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Evocare la guerra paga più che farla, il pericoloso gioco mediorientale

Le élite mediorientali, solo in apparenza diverse fra loro, sono reazionarie, fondano il consenso sulla minaccia esterna. È a loro che conviene alimentare nel dibattito pubblico l’idea di un imminente conflitto, senza necessariamente provocarlo

L’ennesimo scambio di fuoco tra Israele e Hezbollah, avvenuto alle prime ore di domenica scorsa, e le successive dichiarazioni del premier israeliano Benjamin Netanyahu e del leader del movimento sciita libanese Hasan Nasrallah, alleato dell’Iran e di Hamas, hanno confermato la validità dell’equazione di potere su cui da decenni, e non solo dal post 7 ottobre, si reggono gli equilibri mediorientali. Ovvero: fare la guerra per dichiarati scopi di “sicurezza” o di “resistenza”, protrarla nel tempo

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