Il segno di irritazione arriva sotto forma di una convocazione: tutti a Washington domani per parlare di pandemia, e quindi anche di vaccini. Ci saranno i ministri degli Esteri con il segretario di stato Blinken, e pure Ursula von der Leyen ha prenotato in fretta e furia un volo per andare alla Casa Bianca. Basta stallo, la situazione va sbloccata, dice l’amministrazione Usa. 

E chi la ha bloccata finora? L’Unione europea. Ma la pressione aumenta.

I pregressi

Oltre un anno fa, a ottobre 2020, India e Sud Africa hanno proposto alla Wto una deroga sui brevetti di vaccini, farmaci e diagnostica anti pandemia. Nonostante il consenso sulla proposta crescesse – con oltre un centinaio di paesi d’accordo – un pugno di paesi ricchi teneva in ostaggio la proposta. Una prima svolta è arrivata, proprio dal fronte americano, a maggio scorso, quando la Casa Bianca ha aperto a una deroga sui brevetti dei vaccini.

India e Sud Africa hanno presentato una versione rieditata della prima proposta, che questo giornale ha presentato in anteprima, e l’Europa si è trovata accerchiata: è iniziata la text based negotiation.

A quel punto l’Ue ha tentato comunque di arenare la proposta di sospensione, imponendo alla discussione sue proposte alternative.

Questo mese, l’agenda della Wto è ricca di appuntamenti sul tema, e per fine mese si dovrà trovare verosimilmente un modo per uscire dall’impasse.

L’invito a Washington

Nel frattempo è passato oltre un anno da quell’ottobre 2020 in cui la proposta di deroga sui brevetti è stata depositata alla Wto. Se la deroga fosse stata applicata, avremmo già a disposizione otto miliardi di dosi (la proiezione è stata fatta da Public Citizen con l’Imperial college, e mostra che in 12 mesi si arriva a questo numero di dosi).

Intanto la disuguaglianza di accesso ai vaccini rimane ampia.

Mentre i paesi ricchi iniettano la terza dose, e qualcuno persino la quarta, nei paesi più poveri manca anche la prima.

Ma anche il G20 di Roma non ha fatto che assestarsi sulle solite promesse di donazioni finora rimaste incompiute e inadeguate.

«A venti mesi di distanza da quando l’Organizzazione mondiale della sanità ha dichiarato che siamo in pandemia, non siamo affatto dove dovremmo essere», conclude perciò il segretario di stato Usa Anthony Blinken. «Ecco perché convoco una ministeriale a tema Covid per il 10 novembre per far progredire la nostra ripresa globale e prevenire future minacce sanitarie. Sicurezza sanitaria vuol dire sicurezza nazionale».  

Gli Stati Uniti provano a rompere l’impasse.

Il “momentum” di Biden

Nella convocazione ufficiale di Blinken, si legge una presa d’atto dell’interdipendenza globale: «Nuove varianti emergono, questo accresce l’incertezza di tutti. La crisi non è solo sanitaria ma anche umanitaria e di sicurezza». La convocazione è rivolta ai ministri degli Esteri. «Questa ministeriale sfrutta il “momentum” generato da Biden, e vuole stabilire una piattaforma di cooperazione su base regolare».

(Ursula von der Leyen. Foto AP)

Mercoledì non ci sarà solo l’incontro tra i ministri degli Esteri: anche Ursula von der Leyen volerà a Washington per un incontro alla Casa Bianca. I cronisti che seguono l’attività di Bruxelles non si capacitano di come mai un incontro di così alto livello sia stato infilato in agenda all’ultimo momento. Ma la risposta plausibile è che ci sono trattative da sbloccare. E Biden non è più disposto ad aspettare. 

Da fine ottobre la Casa Bianca lancia segnali di impazienza. Come quel comunicato del 22 ottobre: “La White House sollecita ogni membro della Wto a sostenere la deroga sui brevetti. Con urgenza”. 

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