Dopo l’annuncio di Bruxelles, Bibi vuole prendersi pezzi della Cisgiordania. Centinaia di riservisti Idf si rifiutano di combattere per conquistare Gaza City
In Europa l’Italia è sempre più sola. Ora anche il Belgio ha annunciato che riconoscerà lo Stato della Palestina. Avverrà alla prossima sessione Onu, «e al governo israeliano verranno imposte severe sanzioni», ha spiegato il ministro degli Esteri Maxime Prévot.
Il riconoscimento verrà formalizzato, però, solo quando tutti gli ostaggi saranno liberati e le organizzazioni terroristiche saranno escluse dalla gestione della Palestina.
Per il governo italiano non è ancora il momento, e il dibattito politico nella maggioranza di centrodestra è stato fermato all’istante dalle sue parole: «È controproducente». Una mossa che segue il diktat della Casa Bianca. Ieri il segretario di Stato Marco Rubio ha detto che da parte Usa c’è una ferma opposizione al riconoscimento della Palestina.
L’ira di Itamar
Le dichiarazioni del Belgio hanno subito trovato l’opposizione del ministro dell’ultradestra Itamar Ben-Gvir. «I paesi europei che cedono alle manipolazioni di Hamas finiranno per vivere in prima persona il terrorismo», ha detto. «Qui in Israele c’era chi un tempo credeva a tali illusioni, e il risultato sono stati stupri, omicidi e massacri. Invece di premiare il terrorismo, il mondo libero deve unirsi contro di esso», ha aggiunto.
La risposta politica all’ondata di annunci dei paesi occidentali sul riconoscimento dello Stato palestinese avverrà questo giovedì, quando il premier Benjamin Netanyahu terrà una riunione di governo. Secondo i media israeliani, l’esecutivo si appresta a riconoscere alcune parti della Cisgiordania, pari al 60 per cento del territorio.
Un’avanzata senza precedenti che arriva a qualche settimana di distanza dall’approvazione di un nuovo insediamento (East 1) sostenuto dalle autorità israeliane che di fatto divide la Cisgiordania in due con la costruzione di oltre 3.400 abitazioni. Tutte contromisure volte a contrastare la nascita della Palestina, come annunciato pubblicamente anche dal ministro delle Finanze, Bezalel Smotrich.
Per il momento sono inutili gli appelli della comunità internazionale. Ieri il Consiglio dei ministri saudita ha ribadito la richiesta di un cessate il fuoco immediato nella Striscia di Gaza e ha chiesto ai leader di unire gli sforzi per sostenere una pace duratura basata sulla «soluzione dei due Stati».
Dal campo le notizie sono uguali: anche ieri decine e decine di gazawi sono stati uccisi dall’esercito israeliano. Secondo Al Jazeera sono almeno 9 civili sono morti, tra cui 7 bambini, in un attacco israeliano con droni nella zona di al-Mawasi.
La stessa area dove in cui l’Idf ha chiesto alla popolazione di Gaza City di dirigersi per le evacuazioni. I bambini uccisi «erano in fila per riempire d’acqua le taniche nell’area di al-Mawasi, che era stata definita “sicura”, quando le forze di occupazione li hanno colpiti direttamente, trasformando la loro ricerca di vita in un nuovo massacro», ha detto il portavoce della Protezione civile, Mahmoud Basal. In totale sono più di 73 le persone uccise nelle ultime 24 ore, di cui 42 solo a Gaza City.
L’operazione a Gaza City sta complicando il fronte interno israeliano, dopo le divergenze all’interno del gabinetto di guerra tra l’Idf e il governo ora anche dentro l’esercito stesso ci sono le prime defezioni. Ieri è stato il giorno in cui circa 60mila riservisti sono stati richiamati per partecipare all’offensiva. Ma almeno 365 riservisti hanno detto di essere contrari ai piani di conquistare Gaza City, e la lista sta crescendo sempre di più.
Trattative arenate
«Ci sono contatti per riprendere i negoziati, ma finora non ci sono risultati», ha detto il portavoce del ministero degli Esteri del Qatar, Majed Al-Ansari. Hamas ha accettato una proposta di accordo già due settimane fa ma per ora il governo israeliano non ha neanche discusso il documento nelle ultime riunioni.
Per il Qatar, «il piano di Israele per occupare Gaza City rappresenta una minaccia per tutti, compresi gli ostaggi. Non si può collegare la questione umanitaria all’accordo. I valichi devono essere aperti e l’ingresso degli aiuti umanitari a Gaza deve essere consentito. Non ha senso aspettare un processo di pace se da parte israeliana non c’è alcuna volontà in questo senso». E ha aggiunto: «Sottolineiamo l’importanza di un’adeguata rappresentanza palestinese in tutti i consessi internazionali». Un riferimento alla revoca dei visti da parte della Casa Bianca nei confronti dei membri dell’Autorità nazionale palestinese in vista della prossima Assemblea generale dell’Onu.
A pochi giorni dall’attacco in Yemen, gli Houthi hanno annunciato di aver risposto con tre droni lanciati verso Israele di cui uno, secondo i ribelli, avrebbe preso di mira l’edificio dello stato maggiore dell’Idf.
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