La Corte Suprema degli Stati Uniti ha respinto la richiesta dell'ex presidente repubblicano, Donald Trump, di bloccare la consegna delle sue dichiarazioni dei redditi ai pubblici ministeri di New York. Il giudizio della Corte suprema ha inferto un duro colpo a Trump e alla sua difesa che hanno combattuto per difendere i suoi documenti finanziari dalle inchieste dei procuratori. Tuttavia, i file non saranno resi pubblici perché protetti da regole di segretezza.

Il mandato di comparizione

Il procuratore di Manhattan Cyrus Vance aveva emesso un mandato di comparizione nei confronti di Donald Trump il quale ha risposto accusandolo di malafede. Ora gli inquirenti potranno indagare su presunti pagamenti di hush money, ovvero pagamenti corruttivi. I mandati di comparizione, infatti, riguardano documenti che vanno dal gennaio 2011 all’agosto 2019, comprese le dichiarazioni dei redditi della Mazars, società di contabilità di lunga data di Trump. I documenti si riferiscono al pagamento di denaro segreto che Michael Cohen, ex avvocato di Trump, avrebbe fatto a due donne che sostenevano di aver avuto relazioni extraconiugali con l’ex presidente degli Stati Uniti.

Lo scorso luglio, la Corte Suprema, votando 7 a 2, ha respinto le richieste di immunità di Trump affermando che come presidente non aveva diritto a nessun “privilegio” più elevato rispetto a quello di cui godono i normali cittadini americani.

L’inchiesta del New York Times

Un’inchiesta pubblicata negli scorsi mesi da parte del New York Times aveva messo in evidenza la fragilità dell’impero economico del tycoon americano. Infatti, secondo l’articolo le sue società avrebbero accumulato debito per più di 400 milioni di dollari e rischiano di pagare al fisco altri 100 milioni. Il pagamento delle tasse di Trump è sempre stato oggetto di discussione, visto che nei primi due anni della sua presidenza, ha pagato soltanto 750 dollari di imposte sul reddito e nei dieci, quindici anni precedenti non ha pagato nemmeno un dollaro.

Nelle scorse settimane Donald Trump è stato al centro di un secondo procedimento di impeachment non approvato dal Congresso grazie al blocco dei repubblicani. L’ex presidente degli Stati Uniti era accusato di aver fomentato la rivolta che ha portato all’assedio di Capitol Hill dello scorso 6 gennaio da parte di alcuni suoi sostenitori.

Le dichiarazioni di Garland

Nel frattempo il nuovo procuratore generale degli Stati Uniti,  Merrick Garland, ha detto di volere dare «massima priorità» alle indagini sull’assalto al Congresso commesso da sostenitori di Trump. Garland, che ricopre un ruolo simile a quello del ministro della Giustizia in Italia, ha aggiunto di essere molto preoccupato dalla diffusione di idee razziste suprematiste nel paese. La situazione sarebbe a suo dire peggiore di quella del 1995 quando un veterano della guerra del Golfo,fece esplodere una bomba contro l’edificio federale di Okalhoma City causando la morte di 168 persone. Nel suo discorso il nuovo procuratore generale ha poi aggiunto di volere lottare per difendere le minoranze etniche, religiose e transgender. Un chiaro segnale che anche su questo tema l’èra Trump è verso il tramonto.   

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