Mentre sale la tensione alla frontiera libanese tra Idf e Hezbollah il presidente palestinese Abu Mazen ha chiesto ad Hamas di «completare rapidamente l’accordo» sugli ostaggi «per risparmiare al nostro popolo palestinese il flagello di un’altra catastrofe dalle conseguenze minacciose, non meno pericolosa della Nakba del 1948».

L’appello giunge mentre al Cairo, dove è giunto anche il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, proseguono i negoziati sulla tregua. Intanto si fa sempre più forte la pressione internazionale sul governo di Benjamin Netanyahu perché eviti l’offensiva di terra a Rafah dove sono rifugiati 1,5 milioni di profughi.

I palestinesi hanno iniziato a evacuare il principale ospedale nella città di Khan Younis, nel sud di Gaza. Gli Usa hanno fatto sapere di non appoggiare qualsiasi richiesta di trasferimento forzoso della popolazione della Striscia.

Secondo fonti di Tel Aviv ci sarebbero varie ipotesi allo studio per l’evacuazione, di Rafah ma nessuna ancora approvata, tra cui l’allestimento di 25mila tende in 15 campi profughi.

Sánchez e Varadkar

In questo contesto i primi ministri di Irlanda e Spagna, Pedro Sánchez e Leo Varadkar, hanno inviato una lettera alla presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, dove chiedono ai leader dell’Ue di agire a causa del «deterioramento» della situazione a Gaza, e di fornire una valutazione immediata se Israele stia rispettando gli obblighi in materia di diritti umani stipulati in un accordo commerciale con il blocco.

Sono in molti, ormai a essersi schierati su questa linea. Dal presidente americano Joe Biden, che aveva parlato di reazione «esagerata» («over the top») al vicepremier e ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani, che in merito all’intervento militare a Gaza aveva parlato di risposta «non proporzionata» di Israele. Ieri, ospite di Rtl 102, Tajani ha aggiunto: «Noi diciamo di fare degli attacchi mirati e cercare di ridurre i danni alla popolazione civile».

Nel corso del question time il ministro ha anche precisato che «Eni non ha ancora alcuna titolarità sulla concessione nell’area G offshore di fronte alla Striscia di Gaza e non c’è alcuno sfruttamento delle risorse energetiche».

«Abbiamo deciso di incrementare il nostro contributo di 10 milioni di euro, che si aggiungono ai 10 milioni già stanziati a dicembre per la popolazione civile palestinese», ha concluso.

Il confine libanese

È di quattro morti e nove feriti il bilancio provvisorio dei raid aerei lanciati in Libano dall'esercito israeliano, il quale ha annunciato che i jet hanno effettuato «estesi raid» sul paese dei cedri. Crescono così i timori di un’escalation tra le due nazioni confinanti.

Questi raid arrivano dopo che un razzo lanciato dal Libano ha provocato la morte di una donna e il ferimento di altre otto persone a Safed, nel nord di Israele.

Commentando l’escalation al confine, il ministro della Sicurezza nazionale israeliano, Itamar Ben Gvir, ha dichiarato che l’attacco su Safed equivale a una dichiarazione di guerra e ha chiesto un cambiamento nel modo in cui Israele gestisce gli equilibri di potere al confine libanese. «Questa è guerra», ha scritto su X.

Ben Gvir ha definito la visione israeliana di Hamas come forza stabilizzatrice a Gaza come un errore fatale che ha portato al massacro del 7 ottobre.

Turchia ed Egitto

Proseguono le trattative al Cairo grazie anche al ruolo svolto dal Qatar e dagli Stati Uniti per una tregua temporanea. Il premier Netanyahu però non ha approvato l’invio di una nuova delegazione al Cairo per continuare le trattative.

A distanza di 12 anni dalla sua ultima visita in Egitto, è tornato al Cairo il presidente turco Erdogan per incontrare il suo omologo Abdel Fattah al Sisi. I due hanno discusso di Gaza ma anche di altri temi tra cui la Libia e la compravendita di droni turchi.

La visita di Erdogan in Egitto è un passo in direzione della riconciliazione di due tra le maggiori potenze del medio oriente. Le relazioni tra Ankara e il Cairo si erano interrotte nel 2012, quando al Sisi aveva guidato il colpo di stato militare che ha portato alla cacciata del presidente eletto Mohamed Morsi, affiliato alla Fratellanza Musulmana, alleata della Turchia.

L’anno scorso erano stati nominati gli ambasciatori e nelle scorse settimane la Turchia aveva annunciato una fornitura di droni all’Egitto.

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