, «i loro patrimoni sono messi al sicuro già da tempo».

La comunità internazionale

Il Consiglio di sicurezza dello scorso 30 agosto ha mostrato come la comunità internazionale sia divisa, vista l’astensione di due importanti attori come Russia e Cina, tra chi nega qualsiasi legittimazione del governo talebano a chi riconosce la gravità della situazione umanitaria. Le sanzioni economiche rimangono un’arma della comunità internazionale perché vengano garantiti diritti alla popolazione. «Secondo alcune fonti, le discussioni interne al gruppo riguardano anche l’orientamento da adottare: se una sorta di purezza ideologica, ritornando a regime degli anni Novanta, o riconoscere che il paese chiede e ha aspettative diverse riguardo all’istruzione, all’accesso alla sanità. I Talebani devono tenerne conto», conclude Battiston. Il consenso al governo talebano è forte nella regione. A Cina, Pakistan, Iran e agli altri paesi confinanti conviene che rimanga un paese stabile.

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