Il team legale della Global Sumud Flotilla Italia diffida il governo: i cittadini e le cittadine italiane a bordo delle decine di imbarcazioni dirette a Gaza con carico umanitario hanno diritto a essere protette. E la missione, perfettamente legittima, di andare a buon fine. La diffida è stata inviata in queste ore alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, al ministro della Difesa Guido Crosetto e al suo collega degli Esteri Antonio Tagliani, insieme all’ambasciatrice italiana a Cipro e ai suoi omologhi in Egitto, Grecia, Israele.

«La missione a cui i nostri assistiti e assistite hanno deciso di aderire costituisce la più ampia operazione umanitaria e marittima mai coordinata a livello internazionale, con la partecipazione di persone provenienti da oltre 44 paesi di tutti i continenti», si legge nella diffida. Le barche in navigazione verso la Striscia di Gaza al momento sono una cinquantina, più di una decina le italiane.

Dopo gli attacchi dell’altra notte navigano ora in acque greche, in questo momento all’altezza di Ierapetra, a Creta: acque nazionali – questo il ragionamento – dovrebbero costituire un rifugio più sicuro di quelle internazionali dove pure attacchi a una missione umanitaria pacifica come quelli dell’altra notte costituiscono una violazione del diritto internazionale.

Prevenire gli arresti arbitrari

«Gli obblighi del governo sono quelli di garantire la protezione diplomatica ai cittadini e le cittadine a bordo», spiega a Domani Enrica Rigo, che fa parte del team legale della Global Sumud Flotilla Italia: un gruppo di consulenti che, dice, «agisce con il mandato preciso di assistere la navigazione e fare tutto ciò che è necessario perché questa missione pacifica e legittima, legale, arrivi a Gaza».

E quindi il governo ha, secondo il documento, l’obbligo di «garantire l'incolumità di tutte le imbarcazioni – in particolare quelle, naturalmente, che battono bandiera italiana», prosegue Rigo. «Ma ci sono cittadini italiani anche su altre imbarcazioni. E garantire, dunque, che la missione venga portata avanti in sicurezza, prevenendo qualunque arresto arbitrario nei confronti di chi è a bordo e il loro trasferimento in Israele o in altri paesi».

L’attacco dell’altra notte ha gravemente danneggiato quattro imbarcazioni in quel momento in acque internazionali a sud di Creta: la Morgana, che batte bandiera italiana, e poi la Taigete, la Zefiro (talmente danneggiata che è stata evacuata), e la Luna Bark.

L’intento della missione «è quello di portare aiuti umanitari e prevenire il genocidio in corso», chiosa Rigo. «E questo è un obbligo specifico che il diritto internazionale impone a tutti i governi in questo momento». Né è sufficiente l’annuncio, prima con una nota del ministro della Difesa Guido Crosetto a poche ore dall’attacco con droni della Flottiglia, e poi oggi con una conferma e un raddoppio, dell’invio da parte del governo italiano di due fregate della Marina militare italiana: la Fasan, ormai in zona, e ora la Alpino, nell’area in cui stanno navigando le imbarcazioni della Flotilla.

Le regole di ingaggio delle navi militari italiane, infatti –  spiegano dal team legale –  non sono state rese note, ma il governo ha spiegato che non saranno dispositivi di «sicurezza alla navigazione» ma di eventuale soccorso in caso di attacco (israeliano, dato che dell’operazione è stato informato il governo di Tel Aviv). Gli italiani e le italiane a bordo hanno, spiegano ancora consulenti legali della GSF Italia, diritto a portare avanti una missione umanitaria perfettamente legittima in sicurezza. E ancora: le navi militari italiani, secondo quanto dichiarato dal ministro della Difesa oggi in parlamento, potranno operare finché la flottiglia sarà in acque internazionali.

«In acque territoriali israeliane non possiamo garantire la sicurezza». «Ricordiamo a Crosetto che quelle davanti a Gaza non sono acque israeliane, ma appunto gazawe», dice Enrica Rigo. «E anche la legittimità dell’occupazione dichiarata da Israele di quel tratto di mare è tutta da dimostrare – anzi».

La proposta ci consegnare gli aiuti in un porto neutrale

E l’ipotesi avanzata da Israele alla Flotilla di far sbarcare gli aiuti (una quindicina di tonnellate, una quantità che intende, nelle intenzioni degli attivisti, «rompere l’assedio illegale») in porti vicini per poi essere consegnati dall’esercito israeliano? «Lo abbiamo visto, come la distribuzione degli aiuti sia in realtà una trappola di morte per i cittadini gazawi», dice Rigo. «Si è discusso per anni di intervento militare umanitario di fronte a crisi molto meno atroci di questa», commenta a Domani il professore di diritto internazionale Luigi Daniele. «Nel caso paradigmatico della storia recente di necessità di un intervento a protezione di civili, ci si è nella maggior parte dei casi ben guardati dal formulare questa possibilità. C'è però adesso una strada aperta all'assemblea generale Onu sulla base della risoluzione Uniting for Peace per costruire un intervento multilaterale e almeno per scortare le agenzie Onu e gli aiuti all'interno e permettere a queste agenzie di distribuirli in sicurezza», spiega il giurista.

«Non c'è altra possibilità per strappare centinaia di migliaia di vite a morti per fame, sete e malattia, quando non per bombe e attacchi indiscriminati. E non c'è altra possibilità che far distribuire questi aiuti alle agenzie a ciò deputate delle Nazioni Unite, perché abbiamo visto come la cosiddetta Gaza Humanitarian Foundation israelo-americana abbia trasformato la distribuzione degli aiuti in una trappola mortale per massimizzare la la letalità dell'offensiva israeliana».

La risposta dell’unità di crisi della farnesina

In serata è arrivata una nota dell’unità di crisi della Farnesina, secondo cui «il governo italiano ha preso atto del rifiuto della Flotilla di consegnare gli aiuti in un porto neutrale. Ai partecipanti italiani che volessero fermarsi in Grecia e proseguire in modo sicuro per l’Italia o altra destinazione, l’Italia offrirà assistenza ove richiesto. Per chi prosegue il viaggio con la Flotilla resta valido l’avviso iniziale, pubblicato su www.viaggiaresicuri.it, che l’iniziativa è sconsigliata. Chi la intraprende si assume in proprio tutti i rischi e sotto la sua personale responsabilità. La presenza di un’unità della Marina Militare italiana è volta ad assicurare ove necessario l’applicazione della legge di soccorso in mare per eventuali necessità di tipo umanitario. In nessun caso potrà costituire un fattore di difesa o offesa per la Flotilla sul piano militare nei confronti di chicchessia».

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