Crosetto: «Ci metto la firma se gli attivisti saranno solo arrestati». Tajani: «Ho chiesto a Israele di garantire la sicurezza degli italiani a bordo». La nave alpino si fermerà a 100 miglia dalla costa di Gaza. I parlamentari dem Scotto e Corrado: «Come abbiamo sempre detto, al primo alt dell’Idf ci fermiamo». La proposta: creare un corridoio umanitario permanente
La missione umanitaria non si arresta, ma si moltiplicano gli incontri istituzionali nel tentativo di far deviare la rotta. La Global Sumud Flotilla continua a navigare in acque internazionali, ormai a poche centinaia di miglia dalle coste palestinesi. La flotta dovrebbe arrivare domani nella zona di intercettazione, ossia nella “zona critica”, e giovedì a Gaza. Per questo le prossime quarantotto ore saranno cruciali per determinare il destino della flotta.
Secondo gli organizzatori, lo scenario più probabile è l’intercettazione in mare e l’arresto dei partecipanti da parte di Israele. Come era già successo a giugno alla nave Madleen, quando gli attivisti vennero sequestrati e trasportati a terra in stato di fermo. Ma in caso di azioni militari israeliane il governo italiano ha già chiarito che le navi della marina militare italiana non interverranno.
La nave Alpino, che sta seguendo la Flotilla per eventuali soccorsi, ha annunciato che interromperà la navigazione, e quindi l’assistenza, tra le 100 e le 120 miglia dalle coste di Gaza. A quel punto, invierà una comunicazione agli equipaggi annunciando lo stop e avvertendo della pericolosità nel proseguire da soli.
Missione pacifica
L’eurodeputata dem Annalisa Corrado, a bordo della Karma, una delle imbarcazioni della Global Sumud Flotilla, ha fatto sapere che l’alert della marina non fermerà la navigazione, «come abbiamo sempre detto». Ma le barche cederanno solo «all’alt di Israele» perché, come ribadito da Arturo Scotto, deputato Pd anche lui imbarcato sulla Karma, «si tratta di una missione pacifica e non violenta». Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni, di Alleanza Verdi e Sinistra, hanno commentato la scelta della fregata militare definendola «incomprensibile e sbagliata».
I due deputati hanno insistito nuovamente sulla necessità che «il governo protegga la missione da qualsiasi tentativo di mettere in atto altre azioni di pirateria internazionale che in tutta evidenza si configurano come violazioni esplicite del diritto internazionale». E della stessa posizione rimane la Flotilla, che tramite Tony Lapiccirella, tra gli italiani a bordo, ha ribadito che «per la legge internazionale non ci sono rischi. Qualsiasi pericolo è legato alla violenza israeliana a cui i governi permettono ancora di andare oltre la legge internazionale».
Uno degli obiettivi della missione è sempre stato, a proposito, «riaffermare pacificamente il primato del diritto internazionale laddove a prevalere invece sono purtroppo ancora le armi e la violenza». Lo ricorda Benedetta Scuderi, eurodeputata Avs in viaggio su una delle imbarcazioni della Sumud Flotilla. Scuderi si è rivolta direttamente al Capo di Stato, Sergio Mattarella, per chiedere sostegno nella principale richiesta della missione: l’apertura di un corridoio umanitario sotto il controllo dell’Onu che garantisca l’ingresso costante di aiuti.
In ogni caso, del timore di un attacco israeliano alle imbarcazioni, e ciò che questo comporterebbe, aveva già parlato il ministro della difesa, Guido Crosetto, nell’incontro di lunedì con la portavoce italiana della Flotilla, Maria Elena Delia. Crosetto aveva ribadito la linea dell’esecutivo: se la flotta tenterà di forzare il blocco navale israeliano si esporrà a «pericoli elevatissimi e non gestibili».
Un avviso a cui Delia aveva risposto annunciando, ancora una volta, che «la missione va avanti e continua verso Gaza», perché «noi navighiamo in acque internazionali nella totale legalità. Questa è la nostra responsabilità».
Cosa dice Herzog
Ad alimentare la tensione, anche le recenti dichiarazioni del ministero degli Esteri israeliano, che aveva definito la missione umanitaria «un’iniziativa al servizio di Hamas» e «una provocazione». Ma nonostante il governo di Tel Aviv abbia più volte affermato che non permetterà alla flotta di giungere a destinazione, il presidente Isaac Herzog ha assicurato all’ambasciatore italiano Luca Ferrari che «l’esercito israeliano non userò la forza letale contro gli attivisti». Sulla questione è tornato anche il vicepremier Antonio Tajani, dichiarando di aver parlato con il ministro degli Esteri israeliano proprio per chiedere che venga garantita la sicurezza degli italiani a bordo e che non ci siano azioni violente nel caso di un intervento.
Il ministro ha suggerito alla flotta di ascoltare il messaggio del presidente della repubblica Mattarella e «non forzare il blocco navale» perché «è pericoloso avvicinarsi a un’area controllata dalla marina militare israeliana». Preme anche il titolare alla Difesa, Crosetto: «Do per scontato che, se non succede nulla di più, gli attivisti vengano arrestati: questo mi sembra il minimo. Metterei la firma perché succedesse l’arresto senza alcun altro tipo di conseguenza».
Intanto, le istituzioni italiane continuano a sollecitare la Flotilla ad accettare la proposta di mediazione del Patriarcato Latino di Gerusalemme, che prevede lo stop della missione a Cipro e il trasferimento degli aiuti alimentari nella Striscia attraverso il porto di Ashdod in Israele. Un invito già declinato dalla Global Flotilla che, invece, secondo Delia lavorava a una trattativa con la Chiesa per far sì che gli aiuti «arrivino effettivamente alla popolazione di Gaza».
La portavoce italiana ha accusato il governo di essersi «appropriato di un canale che si stava esplorando con il cardinale Pizzaballa, portandolo su strade diverse» e, di fatto, impedendo lo sviluppo del dialogo. Accuse che Tajani smentisce, liquidando la questione come «non importante» perché «ciò che mi interessa è che le cose vadano bene».
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