L’annuncio della mobilitazione parziale di 300mila uomini da parte di Vladimir Putin è stato accompagnato dalle minacce nucleari, quando la Russia avrà illegalmente annesso gli oblast di Lugansk, Donetsk, Zaporizhzhia e Kherson.

Il presidente russo ha ripetuto le solite falsità della sua propaganda: l’occidente vuole piegare la Russia e imporre i suoi «pseudo-valori», la Nato si è espansa a est e ha spinto l’Ucraina in guerra.

Un disco rotto, ma che ha convinto molti russi dopo un decennio ed è accettato in cambio di un contratto sociale che garantisce relativo benessere e stabilità. Garanzie che con la mobilitazione parziale potrebbero venire meno. 

Il malcontento che inizia a serpeggiare nel ceto medio in Russia non è dovuto ai crimini di guerra compiuti dal suo esercito, ma solo dal fatto che può viaggiare meno all’estero, ha un’economia più precaria e rischia il richiamo militare.

Altrimenti il massacro in Ucraina potrebbe continuare, in un tacito accordo di non interferenza tra il regime e la società. 

Con la mobilitazione cambia la percezione del conflitto, che passa da «operazione militare speciale» a vera guerra.

Da un lato, torneranno anche nelle grandi metropoli le bare dei caduti, dall’altro, la società si priverà di professionisti che ne garantivano il funzionamento, mentre prima ci si limitava sostanzialmente a soldati di professione o disoccupati.

La controffensiva 

La controffensiva di Kharkiv è stata molto efficace, perché ha liberato un territorio enorme e catturato numerosi prigionieri di guerra.

Una stima per difetto dei mezzi catturati parla di 74 carri armati (tra cui il nuovo T90-M), mentre una ventina sono quelli distrutti, tutti appartenenti alla 1ª Armata corazzata guardie, annientata dagli ucraini.

Si aggiungono circa duecento mezzi da trasporto truppe, oltre quaranta pezzi di artiglieria e quindici lanciamissili multipli. 

Armamenti e munizioni preziosi e costosi che la Russia dovrà sostituire con altri, spesso più vecchi, mentre l’Ucraina potrà usarli facilmente perché hanno gli stessi standard e calibri. 

L’avanzata non si è fermata, perché gli ucraini hanno superato i fiumi Oskil e Siverski Donets, puntando su Svatove e Kreminna.

Ora l’obiettivo è tagliare la Gloc, la linea di comunicazione terrestre, che corre lungo la strada P-66 e isolare da nord la città di Lyman per riprenderla.

Si tratta di un altro punto strategico che permette di proiettarsi nell’oblast di Lugansk e puntare su Severodonetsk. 

Il ministro della Difesa russo, Sergej Shoigu, sostiene che la Russia abbia perso meno di 6mila uomini, su una forza iniziale di 200mila.

Se le cose stessero davvero così, non si capisce a cosa serva una mobilitazione di ulteriori 300mila uomini. Sempre per Shoigu, l’Ucraina avrebbe sofferto 61mila morti e 49mila feriti.

Mentre il generale ucraino Valerij Zaluzhny aveva parlato di 9mila caduti dall’inizio dell’invasione di febbraio. 

Stime approssimative

L’analisi della situazione sul campo da parte di alcuni generali italiani sembra fondarsi su ignoranza o, nel caso di Fabio Mini, per partito preso.

Anche il generale dei Bersaglieri Paolo Capitini, docente alla Scuola sottufficiali dell’Esercito, ha scritto su Libero che «nel sud gli ucraini hanno impiegato 35mila uomini» e che «da mie fonti, stimo che la fallita operazione nel sud sia costata agli ucraini 10mila morti e 30mila feriti».

Secondo Capitini, dunque, non solo l’intera forza della controffensiva su Kherson sarebbe stata annientata, ma la somma di morti e feriti ucraini supera persino quella degli uomini schierati.n

Peccato che l’avanzata ucraina su Kherson prosegua lungo tre salienti offensivi, per non parlare del fatto che 10mila morti in cinque giorni di operazioni suonino come inverosimili e persino ridicoli a qualsiasi analista militare.

Capitini aggiunge che, sempre da «sue fonti», i caduti totali di Kiev ammonterebbero a 54mila uomini, cifra vicina a quella sparata da Shoigu.

Questi commenti da parte di alcuni alti ufficiali italiani, in servizio o in congedo, sollevano domande sulla qualità e capacità di analisi dei nostri vertici militari degli ultimi anni, che spesso sembrano atterriti dal mito delle forze armate russe, sfatato dalle pessime prestazioni sul campo.

Stime più realistiche ci dicono che questa è semmai la situazione delle perdite russe in sei mesi di guerra, altrimenti non si spiega il richiamo di consistenti riserve. 

Carcerati e mercenari

Con la distruzione di interi reggimenti e lo sbandamento di unità nella rotta di Izium, il Cremlino è costretto ad affidarsi ai carcerati arruolati dai mercenari del gruppo Wagner, che però sono nell’ordine delle migliaia.

