Dopo avere ucciso a colpi di pistola Yaron Lischinsky e Sarah Lynn Milgrim, due dipendenti dell’ambasciata d’Israele a Washington, il 31enne Elias Rodriguez è stato fermato dalla polizia, senza opporre resistenza, nei pressi dell’ingresso del museo ebraico della capitale. Ha gridato «Free Palestine» mentre gli agenti lo portavano via.

Vicino al Campidoglio

Le vittime erano appena uscite da una serata organizzata dall’American Jewish Committee presso il Capital Jewish Museum, a pochi isolati dal Campidoglio, quando sono stati freddati da colpi d’arma da fuoco.

L’ambasciatore israeliano, Yechiel Leiter, ancora scosso per il brutale duplice omicidio, ha detto ai media che i due giovani funzionari avevano in programma di sposarsi. Lischinsky aveva comprato un anello di fidanzamento e avrebbe voluto darlo a Milgrim la settimana prossima a Gerusalemme.

«Erano una bellissima coppia che era venuta a godersi una serata all’istituto di cultura di Washington», ha detto. Il portavoce dell’ambasciata ha scritto su X: «Invece di accompagnarvi verso l’altare, vi dobbiamo accompagnare alla tomba». Lischinsky, 30 anni, era un ricercatore nella sezione politica dell’ambasciata, mentre Milgrim, 26 anni, organizzava missioni e visite in Israele.

Secondo alcune fonti della polizia, l’assassino intendeva colpire i partecipanti all’evento, ma non c’è indicazione che abbia preso di mira nello specifico quei due funzionari. Così vanno interpretate le parole di Dan Bongino, vicedirettore dell’Fbi, che ha parlato di una «azione di violenza mirata», dove l’obiettivo era colpire chi frequentava un evento della comunità israeliana.

Una testimone, Katie Kalisher, ha raccontato alla Nbc di avere incontrato Rodriguez, chiaramente sotto shock, nell’androne del museo, poco dopo aver udito gli spari. Assieme ad altre persone ha provato a calmarlo, pensando che si trattasse di un passante che si era rifugiato nell’edificio spaventato dai colpi, non dell’attentatore.

A quel punto ha tirato fuori una kefyah rossa e ha detto: «Sono stato io, l’ho fatto per Gaza».

La condanna del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, non si è fatta attendere: «Queste orribili uccisioni, basate chiaramente sull’antisemitismo, devono finire, ora! Odio e radicalismo non devono avere posto negli Stati Uniti. Condoglianze alle famiglie delle vittime. È triste che possano succedere cose del genere! Dio vi benedica tutti!».

Trump ha espresso cordoglio per il brutale omicidio in una telefonata con il premier israeliano Benjamin Netanyahu. Ma i leader, che attraversano un momento di freddezza dopo la missione di Trump nel Golfo, hanno parlato anche del conflitto nella Striscia di Gaza e dell'Iran.

La nota del governo israeliano dice che Trump «ha espresso sostegno agli obiettivi fissati dal primo ministro: garantire il rilascio di tutti i nostri ostaggi, eliminare Hamas e portare avanti il piano Trump». I due leader hanno anche «concordato sulla necessità di garantire che l'Iran non ottenga armi nucleari».

Il profilo dell’attentatore

Il sospettato, Elias Rodriguez, proviene da Chicago, non ha precedenti penali e non era noto alle forze dell’ordine della capitale. Dall’analisi dei suoi profili social emerge l’immagine di un giovane ordinario, laureato in letteratura all’università dell’Illinois che lavorava come ricercatore di storia orale in un archivio digitale.

Aveva frequentazioni politiche radicali: era membro del Party for Socialism and Liberation (Psl), un movimento pro-palestinese di ascendenza marxista.

Fra le tracce lasciate online ci sono anche partecipazioni a manifestazioni a favore della Palestina e, anni fa, a sostegno di Black Lives Matter e altri movimenti.

Il giornalista investigativo Ken Klippenstein ha pubblicato ieri un documento che sembra essere una specie di breve manifesto compilato da Rodriguez. Il testo, che porta la data del 20 maggio, è ampiamente circolato sui media, ma non c’è al momento una conferma indipendente della sua autenticità.

Il testo denuncia le atrocità commesse da Israele a Gaza e sostiene che i conteggi delle autorità sottostimano largamente il reale bilancio delle vittime: «Non ho problemi a credere che il numero sia 100 mila o più».

Nella seconda parte, il manifesto parla della resistenza armata ed elogia il sacrificio di Aaron Bushnell, il militare americano che lo scorso anno si è dato fuoco davanti all’ambasciata di Israele a Washington. «Non sarò più complice di questo genocidio», aveva detto in diretta su Twitch prima di cospargersi di benzina e appiccare il fuoco. Mentre le fiamme lo divoravano, anche lui gridava «free Palestine».

Lotta armata

Infine, il manifesto attribuito al presunto assassino argomenta a favore della «moralità delle dimostrazioni armate». Le azioni di resistenza, scrive l’autore, «sarebbe state moralmente giustificate 11 anni fa, durante Protective Edge», l’operazione a Gaza del 2014, «quando sono diventato acutamente consapevole della nostra brutale condotta in Palestina. Ma penso che la maggior parte degli americani avrebbe trovato quelle azioni incomprensibili e folli. Sono contento che oggi almeno ci siano molti americani per cui quelle azioni sono comprensibili e, in un certo senso, la sola cosa sana da fare», conclude l’autore.

La nota finisce con un saluto ai familiari: «Vi voglio bene mamma, papà, la piccola sorellina, il resto della mia famiglia, incluso tu» e segue l’iniziale O con una serie di asterischi.

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