Dalle tensioni tra Iran e Israele alla situazione a Gaza, dal supporto a Kiev fino ai rapporti con il continente africano. Sono tanti i temi trattati al G7 dei ministri degli Esteri in corso a Capri che si concluderà oggi con l’ultima delle tre giornate di incontri. Oltre ai capi della diplomazia dei sette paesi che fanno parte del forum, sull’isola sono arrivati ieri anche il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, e il ministro degli Esteri della Mauritania, Mohamed Merzoug, che in questo momento presiede l’Unione africana.

L’invito alla moderazione

Antonio Tajani ha inaugurato ieri la prima sessione dei ministri degli Esteri mettendo subito al centro dell’agenda l’impegno a evitare un’escalation in Medio Oriente, dopo le tensioni degli ultimi giorni tra Tel Aviv e Teheran. «Siamo amici di Israele e lo sosteniamo, ma vogliamo una de-escalation in quell’area. Siamo tutti portatori di questa iniziativa di pace», ha detto il vicepremier italiano.

La parola chiave, su cui i sette si sono trovati d’accordo, è “moderazione”. La stessa posizione è stata espressa dai singoli ministri nei tanti incontri bilaterali che si sono tenuti a margine della riunione plenaria mattutina.

La giornata di ieri si è aperta con la notizia che gli Stati Uniti avrebbero concordato con Israele un piano per un’azione militare a Rafah in cambio di un attacco limitato all’Iran. Per l’Alto rappresentante per la politica estera Ue, Josep Borrell, è però ancora necessario insistere con Tel Aviv affinché si astenga da un’offensiva nel sud della Striscia, dove si sono rifugiati quasi due milioni di gazawi. «Sarebbe una catastrofe umanitaria, perché queste persone non avrebbero nessuna possibilità di difendersi», ha aggiunto.

Tajani, nell’incontro con la sua omologa tedesca Annalena Baerbock, ha ribadito l’auspicio che si possa raggiungere presto un cessate il fuoco. I sette hanno poi affrontato anche la situazione che riguarda il traffico marittimo attraverso Suez e più in generale la situazione nel mar Rosso, dove gli Houthi continuano a prendere di mira le navi occidentali.

Le sanzioni all’Iran

Gli inviti alla moderazione si sommano alla condanna degli attacchi iraniani. I ministri di Stati Uniti, Italia, Regno Unito, Germania, Francia, Canada e Giappone hanno raggiunto un «accordo di massima» su nuove sanzioni da imporre a Teheran. Un «segnale di solidarietà a Israele», come le ha definite il segretario di Stato statunitense, Antony Blinken. L’idea è quella di colpire entità coinvolte nella fabbricazione e vendita di droni e missili iraniani utilizzati contro Israele e Ucraina.

«Il sistema di sanzioni contro le componenti per produrre droni e missili già esiste», ha aggiunto Borrell, «è necessaria la revisione di questo sistema per ampliarlo e renderlo più efficiente». E un effetto, quest’accordo, lo ha già avuto. Perché Joe Biden ha annunciato, ieri pomeriggio, sanzioni contro 16 individui e due entità che producono droni iraniani, seguito subito dal Regno Unito.

Sostegno a Kiev

L’altro tema sul tavolo è stato quello del sostegno all’Ucraina. «Aiutare Kiev», ha sottolineato Tajani, «significa lavorare per la pace. Sostenere l’Ucraina significa puntare poi a un tavolo di pace, ma se l’Ucraina perde Putin non si siederà mai al tavolo». Dmytro Kuleba è atterrato in Italia con una richiesta chiara: i sistemi di difesa antiaerea, in particolare i Patriot e il Samp-T. «Ci concentriamo su di loro per una semplice ragione: sono gli unici sistemi capaci di intercettare i missili balistici russi, ed è questa la vera svolta nella guerra», ha spiegato il ministro ucraino. Lo stesso messaggio è stato rilanciato da Borrell, che ha invitato i partner a «tirare fuori i Patriot dai depositi e inviarli a Kiev», anche per «non contare solo sugli Usa». Anche perché negli Stati Uniti l’invio di nuovi pacchetti di aiuti militari a Kiev è bloccato da settimane al Congresso, dove un gruppo di repubblicani sta continuando con il suo ostruzionismo, e verrà votato sabato prossimo. Quei fondi, ha sostenuto Kuleba nel suo incontro con Blinken, sono una questione «di vita o di morte».

Il segretario di Stato statunitense, che nei prossimi giorni sarà in Cina, ha garantito all’Ucraina «ogni sforzo per continuare a fornirle ciò che le serve». Rassicurazioni in questo senso sono arrivate anche dal segretario della Nato Stoltenberg. La difesa aerea, ha spiegato, «è una necessità urgente e fondamentale, ci stiamo lavorando. Non possiamo più continuare a trovarci nella situazione in cui la Russia sta avendo la meglio sull’Ucraina, come sta facendo ora. Ogni giorno di ritardo causa più morti e danni».

L’obiettivo della presidenza italiana è fare in modo che dal G7 esca un rinnovato sostegno a Kiev. E in questa direzione si sono mossi anche i ministri dell’Economia riuniti a Washington nel loro G7, insieme ai governatori delle banche centrali: «Continueremo a lavorare su tutte le possibili strade in cui gli asset congelati della Russia potrebbero essere usati a sostegno» dell’Ucraina.

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