Nella mattinata di oggi, i russi hanno bombardato la regione di Zaporizhzhia. In un video condiviso dal presidente Volodymyr Zelensky, si vede una munizione russa colpire un edificio residenziale dell’omonimo capoluogo. Il bilancio, mentre continuano i soccorsi, è di un morto e 33 feriti, tra cui almeno tre bambini.

Secondo il capo di gabinetto della presidenza Ucraina, Andriy Yermak, gli invasori hanno preso di mira anche l’isola di Khortytsia, un’isola sul fiume Dnipro nei pressi della città.

Nella notte 21 droni suicidi Shahed, di fabbricazione iraniana, sono stati lanciati contro il territorio ucraino. Sedici di questi sono stati abbattuti prima di colpire a terra, ma un drone ha colpito un «obiettivo civile» nella regione di Kiev, uccidendo almeno quattro persone e ferendone altre sette. Lo riporta l’amministrazione militare regionale. 

L’attacco è avvenuto poche ore prima che Xi Jinping partisse dall’aeroporto di Mosca, dopo due giorni di summit con Vladimir Putin coincisi con la visita del premier giapponese Kishida Fumio a Kiev. 

Gli attacchi dei droni 

Tra i feriti dell’attacco, avvenuto nella città di Rzhyshchiv, c’è anche un bambino. Le esplosioni hanno infatti interessato, secondo il servizio d’emergenza nazionale, «due dormitori e una struttura scolastica».

I media ucraini riportano che nell’oblast di Zhytomyr le forze di difesa aerea hanno abbattuto tre droni, ma sono comunque stati riportati danni a una non meglio specificata infrastruttura. Totalmente efficace, invece, la difesa aerea di Khmelnytskyi, dove nessun drone è riuscito a colpire i propri obiettivi.

Anche l’Ucraina, secondo l’amministrazione degli occupanti russi, ha lanciato un attacco con i propri droni contro il porto di Sebastopoli, in Crimea, dove risiede parte della flotta russa del mar Nero. Secondo il governatore Mikhail Razvozhayev, «in totale, tre obiettivi sono stati distrutti» dalla marina russa che afferma di aver respinto l’attacco. Non è chiaro se l’operazione sia stata condotta con droni aerei o con droni kamikaze sottomarini già usati in passato dalle forze di Kiev. 

La situazione a Bakhmut

Dopo l’annuncio di due giorni fa di Yvgeny Prigozhin, secondo cui il gruppo Wagner è riuscito a occupare il 70 per cento del territorio di Bakhmut, l’intelligence britannica, nel proprio bollettino quotidiano, ha detto che «esiste una concreta possibilità che l’assalto russo sulla città stia perdendo l’inerzia che aveva acquisito». 

Secondo i servizi si sicurezza «la causa del rallentamento dell’offensiva russa risiederebbe nella «riallocazione di alcune unità in altri settori». 

Il presidente Zelensky ha visitato le truppe stanziate vicino alla città. Zelensky ha ringraziato i suoi uomini per aver «protetto lo stato e la sovranità nazionale».

I fondi del Fmi

Mentre sul campo continuano gli scontri, il Fondo monetario internazionale (Fmi) ha comunicato di aver raggiunto un accordo con l’Ucraina per un pacchetto di finanziamenti quadriennale con un valore di 15,6 miliardi di dollari.  L’accordo dovrà essere ratificato dalla direzione del Fmi nelle prossime settimane. 

Secondo il funzionario Gavin Gray, il pacchetto sosterrà la ripresa dell’Ucraina e il percorso di accesso all’Unione europea dopo la fine della guerra. Per rendere possibile l’erogazione di un così corposo pacchetto di aiuti a un paese coinvolto in un conflitto armato, il Fmi ha varato, la scorsa settimana, un programma di prestiti per i paesi che affrontano «un’incertezza eccezionalmente profonda». 

Una stima della Banca mondiale, dell’Onu, dell’Unione europea e del governo ucraino considera necessari per la ricostruzione del paese 411 miliardi di dollari, il doppio del Pil ucraino nel 2021. Il dato è aumentato del 17 per cento rispetto a quanto stimato a settembre scorso, con lo studio che indicava 350 miliardi come cifra necessaria alla ripresa del paese dopo la guerra. Nel breve termine, saranno necessari 14 miliardi per realizzare «gli investimenti critici e prioritari» necessari all’avvio della ricostruzione

Gran parte dei fondi dovranno essere destinati al ripristino di una rete energetica stabile, compromessa dall’intensa campagna di bombardamento russo a danno delle infrastrutture critiche ucraine. 

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