Le recenti sanzioni europee nei riguardi del gruppo Wagner rappresentano, prima ancora di poterne accertare le capacità di deterrenza, un passo in avanti da parte dell’Unione europea nella comprensione della natura di guerra ibrida condotta da Mosca in differenti aree di crisi.

Sin dal conflitto in Ucraina del 2014, le Private Military Companies (PMCs) russe e in particolare il gruppo Wagner hanno agito nonostante la loro natura privatistica, come un moltiplicatore di forze del Cremlino, estendendo la portata e gli interessi di Mosca attraverso l’invio di consulenti politici, addestramento di personale militare, fornitura d’intelligence, supporto in operazioni militari e traffico d’armi.

L’impiego di contractor di per sé non rappresenta una novità nel panorama dei conflitti contemporanei, come peraltro confermato dai numeri pubblicati dal Watson Institute for International and Public Affairs della Brown University, in occasione del ventennale dell’11 settembre, che ha censito ben 3.917 contractor statunitensi deceduti in Afghanistan tra il 2001 e il 2021 e altrettanti 4.598 in Iraq tra il 2003 e il 2021.

L’anomalia del gruppo Wagner, rispetto alle PMCs occidentali risiederebbe quindi, come analizzato e sostenuto in un recente report del Center for Strategic & International Studies, nei rapporti opachi con le istituzioni militari e l’intelligence russa.

Dall’Ucraina al Mali

Mikhail Metzel, Sputnik, Kremlin Pool Photo via AP

Forte dei successi in Ucraina e Siria, la Russia ha quindi consolidato ed esportato l’impiego del gruppo Wagner in Libia, Mozambico, Sudan, Repubblica Centrafricana, Madagascar, Venezuela e, dallo scorso ottobre, sarebbe in procinto di fornire assistenza al Mali.

È possibile che proprio in relazione al ruolo del gruppo Wagner in Libia, Mali e Repubblica Centrafricana, la Francia abbia convinto gli altri partner europei ad alzare la pressione, attraverso le sanzioni, sul gruppo che il ministro degli Esteri francese Jean-Yves Le Drian ha definito «una compagnia di mercenari che fa la guerra per procura per conto della russi».

La possibilità di poter impiegare PMCs all’estero invece che forze armate convenzionali ha consentito a Mosca di mantenere un basso profilo e limitare le proprie responsabilità in differenti aree di crisi, con costi politici assai limitati anche nei riguardi dell’opinione pubblica russa.

Potendo negare, attraverso il gruppo Wagner, la propria ingerenza in affari extra nazionali, diventa molto più difficile dimostrare il coinvolgimento formale nell’attacco di un altro paese o nell’attività di influenza e destabilizzazione.

Per comprendere il possibile impatto delle decisioni europee sul gruppo Wagner, il cui finanziatore Yevgeny Prigozhin era già oggetto di sanzioni da parte dell’Unione europea per il ruolo esercitato in Libia e da parte del dipartimento del Tesoro americano per il ruolo svolto in Ucraina e Siria e per l’interferenza nelle elezioni statunitensi, si deve inquadrare l’attività del gruppo all’interno del concetto di guerra ibrida condotta dalla Russia.

Tra guerra e pace

Per la Nato, la guerra ibrida è caratterizzata dall’uso simultaneo e coordinato di strumenti di tipo militare unitamente a misure di carattere non militare.

Per Mosca la guerra ibrida è un tipo di guerra, piuttosto che un insieme di mezzi per condurre la politica statale, in cui vengono condotte azioni per influenzare, modellare la governance e l’orientamento geostrategico di uno stato e in cui tutte le azioni, compreso l’uso di forze militari convenzionali, sono subordinate a una campagna di infowar.

A fronte di una mancata e netta demarcazione tra lo stato di guerra e di pace, dell’aumento dell’impiego di forze speciali e delle campagne di infowar, l’impiego del Wagner ha rappresentato una variante della guerra ibrida che si concentra sulla costruzione dell’influenza diplomatica, piuttosto che sulla scelta di puntare esclusivamente su una singola fazione per ottenere una vittoria militare decisiva.

Tale scenario si è manifestato in Libia dove la Russia, tramite il gruppo, ha sostenuto principalmente le forze di Khalifa Haftar nel 2019 ma al contempo è impegnata nel processo negoziale che ha dato vita al governo di unità nazionale del premier Abdel Hamid Dbeibah.

Uno schema di lettura del conflitto apparentemente non lineare che, così come in Siria, dove il Wagner si è coordinato sul campo di battaglia con le forze regolari di Bashar al Assad e con gli Hezbollah libanesi, vede Mosca muoversi su più livelli con l’utilizzo di misure politiche, economiche, mediatiche, umanitarie e, solo in una determinata fase, anche militari.

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