Pezzo dopo pezzo, il Cremlino si sta rimangiando le aperture al negoziato ottenute dal presidente Donald Trump negli ultimi giorni. Ieri è stato il turno del ministro degli Esteri, Sergei Lavrov, che ha spiegato come le garanzie di sicurezza nei confronti dell’Ucraina che la Russia è disposta ad accettare sono quelle su cui può esercitare il potere di veto.

Lavrov ha detto che quelle discusse a Istanbul, nel 2022, erano un «ottimo esempio» di garanzie, proprio perché prevedevano il diritto del Cremlino di vietare un intervento a favore dell’Ucraina da parte degli altri garanti.

Ieri, Lavrov ha aggiunto che la Russia vorrebbe tra i garanti tutti i membri permanenti del Consiglio di sicurezza Onu, quindi anche Cina, Francia e Regno Unito. I progressi nelle trattative celebrati in questi giorni, secondo Lavrov, non sarebbero altro che «goffi tentativi da parte degli europei di influenzare Trump».

Troppe illusioni

E a proposito di un incontro diretto tra Putin e il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha detto che il presidente russo «è pronto a continuare i negoziati diretti Russia-Ucraina» e che Putin «è pronto ad aumentare il livello delle delegazioni», ma non ha menzionato il vertice diretto tra i due. Putin non ha ancora commentando pubblicamente nessuno degli sviluppi di questi giorni. Ieri si è limitato a telefonare al leader turco, Recep Tayyip Erdoğan, e a ringraziarlo per la sua mediazione diplomatica.

Di fronte alle tattiche dilatorie del Cremlino, nemmeno il presidente degli Stati Uniti si fa più tante illusioni. «Può essere che Putin non sia interessato a fare un accordo», ha ammesso durante un’intervista. Se così sarà, ha aggiunto, Putin si troverà in una «situazione difficile». La nuova scadenza che ha imposto al leader russo questa volta è di due settimane.
Tra i leader europei, sono pochi quelli che ritengono probabile l’incontro Putin-Zelensky e che hanno fiducia negli apparenti progressi nel piano di pace.

«Se penso che Putin voglia davvero la pace? La mia risposta è no», aveva detto lunedì il presidente francese, Emmanuel Macron. Il polacco Donald Tusk fa dell’ironia su uno dei possibili luoghi del vertice, Budapest. «Sono superstizioso, sarebbe meglio evitare», ha scritto sui social, riferendosi al memorandum di Budapest, il documento internazionale firmato negli anni Novanta nella capitale ungherese che avrebbe dovuto garantire la sicurezza dell’Ucraina.

A proposito di Ungheria, Trump ieri ha telefonato al primo ministro, Viktor Orbán, per chiedergli di rimuovere il suo veto all’ammissione dell’Ucraina nell’Ue. Una telefonata inaspettata, ma che si inserisce nel suo attuale piano per districarsi dal conflitto che aveva promesso di concludere in 24 ore: lasciare la questione sempre più in mano ai leader europei.
Dal canto loro, i leader europei vorrebbero esattamente il contrario, ossia che gli Stati Uniti restassero il più possibile coinvolti.

Nonostante i dubbi sugli attuali negoziati, quindi, proseguono nel sostenere gli sforzi di pace Trump, in attesa che anche il presidente americano si convinca che trattare con il Cremlino in questa fase è inutile e tramuti in realtà le sue minacce di nuove sanzioni alla Russia e, magari, autorizzi nuove spedizioni di armi a Kiev.

In questo momento, favorire le trattative dal loro punto di vista significa mettere a disposizione le proprie forze armate per una possibile «forza di rassicurazione» da inviare in Ucraina dopo un eventuale cessate il fuoco, così da soddisfare uno dei principali requisiti chiesti da Kiev per accettare una tregua.

Niente prima linea

Dopo la Francia, anche il Regno Unito ieri si è detto disponibile a fornire truppe, a patto che non siano schierate in prima linea. Secondo il Guardian, l’annuncio ufficiale arriverà al vertice Nato del prossimo 30 agosto. La Polonia, invece, conferma che non è disponibile a partecipare alla missione. Il ministro della Difesa, Wladyslaw Kosiniak-Kamysz, ha detto che i soldati polacchi servono a proteggere «il confine che abbiamo con Russia e Bielorussia».

Kosiniak-Kamysz ha rivelato che le forze armate polacche hanno rintracciato un drone russo atterrato nel paese. «Si tratta di una nuova provocazione alla Nato», ha detto. Se gli europei cercano di dare corda a Trump e di non far trapelare il loro pessimismo, a Kiev ci sforza il doppio e nella stessa direzione. «La pace si è avvicinata», assicura il ministro degli Esteri ucraino Andrii Sybiha, che si dice al lavoro per organizzare l’incontro Putin-Zelensky. Gli ucraini ritengono che il prossimo futuro dipenderà da chi, tra Mosca e Kiev, il presidente americano deciderà di incolpare per il fallimento dei negoziati.

Ieri, l’Ucraina è stata colpita da nuovi bombardamenti che hanno preso di mira in particolare le città di Odessa, Sumy e la cittadina di Kostyantynivka, nel cuore del fronte di Donetsk. Tre persone sono morte nell’attacco in Donbass, mentre quasi venti sono rimaste ferite nel resto del paese.

«Tutti questi sono attacchi dimostrativi che non fanno che confermare la necessità di fare pressione su Mosca, la necessità di imporre nuove sanzioni e dazi finché la diplomazia non sarà pienamente efficace», ha detto Zelensky, che ha poi rivolto un appello agli alleati: «Abbiamo bisogno di solide garanzie di sicurezza per assicurare una pace veramente affidabile e duratura».

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