«Allora riprendeteveli a casa»: intervistato da Rete4, Fabrizio Pregliasco, supervisore scientifico del Pio Albergo Trivulzio, non riesce a celare il suo disappunto. La giornalista gli stava chiedendo ragione delle gravi carenze della famosa casa di riposo, a fronte delle salatissime rette che i parenti pagano.

C’è poco da fare: da quando con il Covid è emersa la pesante situazione di Rsa e case di riposo, con tutte le vittime e le conseguenze dell’isolamento, i responsabili delle strutture non riescono a fare altro che seccarsi o al più fare le vittime. Non una parola sui morti, sulle aporie del sistema della residenzialità e così via. Soprattutto non una indagine interna gestita dal sistema medesimo: ci si limita a chiedere più soldi allo stato.

Per difendersi i dirigenti delle Rsa e case di riposo prendono i cittadini in ostaggio: o vi tenete a casa i vostri anziani o, se ce li affidate, dovete accettare il modo con cui li gestiamo, pagando senza fiatare. Un modo di giocare sul senso di colpa, ma non si accorgono che in questo modo ammettono di rappresentare un sistema degradato, figlio della peggior mentalità corrente: fare ricavi sulla pelle degli anziani.

L’Italia non è l’unico esempio: in Francia il caso Rsa è esploso in maniera deflagrante con il libro inchiesta Les Fossoyeurs (i becchini) che ha scatenato stampa, parlamento, governo e giudici. Spiace dirlo ma l’immagine delle Rsa che ne emerge è che si tratti di prigioni, macchine per fare soldi. Visto il numero dei decessi ci sarebbe bisogno di un’inchiesta simile anche in Italia.

In Francia il libro “i becchini” se la prende con il leader mondiale delle Rsa private, la francese Orpea, che possiede 1.100 Rsa nel mondo, di cui 320 in Francia e decine anche in Italia. Quasi 400 pagine di orrore per un’inchiesta partita prima del Covid, concentrandosi sulle strutture più lussuose del gruppo. A fronte di rette alte, nelle Rsa di Orpea accade di tutto: poco personale, mancanza di igiene, anziani costretti ad attendere ore nei loro escrementi, furti, pranzi razionati, piaghe da decubito, maltrattamenti cronici, innumerevoli denunce delle famiglie mai prese in considerazione e via dicendo.

L’autore dell’inchiesta, Victor Castanet, cita il nipote della scrittrice Françoise Dorin: «Se volete sbarazzarvi di persone che amate c’è un posto ormai libero alla RSA Les Bords de Seine. Françoise Dorin, scrittrice famosa, è entrata nella Rsa meno di tre mesi fa: è il tempo che è servito loro per farle perdere 20 chili e l’uso della parola, per farle venire una piaga da decubito enorme, per portarla a uno stato irreversibile… vi faranno tanti sorrisi e vi diranno che tutto è sotto controllo… in verità questa struttura, che chiede 7mila euro al mese, è un’impresa a scopo di lucro…».

«Profondamente delusi»

Dal libro emerge una «gestione esclusivamente contabile della presa in carico di persone vulnerabili» che cela le condizioni reali del pazienti ai loro parenti. Esiste un sistema Orpea: ogni squadra di direzione viene organizzata come un team cost-killer contro la promessa di lauti bonus.

Per il dettaglio e la precisione dei fatti raccontati, Les Fossoyeurs sta riempiendo da settimane le pagine dei giornali e le trasmissioni tv francesi, aprendo un fiume di altre accuse di chi ha trovato il coraggio di parlare, non solo in Francia ma anche altrove, come in Belgio. Emerge che le autorità pubbliche che devono controllare le Rsa non sono abbastanza forti per contrastare un muro di avvocati superpagati.

Il governo di Parigi non si è fatto attendere: il ministro francese della salute ha richiesto un’inchiesta dell’ispezione generale e la ministra dell’Autonomia ha convocato l’amministratore delegato di Orpea chiedendogli di rispondere a sette domande puntuali sul funzionamento delle Rsa. La commissione degli Affari sociali dell’assemblea nazionale ha convocato i dirigenti: l’audizione è stata tesa e la presidente l’ha addirittura interrotta con queste parole: «Ci avete profondamente deluso».

Per le Rsa di Francia si mette davvero male, tanto più che si avvicinano le elezioni presidenziali. Tutto è rimesso in discussione, anche la gestione del personale. Uno dei mantra dei proprietari o gestori di case di riposo è lamentare lo stress dei lavoratori ma gli stessi si guardano bene di assumere, usando tutti gli strumenti della precarietà.

La questione è cruciale: al maltrattamento degli anziani corrisponde sempre quello dei lavoratori. Sul bilancio di una casa di riposo il costo del personale pesa circa il 50 per cento, a volte di più, e i dirigenti fanno di tutto per ridurlo, diminuendo la sicurezza del lavoro oltre che la qualità dell’assistenza.

Domiciliarità diffusa

L’inchiesta francese dimostra come il tasso degli incidenti nelle Rsa è più alto di quello del settore delle costruzioni, provocando un tasso di assenteismo importante e un sistema di reclutamento ambiguo. Tutto ciò appare scandaloso tenendo conto che in Francia nel privato le rette sono più alte del 40 per cento rispetto al pubblico, mentre il personale è del 15 per cento in meno.

Due settimane di rivelazioni hanno provocato una caduta delle azioni Orpea alla borsa di Parigi del 60 per cento e anche le altre società dello stesso tipo hanno subito perdite gravi. È probabile che il gruppo non regga un tale choc anche se il problema rimane.

In tutta Europa, Italia inclusa, la sanità pubblica tende a delegare al privato la gestione delle fragilità, a iniziare con gli anziani per finire con i disabili o i malati terminali. Tuttavia è evidente che non si può “amministrare” delle vite sotto il profilo burocratico e ragionieristico della redditività.

I “becchini” di anziani sono un antico problema delle nostre società, una situazione largamente conosciuta ma spesso occultata. Secondo i dati solo tra il 5 per cento e il 15 per cento di anziani va in Rsa di sua spontanea volontà e per la famiglia si tratta sempre di una lacerazione. Le cronache di questi giorni ci raccontano storie toccanti di anziani soli in fuga dalle Rsa. La strada maestra per uscire da questa trappola è andare verso la domiciliarità diffusa. 

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