Xi Jinping sbarcherà domenica a Parigi, da dove inizierà il suo primo tour europeo post-Covid. Un viaggio che arriva in un momento delicato, con la Cina accusata di sostenere lo sforzo bellico russo e di inondare il mercato europeo di auto elettriche e pannelli solari sussidiati dal governo.

Il presidente cinese si tratterrà oltralpe fino a martedì, per celebrare il sessantesimo anniversario delle relazioni diplomatiche Francia-Repubblica popolare cinese e, dopo un passaggio in Serbia, affronterà una lunga (8-10 maggio) visita di stato nell’Ungheria di Viktor Orbán.

Secondo quanto anticipato dall’Eliseo, lunedì Emmanuel Macron inviterà Xi a «utilizzare su Mosca le leve della Cina, per cambiare i calcoli della Russia e contribuire alla risoluzione del conflitto». Oltre a ripetere questo appello, pronunciato già un anno fa durante il suo viaggio a Pechino, il presidente francese «esprimerà inquietudine per l’attività di certe imprese cinesi che potrebbero favorire direttamente in maniera significativa lo sforzo di guerra della Russia».

Mentre Macron parlerà, a Washington sono già passati all’azione. Mercoledì scorso il dipartimento di stato e del tesoro hanno infatti sanzionato una ventina di aziende cinesi che esporterebbero oltre confine tecnologia a doppio uso (civile-militare), soprattutto sistemi di navigazione satellitare, ma anche per la produzione di energia. L’amministrazione Biden ha avvertito che, se necessario, inasprirà ulteriormente le sanzioni.

Ma, a ricordare che quello tra Cina e Stati Uniti è un rapporto ormai visto come fondamentalmente “conflittuale” da entrambe le parti, Xi ha scelto di essere a Belgrado per l’anniversario del 7 maggio 1999, quando i caccia della Nato bombardarono l’ambasciata cinese in Serbia, uccidendo tre giornalisti e ferendo una ventina di persone.

Venticinque anni dopo, l’Alleanza atlantica ha definito la Cina “una sfida”, mentre Pechino assiste allarmata ai tentativi di formare una “mini-Nato” nel Pacifico.

Meloni assente

Macron da parte sua solleciterà più investimenti nella “battery valley” che sta sorgendo nel nord-est del paese per alimentare i veicoli elettrici di Renault e altri produttori europei, tra i finanziatori della quale figura la cinese Envision Aesc.

Xi sarà pronto a offrire la disponibilità della Cina per un progetto cruciale per l’industria di un paese il cui leader dice di voler puntare sulla “autonomia strategica” dell’Europa (per sostenere la quale i tedeschi sono contrari all’emissione di eurobond) e che un anno fa su Taiwan ha dichiarato che l’Europa deve resistere alle pressioni di Washington ed evitare di «rimanere prigioniera in crisi che non sono nostre».

Nel menù ci sarebbe anche un grosso ordine di aerei Airbus e accordi di collaborazione sull’energia nucleare. Per i media cinesi è la prova che Europa e Cina vogliono mantenere una cooperazione reciprocamente vantaggiosa anche nel nuovo contesto segnato dalla competizione geopolitica.

Tocca a questo punto aprire una parentesi sulla sempre più manifesta irrilevanza dell’Italia. In un’Europa nella quale Parigi e Berlino (e Budapest, Madrid…) si sforzano di promuovere con Pechino i propri interessi nazionali, l’Italia appare in enorme ritardo.

Basta dare una scorsa al calendario delle visite ufficiali da quando si è insediato il governo Meloni: Macron è stato in Cina ad aprile 2023, reciprocato ora da Xi, il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, si è recato in Cina nel novembre 2022 e il mese scorso, Orbán è stato a Pechino nell’ottobre 2023 e Xi ricambierà mercoledì. Giorgia Meloni mai. Il viaggio a Pechino della presidente del Consiglio, atteso per il mese di luglio, non è stato ancora ufficializzato.