Il video che ritrae Yevgeny Prigozhin, detto il “cuoco” di Putin, mentre parla ai carcerati è interessante perché ammette per la prima volta l’esistenza dell’organizzazione chiamata Wagner e di esserne il capo.

Video successivi hanno documentato il trasporto verso la frontiera ucraina dei prigionieri arruolati a cura del servizio penitenziario russo.

Il 3º Corpo d’armata (in realtà una divisione), reclutato nei mesi scorsi con volontari delle varie regioni russe, è composto da personale con scarso addestramento.

A Putin serviva una massa più ampia per continuare l’invasione e occupare le regioni che intende annettere.

La scelta poteva ricadere su tre categorie: le minoranze, già abbondantemente spremute, che come in Cecenia iniziano a dare segni di risentimento per essere sfruttate come carne da cannone; impiegare le riserve "buone” delle forze armate con la consapevolezza di esaurirle; oppure iniziare una mobilitazione generale di massa con coscritti anche nelle grandi città russe, violando un tabù che ha garantito il patto sociale finora.

Putin ha scelto formalmente una mobilitazione "parziale”, che però nel decreto pone solo limiti di età, salute e fedina penale.

L’ukaz presidenziale, lo strumento di decretazione che offre vasti poteri a Putin, permette di attingere a un bacino di russi che hanno già servito un periodo nelle forze armate.

Tuttavia, solo una minima parte ha ricevuto un aggiornamento periodico con il richiamo annuale e ancora meno ha esperienza di combattimento reale. La gran parte ha solo fatto un anno da coscritto.

Il decreto non precisa un calendario della mobilitazione e il numero totale, menzionato solo da Shoigu. Il sistema di leva russo prevede il richiamo di circa 130mila coscritti in due parti dell’anno.

Il prossimo ciclo è previsto da ottobre a dicembre. In teoria la legge russa proibisce di impiegare in guerra all’estero i coscritti senza almeno quattro mesi di addestramento, ma sappiamo che a febbraio molti di loro sono stati mandati in Ucraina con la scusa dell’esercitazione in Bielorussia.

Dai territori occupati

Un’altra fonte di reclute può venire dai territori occupati una volta che verranno illegalmente dichiarati parti della Federazione Russa.

Una legge approvata con scavalcando la normale procedura dalla Duma di Mosca aumenta le pene per la diserzione, la renitenza alla leva e l’insubordinazione, fenomeni già visti tra i soldati delle repubbliche fantoccio del Donbass.

È punita con una pena di fino a dieci anni anche la resa volontaria, scelta da alcuni reparti a Izium.

Un’altra legge approvata dalla Duma abbrevia da tre a un anno il servizio militare per ottenere la cittadinanza russa, per gli stranieri che vogliano arruolarsi.

I governatori di occupazione degli oblast di Kherson e Zaporizhzhia hanno annunciato la formazione di unità di ‘volontari’, tra gli ucraini residenti. Sarà interessante vedere se i collaborazionisti che plaudivano all’invasione, spesso membri del partito Piattaforma di opposizione, ora andranno volentieri al fronte contro i loro connazionali.

Sarà anche interessante vedere se ucraini reclutati con la forza possano ribellarsi una volta armati oppure fornire intelligence a Kiev. 

Mesi di preparazione

L’analista della Rand Corporation Dara Massicot stima che la Russia impiegherà molti mesi per rendere operativa la mobilitazione annunciata da Putin.

Pur prendendo per buona la cifra di 300mila uomini, questi vanno richiamati con lettere che spesso vengono ignorate, poi cercati dalla polizia militare e convogliati alle caserme.

A quel punto devono essere equipaggiati e ricevere un breve aggiornamento addestrativo. Infine, vanno trasportati al fronte e immessi nel teatro operativo, mantenuti e sfamati con una catena logistica.

Sono procedure che richiedono almeno 2-3 mesi e costano molto. È possibile che a fine autunno o inizio inverno arrivino in Ucraina alcune decine di migliaia di coscritti, che tuttavia non spostano l’equilibrio militare sul campo, fatto ormai da armi pesanti, artiglieria, droni e missili balistici.

Il totale della forza prevista dal Cremlino non sarà operativa prima della primavera, perché con l’inverno aumentano anche le difficoltà logistiche per lo schieramento delle truppe. Inoltre, i russi non dispongono di sufficienti tenute e mimetiche invernali per i propri soldati, che rischiano fenomeni di ipotermia e congelamento.

La Nato, al contrario, sta provvedendo a preparare uniformi e equipaggiamenti invernali per il grosso delle forze di Kiev, anche grazie a generose donazioni private raccolte da ong. 

Il Cremlino ha ripetuto allo sfinimento che la Russia sia in guerra per procura con la Nato ma sono gli ucraini che hanno deciso di non arrendersi e ci chiedono aiuto per difendersi, a differenza della narrazione che cerca di imporre Mosca. 

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