Nella prime ore di martedì, l’aviazione russa ha lanciato il più massiccio attacco missilistico contro Kiev da settimane. A partire dalle 2 di notte, oltre venti droni e missili di vario tipo sono arrivati sulla capitale ucraina da tre direzioni diverse, sud, nord ed est, nel tentativo di superare lo scudo antimissile che protegge la città. Per tutta la notte, gli abitanti della città sono stati tenuti svegli dal suono dei cannoni antiaerei e dei missili che si inseguivano sopra la capitale.

La battaglia nei cieli di Kiev procede di pari passo con quella della propaganda. L’amministrazione militare della città sostiene di aver intercettato tutti i proiettili lanciati contro la capitale, anche se i rottami precipitati avrebbero ferito tre persone e incendiato diverse automobili. Dal canto loro, i russi annunciano la distruzione di una batteria di Patriot, il potente sistema antiaereo donato dagli Stati Uniti.

L’unica cosa sicura è che lo scontro aereo ha distratto l’attenzione dall’altra battaglia che si sta preparando: la controffensiva ucraina di primavera, che tutti ormai attendono da settimane. Gli obiettivi degli ucraini sono ambiziosi: spezzare il corridoio terrestre che connette la Crimea occupata con il Donbass e dimostrare così agli alleati che la guerra non si è ancora trasformata in uno stallo impossibile da vincere.

Alte aspettative

Sono mesi che gli ucraini si preparano a questa battaglia. Decine di migliaia di soldati hanno trascorso gli ultimi mesi ad addestrarsi nei paesi Nato o nelle retrovie del fronte, mentre gli alleati li hanno equipaggiati con nuove armi e veicoli. Politicamente, la controffensiva rappresenta la possibilità per il governo di Kiev di dimostrare che gli aiuti ricevuti sono stati un buon investimento. Ma come determinare se la controffensiva ha raggiunto i suoi obiettivi? Oleg Zhdanov, ex colonnello dell’esercito ucraino in pensione ed oggi uno dei più noti analisti militari ucraini, non ha dubbi: «La controffensiva potrà essere considerata un successo se arriveremo sul Mar d’Azov».

Per gli ucraini, significa sfondare sul fronte meridionale, dove i russi si attendono da tempo un attacco, liberare la città di Melitopol e raggiungere il mare dopo una marcia di centinaia di chilometri. Non sono obiettivi semplici, ammette Zhdanov. Rispetto allo scorso autunno, quando le prime controffensive ucraine hanno portato alla liberazione di Kharkiv e Kherson, i russi dispongono di molte più truppe sul campo. La “densità di forze”, cioè il numero di soldati per chilometro quadrato, è aumentata e questo renderà le operazioni di attacco necessariamente più lente, difficili e sanguinose. Zhdanov ricorda che la Russia è ancora dotata di una netta superiorità in artiglieria a lungo a raggio. Ma, dice, gli ucraini possono contare sulle armi più sofisticate fornite dai paesi occidentali, su un morale più alto e su tattiche più moderne e avanzate. Soltanto l’inizio delle operazioni potrà dirci se lo sono abbastanza.

Nebbia di guerra

Anche se da Kiev non è arrivata una conferma ufficiale, per diversi esperti occidentali, la controffensiva si può ormai considerare iniziata. Lunedì, Konrad Muzyka, uno dei principali analisti militari della situazione ucraina, lo ha scritto nella sua newsletter dopo che nel finesettimana i difensori di Bakhmut, la città del Donbass al centro dei combattimenti da oltre dieci mesi, sono passati al contrattacco sui fianchi del centro abitato.

Quando la notizia era comparsa per la prima volta, generando un’ondata di panico sui canali Telegram degli esperti militari russi, gli analisti occidentali l’avevano accolta con scetticismo. Dopo mesi di combattimenti sanguinosi e settimane passate sotto minaccia di un contrattacco ucraino, molti osservatori russi hanno i nervi a fior di pelle e sembrava che una piccola operazione locale fosse stata scambiata per l’inizio della famigerata controffensiva.

Ma dopo un paio di giorni, gli ucraini hanno confermato l’operazione. «Si tratta del nostro primo contrattacco di successo nella zona di Bakhmut», ha detto lunedì il generale Oleksandr Syrsky, comandante in capo delle forze terrestri ucraine. Ieri, il ministero della Difesa ha confermato la liberazione di venti chilometri quadrati di territorio ai lati della città. Allo stesso tempo, però, ha ammesso che gruppi di paracadutisti russi sono riusciti ad avanzare nel centro cittadino, di cui ormai gli ucraini controllano soltanto il 10 per cento.

Raffreddare gli animi

Gli ucraini precisano che il contrattacco di Bakhmut è stato lanciato dalle truppe impegnate nella difesa della città, mentre i battaglioni creati durante l’inverno sono ancora in riserva. L’ex colonnello Zhdanov, però, resta scettico. «È ancora troppo presto per parlare di inizio della controffensiva.

Meglio attendere l’annuncio ufficiale dello stato maggiore». È lo stesso messaggio di prudenza che il governo ucraino diffonde da giorni. «Ci vorrà ancora tempo», aveva detto il presidente Zelensky la settimana scorsa parlando dell’inizio della controffensiva. «Ci servono altre più armi», aveva aggiunto, in quello che diversi analisti hanno giudicato un tentativo di ridurre le aspettative che si erano accumulate sulle operazioni.

Di certo, gli ucraini sono ormai entrati da giorni nella fase preparatoria dell’attacco, che prevede bombardamenti delle retrovie nemiche, attacchi contro i centri logistici e altre operazioni per ostacolare e disorientare l’avversario. La controffensiva potrebbe iniziare in un qualunque momento con un attacco spettacolare o un annuncio ufficiale. Oppure, come sostengono alcuni, è già iniziata e aumenterà di intensità in modo poco percettibile, con attacchi numerosi, ma di piccole dimensioni, lungo tutto il fronte. In ogni caso, aspettare ancora a lungo è ormai diventato impossibile. Kiev deve dimostrare di poter vincere la guerra, in un modo o nell’altro. E questa è la sua ultima occasione.

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