Un dossier della Global Sumud Flotilla denuncia gli attacchi incendiari con droni israeliani contro imbarcazioni civili pacifiche in Tunisia: «Atti terroristici». In entrambi i casi, testimoni hanno udito e visto i velivoli a pilotaggio remoto. Secondo il documento, tutto ciò non sarebbe stato possibile senza il concorso di basi Nato e paesi Ue: «Impossibile che Italia, Stati Uniti e Malta non sapessero»
Altro che “sigarette”. Un documento del coordinamento della Global Sumud Flotilla denuncia gli attacchi con droni israeliani contro imbarcazioni civili pacifiche in Tunisia. Nel mirino anche l’Italia: il dossier indica Sigonella come piattaforma logistica decisiva.
Nelle notti del 9 e del 10 settembre 2025, due imbarcazioni della Global Sumud Flotilla - la Family con bandiera portoghese e la Alma con bandiera britannica - sono state colpite da ordigni incendiari sganciati da droni nel porto tunisino di Sidi Bou Said. Lo racconta il dossier “Attacchi con droni alla Global Sumud Flotilla”, datato 15 settembre 2025, che parla apertamente di «atti terroristici contro navi di civili pacifici». In entrambi i casi testimoni hanno udito e visto i velivoli a pilotaggio remoto lanciare carichi incendiari prima di ritirarsi.
La ricostruzione
Secondo il documento, la tipologia di ordigni corrisponde a quella impiegata pochi giorni prima, il 3 settembre, contro ambulanze a Gaza: bombe incendiarie manipolabili in potenza esplosiva. L’obiettivo, secondo gli estensori, non era distruggere le navi, ma lanciare un messaggio di minaccia, colpendo generatori e strutture per ridurne la navigabilità.
Il dossier non si limita a denunciare l’attacco. Ricostruisce con tracciati radar e registrazioni pubbliche i movimenti di diversi aerei israeliani: due Lockheed Hercules C-130 e due Gulfstream 5 dell’aeronautica di Tel Aviv. I velivoli sono decollati dalla base di Nevatim, hanno fatto scalo a Sigonella in Sicilia e a Malta, per poi rientrare in Israele.
Gli Hercules, evidenzia il documento, sono abilitati al trasporto e al lancio in volo di droni da attacco. Uno di questi aerei - ID 738A91 - ha sostato oltre tre ore a Sigonella il 2 settembre, prima di rientrare. Un altro, il Super Hercules C-130J (ID 738B49), lo stesso giorno ha interrotto il segnale in fase di discesa su Malta, restando a terra fino al decollo serale. Parallelamente, due Gulfstream israeliani hanno sorvolato a lungo Malta e le coste tunisine, specializzati in missioni di intelligence e intercettazione di segnali.
Il dossier richiama anche un precedente: il 1° maggio, la nave Conscience della Freedom Flotilla era stata colpita da due droni “kamikaze” dopo il sorvolo di un Hercules C-130 israeliano. Lo schema operativo, sostengono gli autori, è identico.
Il ruolo di Sigonella
Il punto politicamente più delicato riguarda la cornice operativa. Secondo il dossier, gli attacchi non sarebbero stati possibili senza il concorso di basi Nato e paesi Ue. La sosta a Sigonella - base militare sul territorio italiano, condivisa da Roma, Stati Uniti e Alleanza Atlantica - avrebbe fornito la piattaforma logistica per l’operazione. «Gli attacchi si sono svolti da territorio dell’Unione europea», si legge, con conseguente violazione della sovranità tunisina, portoghese e britannica.
Nell’area erano attivi anche droni americani Global Hawk e un Boeing P-8 Poseidon specializzato nella guerra navale, insieme a velivoli italiani (elicotteri AW-139 e un ATR-72 militare) che sorvolavano regolarmente i porti di Catania, Augusta e Siracusa. Il dossier sottolinea che un tale dispiegamento di sorveglianza rende impossibile che Italia, Stati Uniti e Malta non fossero a conoscenza delle operazioni israeliane.
Il ministro della sicurezza nazionale di Israele, Itamar Ben Gvir, aveva già dichiarato che la Flotilla sarebbe stata trattata come «minaccia terroristica» e le partecipanti come «terroriste», minacciando la detenzione in carceri segrete. Per gli estensori del documento, quelle parole hanno trovato immediata traduzione nei fatti.
Nelle conclusioni, il dossier punta il dito contro l’impunità di Israele e la complicità europea: «Questo livello di impunità – si legge – è possibile solo perché da troppo tempo si è data carta bianca a Israele». Seguono domande dirette al governo spagnolo, ma il riferimento implicito riguarda tutti i paesi coinvolti, Italia compresa. Roma viene chiamata in causa non solo come stato ospitante di Sigonella, ma anche come attore che ha mantenuto finora un silenzio assoluto.
Gli autori ricordano che dopo i due attacchi l’unico contatto ufficiale ricevuto è stata una telefonata dell’ambasciatore spagnolo a Tunisi. Nessuna presa di posizione pubblica, nessuna garanzia di protezione. «Comprendiamo che il silenzio dopo il secondo attacco non lascia dubbi sul fatto che si tratti di atti terroristici premeditati condotti da Israele», si legge nelle pagine finali.
Da qui le richieste: che i governi europei pretendano da Israele la fine del genocidio in corso a Gaza e cessino gli attacchi contro imbarcazioni civili con destinazione dichiarata. La Global Sumud Flotilla, partita da Barcellona il 31 agosto per denunciare il blocco e portare aiuti, si trova oggi al centro di una vicenda che mette in discussione non solo il diritto internazionale, ma anche la credibilità dell’Europa e della Nato. Per l’Italia, la domanda è diretta: se Sigonella è stata usata per un’operazione contro civili pacifici, può ancora permettersi di guardare altrove?
© Riproduzione riservata



