Mentre al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite si condanna il progetto approvato dal gabinetto di guerra israeliano di occupare Gaza City, il premier tiene una conferenza stampa con i media internazionali. «Il calendario stabilito per l’intervento è abbastanza rapido», ha fatto sapere. Il bilancio di 21 mesi di offensiva nella Striscia è di 61.430 morti. Mentre a Londra la polizia ha arrestato 466 manifestanti
Senza ascoltare le proteste che si stanno alzando in tutto il mondo dopo l’annuncio del piano di occupazione di Gaza City da parte dell’Idf, il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha rivendicato la scelta sostenendo che «il calendario stabilito per l’intervento è abbastanza rapido» e che «vogliamo porre fine alla guerra». In conferenza stampa con i media internazionali a Gerusalemme, il premier ha affermato che l’«obiettivo non è occupare Gaza, è liberare Gaza, liberare da Hamas». Intanto l’amministrazione della Striscia ha aggiornato il bollettino delle vittime: in quasi 22 mesi di offensiva, a Gaza sono morte 61.430 persone, di queste 61 nelle ultime 24 ore.
Il piano che si sviluppa in cinque punti non solo è stato fortemente criticato dalle organizzazioni internazionali, dalle società civili e dai leader di diversi paesi, ma ha anche portato a uno scontro interno tra il governo israeliano e l’Idf. Il capo di stato maggiore dell’esercito Eyal Zamir ha espresso dubbi e contrarietà. Ma, per Netanyahu, «questo è il modo migliore per porre fine alla guerra, e il modo migliore per porvi fine rapidamente».
In mattinata il ministro delle Finanze israeliano di estrema destra Bezalel Smotrich, contrario alla decisione del governo, ha detto - riporta Ynet - di aver «perso la fiducia che il primo ministro Benjamin Netanyahu possa e voglia guidare l’esercito israeliano alla vittoria». Ha poi lanciato un appello al premier: «Non è troppo tardi per cambiare idea. Riconvochi il governo e annunci in modo inequivocabile che non ci saranno più soste intermedie. Che questa volta puntiamo a una vittoria chiara che porterà alla resa completa di Hamas e il ritorno di tutti gli ostaggi in un colpo solo, oppure alla distruzione e annessione di ampie zone della Striscia di Gaza».
Netanyahu ha poi ripetuto in conferenza stampa che non sarà Israele a governare la Striscia – manterrà la «responsabilità della sicurezza» – ma verrebbe istituita un’«amministrazione civile non israeliana». Diversa però, ha precisato, da Hamas e dall’Autorità nazionale palestinese.
La reazione delle diplomazie internazionali, riunite per il Consiglio di sicurezza dell’Onu, è stata immediata: «Condanniamo – recita una dichiarazione sottoscritta da Regno Unito, Danimarca, Francia, Grecia e Slovenia – la decisione del governo di Israele di espandere ulteriormente le proprie operazioni militari a Gaza. Questo piano rischia di violare il diritto umanitario internazionale. Invitiamo Israele a revocare urgentemente tale decisione e a non attuarla». Qualsiasi tentativo di annessione, continuano, «viola il diritto internazionale». Lo ha ribadito anche la Francia che si è detta fermamente contraria a «qualsiasi piano di occupazione, annessione, insediamento della Striscia» e «di trasferimento forzato della sua popolazione».
Per Miroslav Jenča, Segretario generale aggiunto dell’Onu per l’Europa, l’Asia centrale e le Americhe «è l’ennesima pericolosa escalation del conflitto». Durante il Consiglio di sicurezza ha ricordato come l’Onu sia stata «inequivocabile», nel sottolineare come «l’unico modo per porre fine all’immensa sofferenza umana a Gaza sia un cessate il fuoco completo, immediato e permanente».
