Alla Conferenza per la Ricostruzione dell’Ucraina non è stato permesso l’ingresso agli attivisti che avevano l’accredito. Alcuni di loro sono stati seguiti da squadre di agenti della polizia italiana. Intanto Mediterranea Saving Humans è arrivata a Leopoli per la sua ventesima missione di sostegno alla popolazione civile
A margine della Conferenza per la Ricostruzione dell’Ucraina che si è svolta poche settimane fa a Roma, un gruppo di attivisti e attiviste di Fridays For Future e di altri gruppi provenienti da Ucraina, Austria e Germania hanno protestato pacificamente per sottolineare la necessità e la potenzialità di una “ripresa verde”.
Secondo Irena, una ricostruzione che punti sulle rinnovabili sarebbe la più promettente ed efficace. Come ha scritto Ferdinando Cotugno su questo giornale, l’Ucraina potrebbe installare 16 GW di eolico e 4 GW di fotovoltaico e diventare parte integrante della transizione europea, grazie alla piena sincronizzazione tra le reti che c’è stata nel 2022. Dunque rinnovabili non tanto e non solo come forma di riduzione delle emissioni, ma come un test dello sviluppo futuro per l’Europa e come forma di sicurezza per l’Ucraina.
«Incrementando le energie pulite, potremo tagliare un’importante fonte di finanziamenti per la Russia, contrastare il cambiamento climatico e costruire la pace in Europa, soprattutto negli Stati orientali», scrive l’attivista di Fridays For Future Lituania Ūla Balaševičiutė.
In questa visione, le rinnovabili diventano uno strumento di emancipazione per i paesi occupati (la Striscia di Gaza, prima di essere rasa al suolo, era uno dei luoghi al mondo con la più alta concentrazione di pannelli solari) ma anche per gli stessi Stati europei a partire dall’Italia, che dipende da Algeria, Tunisia, Azerbaijan.
Questa visione non ha però trovato spazio all’interno della Conferenza. Le porte sono state spalancate all’azienda italiana della guerra Leonardo - che ha firmato nuovi accordi - mentre non è stato permesso l’ingresso agli attivisti ucraini, che avevano l’accredito e che avevano viaggiato a lungo per partecipare all’evento.
Alcuni di loro sono stati seguiti a Roma da diverse squadre di agenti della polizia italiana, che si sono rifiutati di identificarsi quando sono stati avvicinati. «Lo spazio per la società civile pacifica sta affondando velocemente. Chiediamo che questo comportamento scorretto venga indagato», hanno scritto gli attivisti, che affermano che continueranno a lottare per «una ripresa giusta, verde e inclusiva dell’Ucraina».
La solidarietà in Ucraina
Alla Conferenza «si è parlato solo di invio di materiale bellico: non un accenno alla crisi umanitaria e alla popolazione civile», scrive in un comunicato Mediterranea Saving Humans, che mentre a Roma si svolgeva l’evento è arrivata a Leopoli per la sua ventesima missione di sostegno alla popolazione civile in Ucraina.
Dal 2022 l’operato di Mediterranea in Ucraina ha preso forma in due principali operazioni: “Safe Passage”, in un accompagnamento fisico e legale per le persone in fuga dal paese, e “Mad Care”, con il trasporto di materiale e assistenza medica. Da un anno e mezzo condivide il sentiero di Mediterranea Music & Resilience, un progetto di musicoterapia in supporto di persone che vivono in contesti di emergenza.
Quando li raggiungo al telefono, sono appena tornati dalla visita a Bozena, una ragazza orfana che grazie a un intervento con la musica ha iniziato ad aprirsi e condividere la sua passione per l’arte. «Nei campi profughi, nelle comunità madre-bambino e nelle strutture per anziani visitiamo le ferite di Leopoli e mettiamo in campo interventi psicosociali attraverso la musica», dice Alberto Vassallo, volontario.
Sono 19 volontari e volontarie su cinque van. Tra di loro ci sono medici, psicologi, psicoterapeuti, musicisti, dottorandi al conservatorio, spiega Marco Lolli, referente di Music & Resilience. «Proviamo a esplorare dinamiche più complesse e proporre una narrazione che va a raccontare più sfumature della vita dei profughi ucraini e di una guerra che è vissuta sulla pelle dei civili», dice Camilla Cattini, capomissione di Mediterranea.
Sono tante le realtà italiane che in questi anni si sono spese e messe in viaggio portando aiuti umanitari. Una di queste è l’Arsenale della Pace - Sermig, che da luogo accogliente in una delle zone più multiculturali di Torino è diventato un piccolo punto di riferimento anche in Ucraina. Si è però spento Marco Rossi, che col suo pile rosso e la bandiera della pace continuerà instancabilmente a guidare il furgone anche di là.
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