A pochi passi dalla salvezza circa 200 civili sono stati costretti a rimanere all’interno dell’acciaieria Azovstal di Mariupol, dopo che nella giornata di ieri l’esercito russo ha violato nuovamente il cessate il fuoco.

La conferma dell’attacco è arrivata dal ministero della Difesa russo che ha accusato i membri del battaglione Azov di approfittare della tregua momentanea per riorganizzarsi. I soldati ucraini dicono che nell’attacco, condotto con mezzi di artiglieria pesante e bombardamenti, sono morti due civili mentre i feriti sono dieci. All’interno del complesso industriale i civili «sono in una situazione terribile», ha detto ieri in una conferenza stampa il capo delegazione della Croce rossa internazionale.

Nei giorni scorsi, dopo lunghi negoziati tra le parti e la mediazione delle Nazioni unite, sono riusciti a evacuare 101 persone verso la città di Zaporizhzhia. Nonostante le difficoltà, la Croce rossa internazionale ha ribadito il suo impegno a lavorare per completare le evacuazioni. «Non siamo stati in grado di scendere all’interno dell’edificio per cui non abbiamo una stima di tutti i civili che sono rimasti lì», ha detto il capo delegazione. Ma si ipotizza che ci siano ancora circa 200 civili.

Nel frattempo, continua ad aumentare il bilancio ufficiale delle Nazioni unite sul numero delle vittime civili dall’inizio della guerra scoppiata lo scorso 24 febbraio. Sono 3.193 le persone rimaste uccise mentre sono 3.353.

Le ultime dall’offensiva

Due persone sono state uccise e tredici costruzioni sono state distrutte nei bombardamenti dell’esercito russo nel villaggio di Zaliznychne a Zaporizhzhia, regione dove sono arrivati i civili evacuati dall’Azovstal di Mariupol.

L’Ukrainska Pravda, citando fonti dei servizi segreti ucraini, riporta che tra i militari russi ci sono informazioni che la guerra finisca per il mese di settembre. Nel frattempo, sempre secondo l'intelligence ucraina, la Russia si prepara a governare i territori ucraini finiti sotto il loro controllo, come accaduto a Kherson e Mariupol.

Almeno dieci persone sono morte e 15 sono rimaste ferite dopo che le forze russe hanno bombardato una fabbrica nella città di Avdiivka, nella regione di Donetsk, nell’Ucraina orientale.

Il discorso di Boris Johnson

Il primo ministro britannico, Boris Johnson, è stato il primo leader internazionale a essere intervenuto in conferenza video durante una seduta del parlamento ucraino dall’inizio della guerra.

Accolto in aula con i deputati ucraini che tenevano tra le mani le bandiere del Regno Unito, il premier ha incolpato l’occidente di non aver fatto abbastanza durante la guerra iniziata nel Donbass nel 2014.

«La verità è che siamo stati troppo lenti a capire cosa stesse realmente accadendo e collettivamente non siamo riusciti a stabilire le sanzioni che avremmo dovuto imporre a Vladimir Putin. Non possiamo ripetere lo stesso errore», ha detto Johnson che resta fiducioso di una vittoria dell’Ucraina e ha promesso aiuti per 350 milioni di euro.

Dopo l’incontro il parlamento ucraino ha approvato una legge che vieta i partiti politici che giustificano, riconoscono o negano l’aggressione armata condotta dalla Russia.

L’ennesimo tentativo

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Se Johnson guarda a Kiev, il presidente francese Emmanuel Macron si rivolge verso Mosca. Ieri ha avuto un colloquio telefonico di oltre due ore con Vladimir Putin. Si tratta della nona telefonata dall’inizio della guerra, e la prima da quando Macron è stato confermato all’Eliseo. L’evacuazione dall’acciaieria Azovstal è stata «condotta in linea con quanto concordato con il segretario generale delle Nazioni unite António Guterres», ha detto Putin.

Il leader del Cremlino ha ribadito la sua disponibilità a negoziare, ma ha accusato la delegazione ucraina di non essere propensa a trovare una soluzione. Un copione già ripetuto più volte negli ultimi due mesi di guerra.

Putin ha anche detto a Macron che gli stati europei non tengono conto dei crimini di guerra commessi nel Donbass dai militari ucraini e che non devono più inviare armi in supporto a Kiev. Macron ha invece condiviso le sue preoccupazioni per la crisi alimentare causata dalla guerra.

Prima della chiamata il presidente russo ha firmato un decreto con misure economiche sanzionatorie in relazione alle «azioni ostili» di alcuni stati stranieri. Una contromossa per cercare di colpire gli stati occidentali, dato che le sanzioni stanno iniziando ad avere un impatto negativo all’interno dell’economia russa.

 

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