I civili
Secondo il premier, Israele attuerà il progetto «innanzitutto consentendo alla popolazione civile di abbandonare in sicurezza le aree di combattimento e di raggiungere zone sicure designate, dove riceverà cibo, acqua e cure mediche in abbondanza, come abbiamo fatto in precedenza». E, ha aggiunto, che «contrariamente a quanto sostengono false affermazioni, la nostra politica durante tutta la guerra è stata quella di prevenire una crisi umanitaria, mentre la politica di Hamas è quella di crearla».
Anche sabato 9 agosto cinque persone sono morte per fame nella Striscia – secondo i dati del ministero della Salute raccolti dagli ospedali – tra cui due bambini. Le vittime dell’inedia sono in totale 217, cento erano bambini.
Israele da marzo ha bloccato l’ingresso degli aiuti umanitari. Il Cogat, l’agenzia israeliana responsabile degli affari civili nei Territori Palestinesi Occupati, ha dichiarato che nell’ultima settimana, dal 3 al 9 agosto, 1.900 camion di aiuti umanitari «sono stati raccolti e distribuiti» attraverso il valico di Zikim (a nord) e il valico di Kerem Shalom (a sud).
Si tratta di una media di 270 camion al giorno, rispetto ai 600 necessari, secondo le organizzazioni umanitarie, per soddisfare i bisogni della popolazione di Gaza. Secondo il governo locale, negli ultimi 14 giorni, sono entrati nella Striscia solo 1.210 camion «il che significa che solo circa il 14 per cento dei bisogni reali è stato coperto». Netanyahu sostiene invece che «gli unici che stanno deliberatamente morendo di fame sono i nostri ostaggi». Quella che per il premier israeliano non esiste, per l’Onu è una «situazione insostenibile, soprattutto per gli anziani, le persone con disabilità, i bambini senza cure parentali e le donne vedove».
Alla carestia, si aggiunge la violenza usata dall’esercito israeliano contro chi è in attesa di ricevere i pochi sostegni distribuiti dalla controversa Gaza Humanitarian Foundation. Sei persone sono state uccise dalle forze israeliane mentre attendevano aiuti al valico di Zikim, nel nord-ovest, mentre otto persone sono state uccise mentre attendevano aiuti a Khan Younis e altre due sono morte vicino al sito della Ghf nel sud.
Giornalisti internazionali
Dall’inizio dell’offensiva israeliana, è stato impedito ai giornalisti internazionali di entrare nella Striscia. I giornalisti di Gaza sono stati gli unici a poter raccontare la situazione in questi quasi 22 mesi, spesso perdendo la vita: da ottobre 2023 sono morti oltre 230 reporter e operatori dei media.
Ora Netanyahu, in conferenza stampa, sostiene di aver «ordinato» all’esercito di far entrare giornalisti stranieri a Gaza perché «penso che dovreste vederla», soprattutto, ha detto, «i nostri sforzi per portare cibo».
Le proteste
La società civile è scesa in piazza contro il piano di occupazione di Gaza. In Israele gruppi che rappresentano le famiglie degli ostaggi, dei soldati uccisi e delle vittime dell’attacco di Hamas del 7 ottobre hanno indetto uno sciopero generale per domenica prossima, contro la guerra e il piano del governo di conquistare Gaza City. «Domenica prossima ci fermeremo tutti e diremo: “Basta, fermate la guerra, restituite gli ostaggi”», ha detto in conferenza stampa a Tel Aviv Reut Recht-Edri, il cui figlio Ido Edri è stato assassinato da Hamas al festival musicale Nova. Lo riferisce Times of Israel.
A Londra la polizia ha arrestato 466 persone tra i partecipanti alla manifestazione a sostegno del Palestine Action Group, che il Regno Unito ha deciso di vietare. Sabato centinaia di persone si sono radunate in Parliament Square per denunciare le operazioni di Israele a Gaza. Gli attivisti lo hanno definito, riporta il Guardian, il «più grande arresto di massa mai avvenuto» durante una singola protesta nella capitale.
© Riproduzione riservata



