In due anni di pandemia gli anziani hanno pagato un prezzo molto alto in termini di vite perse, sofferenze e isolamento, svelando i gravissimi limiti del sistema assistenziale basato essenzialmente su Rsa e case di riposo, con una forte carenza di presenza dei servizi di rete territoriali e di assistenza domiciliare.

Il tema è vasto: oltre ai circa 300.000 anziani istituzionalizzati, in Italia ce n’è più di un milione soli in casa con redditi modesti e gravi difficoltà motorie, e circa 2 milioni e mezzo che vivono in centri abitati sotto i 5.000 abitanti, privi di servizi e di forme di supporto se non quelle familiari.

A seguito delle ripetute e scandalose morti di anziani nelle Rsa durante la pandemia e delle denunce sulle gravi insufficienze del sistema delle case di riposo in generale, nel settembre 2020 il ministro della Sanità Roberto Speranza ha creato una Commissione per la riforma dell’assistenza socio-sanitaria in favore della popolazione anziana, affidandone la presidenza a monsignor Vincenzo Paglia.

Tale commissione ha elaborato una proposta di riforma indirizzata alla domiciliarità («l’abitazione come luogo di cura»), che è stata presentata al presidente Mario Draghi.

La cabina di regia

Per rendere effettiva tale proposta pochi giorni fa, presso la presidenza del Consiglio, è stata istituita una cabina di regia per la riforma delle politiche in favore della popolazione anziana, con la presenza di tutti ministeri coinvolti e presieduta dal sottosegretario alla presidenza Roberto Garofoli.

Tale cabina di regia dovrà varare entro 60 giorni un progetto di legge delega sulla riforma dell’assistenza socio-sanitaria per gli anziani che recepisca i risultati della Commissione.

L’idea di fondo è che sia giunto il tempo di cambiare radicalmente la visione e la politica nei confronti della popolazione anziana. Occorre trarre le dovute conseguenze dell’amara lezione del Covid per portare a compimento alcune trasformazioni al fine di contrastare l’isolamento sociale, in particolare quello degli anziani.

Le priorità della riforma riguardano il potenziamento dei servizi di rete e di inclusione sociale e digitale sul territorio; il rafforzamento dei servizi di assistenza domiciliare sociale, sanitaria e integrata per bilanciare i servizi residenziali; l’integrazione della risposta sociale, sanitaria e previdenziale; l’implementazione della valutazione funzionale multidimensionale e delle fragilità per unificare il linguaggio delle tre componenti; l’istituzione della presa in carico dell’anziano iscrivendolo in un continuum assistenziale in cui le soluzioni residenziali siano interconnesse con l’ospedale, il territorio e l’abitazione dell’anziano anche mediante l’espansione dei centri diurni; la formazione di figure professionali adeguate per una presenza sul territorio e nelle abitazioni. 

C’è un paradigma da rovesciare che è quello del superamento dei percorsi frammentati e paralleli: sociale, sanitario e previdenziale vanno integrati tra loro, al fine di offrire una risposta unitaria.

La legge delega dovrà affrontare alcuni compiti precisi: l’intervento previdenziale in tema di servizi domiciliari e di assistenti familiari; l’iter per la realizzazione di un nuovo sistema informativo; le misure assicurative e di incentivazione fiscale per la sostenibilità della long term care; i possibili interventi per la semi-residenzialità e il co-housing; il coinvolgimento del terzo settore nella programmazione, progettazione e sperimentazione.

Dovrà altresì raccogliere, valutare e monitorare le iniziative di sperimentazione da intraprendere oltre che supportare la commissione nel monitoraggio e valutazione della implementazione della riforma assistenziale. 

Per portare servizi alla popolazione anziana occorre accettare la sfida del territorio e dell’abitazione: ciò significa molto di più che assistere bene i nostri anziani. La cosa essenziale è metterli al centro della ricostruzione del tessuto sociale il che vuol dire creare nelle periferie delle nostre città, nei paesi e nelle cittadine medie delle reti di prossimità, assistenza domiciliare, spazi di incontro e cura, centri diurni, che siano occasione di sostegno anche per le famiglie, cioè per quell’altro grande popolo che si prende cura, spesso in mezzo a enormi difficoltà, di chi è avanzato negli anni. Investire in questi servizi significa anche dar lavoro ai giovani che vivono accanto agli anziani, ripensando un modello di rigenerazione urbana e recupero dei territori e del loro patrimonio naturale, artistico e storico. 

© Riproduzione riservata