Le relazioni tra Cina e Stati Uniti, dalle crescenti tensioni a Taiwan alle reciproche accuse di spionaggio, hanno raggiunto la tensione maggiore degli ultimi anni e non mostrano segni di miglioramento. Mentre l'Europa deve gestire le prospettive di uno scontro militare tra le due nazioni, la guerra tra Russia e Ucraina e la continua interruzione delle catene di approvvigionamento a livello globale post Covid, i leader di Bruxelles e dell’Ue 27 subiscono continue pressioni per ridefinire la politica estera europea. Il primo anno della guerra in Ucraina ha dimostrato che non è facile passare da un’unità dichiarata a livello teorico a politiche concrete, fluide e semplici.

Un nuovo sondaggio dell’Ecfr (European Council on Foreign Relations), condotto in 11 Stati membri dell'Ue, ha confermato il profondo impatto che la guerra in Ucraina ha avuto sulla percezione dei cittadini dell'ordine globale e di ciò che avverrà. Secondo tale sondaggio, i leader europei dovranno affrontare una sfida molto importante, mentre tentano di plasmare una politica estera coesa: seguire l'opinione pubblica in un momento in cui la fiducia nel governo e nelle istituzioni è bassa, prendendo decisioni impopolari ma necessarie. Per fare ciò, devono capire cosa motiva i cittadini e avviare un dialogo chiaro e aperto sul futuro.

L'indagine mostra inoltre che il rapporto dell'Europa con la Russia ha subito una vera e propria inversione, sia per i leader europei che per l'opinione pubblica: la percentuale degli intervistati che vede la Russia come un "rivale" o "avversario" dell'Europa è aumentata da circa un terzo a quasi due terzi nell'arco di due anni, segno che i leader dell'Ue sono in sintonia con i loro elettori. I politici a capo dell’Europa hanno un chiaro mandato per una politica finalizzata a creare la sicurezza europea non con la Russia, ma contro di essa. Ma il sondaggio rivela anche profonde divergenze sulle future relazioni tra UE e Russia.

Mentre il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, ha dichiarato che sarebbe disposto a riprendere le relazioni economiche con la Russia, se quest’ultima fosse disposta a porre fine alla sua aggressione ai danni dell’Ucraina, il primo ministro polacco, Mateusz Morawiecki, ha espresso una chiara riluttanza a normalizzare le relazioni con un regime criminale.

Queste posizioni contrastanti si riflettono inevitabilmente nelle opinioni degli elettori, con il 39 per cento degli intervistati polacchi che vuole porre fine a tutte le relazioni con la Russia dopo la guerra, mentre un quarto dei tedeschi (26 per cento) è disposto a riprendere la piena cooperazione economica. Questa situazione rappresenta un potenziale problema per i leader dell'Ue nel medio-lungo termine e lascia intendere che, se questi vogliono realizzare e mantenere una politica estera unita e coesa, dovranno capitalizzare su aree che creano consenso.

Un argomento in grado di creare consensi è avere relazioni importanti con gli Stati Uniti, mentre si adottano misure per incrementare l'autosufficienza europea, dato che tre quarti dei cittadini europei ritiene che l'Europa abbia bisogno di una difesa autonoma ed indipendente. Sebbene i cittadini UE sostengano ampiamente le relazioni transatlantiche, con circa il 30% che vede gli Stati Uniti come un "alleato" e il 40 per cento come un "partner necessario", ritengono che il forte impegno dell'amministrazione Biden in Ucraina non costituisca una garanzia per l’Europa di una protezione ininterrotta da parte degli Usa.

Aspettative

I cittadini europei vogliono una politica estera meno dipendente dagli altri attori internazionali e dalle loro decisioni. Ciò si può desumere anche dal fatto che la vicinanza dell'Europa agli USA non si traduce nella volontà di sostenere gli Stati Uniti contro la Cina in un ipotetico conflitto relativo alla questione Taiwan. L’ECFR ha rilevato che, nell’ipotesi di ostilità militari tra queste due superpotenze, solo un quarto degli europei sarebbe favorevole a schierarsi dalla parte dell'America, mentre tra il 49 per cento (Svezia) e l'80 per cento (Austria) pensa che l'Ue dovrebbe evitare qualsiasi coinvolgimento diretto e assumere una posizione di “neutralità”.

L'opinione prevalente nella maggior parte dei paesi intervistati è che la Cina sia invece un "partner necessario". Anche se l'affermazione di Emmanuel Macron secondo cui l'Europa non dovrebbe farsi coinvolgere da crisi "che non le appartengono", dopo la sua recente visita a Pechino, ha provocato dissensi tra gli alleati europei, riflette accuratamente il sentimento pubblico europeo. Allo stesso tempo, gli europei hanno dichiarato che vorrebbero che l'influenza economica della Cina nel loro continente fosse ridotta: il 65 per cento di tutti gli intervistati ha dichiarato di essere contrario alla proprietà cinese di infrastrutture chiave in Europa, come ponti e porti.

È probabile che i leader europei dovranno affrontare numerose difficoltà nella gestione delle aspettative del pubblico, cercando di ottenere sostegno per le complesse decisioni strategiche future, concernenti politiche che si basano su un consenso che di fatto è relativo.

Un dato preoccupante del sondaggio è che il 60 per cento degli elettori europei non si sente ascoltato dai propri capi di governo in materia di politica estera. È necessario ripristinare la fiducia dell'elettorato e avviare consultazioni per coinvolgere i cittadini nel processo decisionale, al fine di evitare ulteriori delusioni nei confronti delle istituzioni e dei partiti politici. I leader europei dovrebbero essere consapevoli del fatto che le opinioni degli elettori sulla futura politica estera sembrano basarsi su scenari molto ottimistici.

Alla domanda sulla possibilità della rielezione di Trump, oltre il 60 per cento degli intervistati negli 11 paesi la considera uno scenario improbabile o altamente improbabile. Il 53 per cento degli intervistati pensa la stessa cosa di uno scontro militare tra Stati Uniti e Cina.

Considerando la frequenza con cui di recente si sono verificati eventi politici con conseguenze distruttive, ritenuti in precedenza altamente improbabili, i leader europei dovrebbero avviare un dialogo attivo con i cittadini per prepararli a vari scenari geopolitici e decisioni difficili, comunicando e spiegando loro i pericoli di un’eventuale inerzia. Solo comprendendo dove e come gli elettori possono essere convinti, possono tracciare un percorso propizio.

 

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