La Casa Bianca interviene dopo che la Russia ha colpito l’Ucraina con oltre 260 droni e missili. Secondo Bloomberg, Putin ora è disposto a un cessate il fuoco (che aveva sempre escluso)
Dopo il trattamento brutale riservato all’Ucraina nell’ultima settimana, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha deciso di mettere sotto pressione anche la Russia. In un messaggio sul social network Truth, postato ieri pomeriggio, ha annunciato: «Visto che la Rusia sta “bastonando” l’Ucraina sul campo di battaglia, sto pensando seriamente a nuove sanzioni bancarie, sanzioni e tariffe fino a che non sarà raggiunto il cessate il fuoco». E per sicurezza ha aggiunto: «Alla Russia e all’Ucraina: sedetevi al tavolo delle trattative prima che sia troppo tardi!».
Passano poche ore e l’agenzia Bloomberg riporta che, secondo fonti vicine al Cremlino, il presidente russo, Vladimir Putin, sarebbe disposto a considerare un cessate il fuoco in Ucraina, un’ipotesi che era sempre stata pubblicamente respinta con forza fino a questo momento – nel suo discorso di fine anno, lo stesso Putin aveva detto: «Non ci serve una tregua, ma una pace: duratura e con garanzie per la Federazione russa». Secondo le fonti interpellate da Bloomberg, il cessate il fuoco sarà un’opzione che si potrà considerare solo se ci saranno effettivi progressi nelle discussioni su una pace finale.
Una risposta alle parole della Casa Bianca? Sembra probabile. L’ultima volta che Trump aveva menzionato le sanzioni alla Russia era lo scorso gennaio, quando aveva minacciato azioni senza precedenti se Putin non si fosse seduto a negoziare. Da allora, le relazioni tra Washington e Mosca sembra che siano andate di bene in meglio, con incontri a Riad e Istanbul e uno scambio quasi quotidiano di osservazioni benevole tra i due capi di stato.
La Russia, però, ha dato segnali crescenti di non essere seriamente interessata a una rapida conclusione della guerra, se non a condizioni del tutto inaccettabili per l’Ucraina. Nelle ultime settimane, Putin ha ribadito che i suoi obiettivi restano massimalisti: occupazione di tutte le quattro regioni annesse alla Russia, compresi i territori ancora sotto controllo ucraino, niente cessate il fuoco per favorire le trattative, niente truppe europee dopo la fine delle ostilità. Insomma, una lista di richieste che sembra fatta apposta per non essere accettata e che, forse, ha iniziato a innervosire anche il più che ben disposto presidente americano.
Attacco all’alba
Non è chiaro invece se la decisione di Trump abbia a che fare con l’enorme attacco aereo lanciato ieri notte dalla Russia contro l’Ucraina, il primo così massiccio da oltre un mese.I russi hanno lanciato in tutto più di 260 droni e missili, compresi venti missili da crociera della flotta del Mar Nero. Obiettivo: le infrastrutture energetiche e per la distribuzione del gas dell’Ucraina occidentale e meridionale. In tutto, 18 persone sono rimaste ferite, mentre la città di Odessa è rimasta in parte senza luce e diverse abitazioni civili in tutto il paese sono finite sotto attacco. Alla difesa dello spazio aereo ucraino hanno partecipato per la prima volta i caccia Mirage 2000, donati dalla Francia, che si sono affiancati agli F16 di fabbricazione americana che operano ormai da mesi.
Secondo gli esperti, attacchi di questo tipo richiedono settimane di pianificazione e i russi avrebbero avuto tutto il tempo di interrompere il bombardamento per dimostrare la loro buona volontà nei confronti dei negoziati in corso. Il fatto che l’attacco sia stato comunque messo in atto sarebbe quindi un segnale politico.
Forse il Cremlino voleva saggiare come la difesa aerea ucraina si sarebbe comportata senza il sostegno Usa. Quello di ieri notte è stato infatti il primo grande attacco aereo da quando gli Stati Uniti hanno interrotto la condivisione delle informazioni tattiche e strategiche con gli ucraini, fondamentale sia per colpire obiettivi nemici, sia per difendersi da missili e droni.
Risultato: nei cieli che circondano l’Ucraina ieri non c’erano gli aerei radar americani che per tre anni hanno fornito supporto alla difesa area di Kiev, ma solo aerei Nato.
A Kiev, però, trattano la questione con prudenza: nessun afferma esplicitamente che gli Stati Uniti sono stati completamente assenti ieri sera e, secondo alcune fonti, il blocco dell’intelligence è più selettivo e meno esteso di quanto si potesse pensare all’inizio. Qualche informazione, sembra, continua a passare, ma gli ucraini hanno poche ragioni per sbandierarlo in giro.
Soddisfazione di Kiev
In queste montagne russe diplomatice, in cui ogni giorno sembra rovesciare gli assunti dati per certi fino alla sera prima, sembra che siamo entrati in una nuova fase di cooperazione tra Stati Uniti e Ucraina, dopo il nadir nelle relazioni tra i due paesi raggiunto negli ultimi giorni.
In una serie di interviste rilasciate ieri, il consigliere di Zelensky, Mikhailo Podolyak, si è spinto a dire che i rapporti con gli Usa «sono stati sostanzialmente ristabiliti» e che al momento è in corso un «lavoro costruttivo» per arrivare alla firma dell’accordo minerario ed iniziare vere e proprie trattative di pace. Martedì, in Arabia Saudita, delegati americani e Ucraina si incontreranno per discutere i passi futuri verso un accordo di pace. Nel frattempo, anche il presidente Zelensky ha da festeggiare. Secondo un sondaggio pubblicato ieri, la fiducia degli ucraini nei suoi confronti è salita, dopo gli attacchi di Trump, dal 52 al 67 per cento.
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