Il presidente degli Stati Uniti ha autorizzato l’agenzia di spionaggio a condurre operazioni sul suolo venezuelano. È l’ennesimo passo verso uno scontro con Caracas che sembra inevitabile dopo aver dispiegato la Marina nel mar dei Caraibi e aver affondato almeno sette imbarcazioni partite dal paese
La Cia condurrà operazioni segrete in Venezuela su autorizzazione del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. Per ora non si conoscono i dettagli, e forse non si sapranno mai, ma è noto che sono state affondate sette imbarcazioni sospettate di trasportare droga e che sono state uccise circa 30 persone. Di fronte alle coste di Caracas 10mila soldati e una dozzina di aerei e navi militari attendono.
La notizia è stata rivelata dal New York Times citando alcuni funzionari del governo di Washington. Poche ore dopo l’uscita della notizia, lo stesso Trump lo ha confermato ai giornalisti. Le operazioni, a detta del presidente, servono a limitare il flusso dei migranti verso gli Stati Uniti e a fermare il traffico di droga.
La notizia però solleva due problemi. Se l’amministrazione Trump vuole interrompere il traffico di cocaina in arrivo verso Washington, allora si trova sulla costa sbagliata. La grande autostrada di stupefacenti non è il mar dei Caraibi, ma l’oceano Pacifico.
In secondo luogo, la Cia esiste storicamente per operare nell’ombra e condurre azioni “negabili”. È avvenuto in passato, non senza disastri, nell’Iran di Mossadeq, in Guatemala e nel Vietnam di Diem: oggi, forse più che allora, il governo Trump dimostra tracotanza. L’obiettivo è quindi chiaramente quello di rovesciare il governo del presidente Nicolás Maduro, al comando de facto del paese dal 2013, dopo una rielezione nel 2024 con accertati brogli elettorali.
Organizzazioni terroristiche
A gennaio e febbraio 2025, Trump ha firmato un ordine esecutivo in cui identifica come organizzazioni terroristiche straniere (Fto), il Cartel de los soles e il gruppo Tren de agua. Il primo sarebbe un’organizzazione venezuelana di dubbia esistenza e implicata nel traffico di droga, diretta da membri dell'Alto Comando militare delle Forze armate. Maduro è accusato dagli Stati Uniti di farne parte. Tren de agua è invece un cartello di narcotrafficanti venezuelano che trasporta droga negli Stati Uniti.
Definire questi gruppi Fto aumenta le possibilità di intervento rispetto a quelle concesse dal diritto interno americano. Permette l’utilizzo dell’esercito su suolo e anche l’attuazione di operazioni speciali come sorveglianza elettronica globale, eliminazioni mirate, azioni extraterritoriali, finanziamento occulto di gruppi rivali, guerra psicologica e infiltrazioni su vasta scala. Inoltre, estende la competenza oltre alla Dea, l’agenzia federale statunitense per combattere il traffico di sostanze stupefacenti, coinvolgendo anche Cia e Nctc (National counterterrorism center).
«Penso che il Venezuela stia sentendo la pressione. Ma credo che anche molti altri Paesi la stiano sentendo». Tra questi sicuramente la Colombia il cui ministro dell’Interno, Armando Benedetti, ha accusato sui social gli Stati Uniti di usare «la lotta al narcotraffico come uno strumento di dominio e potere» per «intromettersi nella politica» di altri paesi.
Precedenti storici
Il primo presidente degli Stati Uniti a dichiarare la «guerra internazionale alla droga» è stato Richard Nixon nel 1971, che la riteneva «il nemico pubblico numero uno» degli Stati Uniti. Dieci anni dopo fu Ronald Reagan a raccoglierne il testimone, aumentando l’uso delle forze armate e permettendo alla Marina di intercettare i trafficanti in acque internazionali.
Reagan poi convinse il governo colombiano, con aiuti economici, a eradicare le coltivazioni di cocaina e oppio bombardando gli ettari di colture con fumi erbicidi come il glifosato. Sono prodotti che hanno avuto gravi conseguenze sulla biodiversità e anche sulla popolazione locale e per questo interrotte dalla Corte costituzionale colombiana. A inizio settembre il presidente Gustavo Petro ha reintrodotto queste tecniche di fumigazione spinto dalle pressioni trumpiane.
Come i suoi predecessori, la guerra alla droga di Trump è marcatamente volta a pressioni economiche e politiche, un’arma diplomatica. Insieme alla Colombia, ha già declassato dallo status di alleati alla lotta alla droga anche Bolivia, Perù, Venezuela, Myanmar (primo produttore mondiale di oppio) e Afghanistan (leader nella produzione di oppiacei durante i vent’anni di occupazione Nato).
Questo comporta anche un taglio ingente ai fondi. Per ora, tranne l’Afghanistan, il taglio è stato derogato per «motivi di sicurezza nazionale». Un ulteriore strumento di pressione.
© Riproduzione riservata