Come che sia, si tratta di una situazione più che vantaggiosa per la Cina, che grazie alle divisioni degli europei, può trattare da una posizione di forza su commercio e investimenti, senza subire alcuna pressione significativa su altri dossier, a cominciare dalla guerra in Ucraina e dal suo crescente sostegno economico alla Russia.

Aggiungi un posto a tavola

Per “europeizzare” l’incontro con Xi, Macron ha coinvolto Ursula von der Leyen, che lunedì sarà a Parigi con i due capi di stato. La presidente della Commissione europea – fautrice del “de-risking”, di un approccio alla Cina simile a quello Usa – un anno fa si era presentata a Pechino assieme al presidente francese. I due avevano impersonato il poliziotto buono e quella cattiva, senza ottenere nulla: i rapporti tra Cina e Unione europea restano freddi dalle sanzioni che i due blocchi si sono scambiati dal 2021, e Pechino continua a difendere i suoi interessi facendo leva sulle relazioni bilaterali, anzitutto con Berlino e Parigi.

Nel 2023 Macron e von der Leyen erano stati preceduti di qualche mese da Olaf Scholz (accorso a Pechino per congratularsi per la rielezione di Xi al XX congresso del partito) che, come si è visto il mese scorso, tratta con la Cina come chi deve difendere corporation che hanno accumulato investimenti colossali in Cina e che in alcuni casi (come quello di Siemens per l’industria 4.0 e Bosch per l’idrogeno) stanno accompagnando il gigante asiatico verso la sua prossima tappa di sviluppo.

Giovedì sera Macron e Scholz si sono incontrati a cena a Parigi, in un faccia a faccia senza consiglieri nel quale il presidente avrebbe provato a convincere il cancelliere a unirsi a lui e von der Leyen lunedì. Vedremo.

Inchiesta anomala

Ma la Germania è contraria alla linea von der Leyen, che con il sostegno della Francia nell’ottobre scorso ha lanciato un’anomala inchiesta “anti-sussidi” sui veicoli elettrici importati dalla Cina, che rischia di danneggiare quei marchi europei che, come Bmw, producono in Cina per esportare. L’indagine avviata da Bruxelles è partita ex officio, si focalizza su possibili pericoli futuri e non su eventuali danni accertati all’industria europea e si concentra su Byd, Saic e Geely, tralasciando i brand occidentali, che hanno goduto di vantaggi simili a quelli dei concorrenti cinesi.

Comunque sia, secondo le stime di Rhodium Group - a causa dei costi di produzione notevolmente più bassi - per rendere il mercato europeo meno attraente per le esportazioni dei brand cinesi i dazi dovrebbero essere portati dall’attuale 10 per cento al 45-55 per cento, una mossa insostenibile politicamente.

«La nostra posizione è molto chiara: vogliamo investimenti cinesi in questo campo in Francia», ha spiegato a South China Morning Post una fonte dell’Eliseo. «Ciò non vale solo per la questione dei veicoli elettrici, ma più in generale per le aziende cinesi che dispongono di tecnologie all’avanguardia». «Regoliamo troppo, non investiamo abbastanza, non proteggiamo abbastanza», ha dichiarato giovedì Macron in un’intervista all’Economist.

La linea di Scholz è un’altra. Il mese scorso il cancelliere ha fatto pressioni su Xi per un migliore accesso al mercato cinese per le aziende tedesche. Ma sull’inchiesta anti-sussidi della Commissione ha manifestato la sua contrarietà, affermando che l’Ue non dovrebbe agire per interessi protezionistici, anche se la Cina dovrebbe promuovere una concorrenza leale.

Il 23 aprile scorso su ordine della Commissione sono state perquisite le sedi olandesi e polacche della società cinese Nuctech, alla ricerca di prove di sussidi statali. Si è trattato della prima ispezione effettuata ai sensi del regolamento sulle sovvenzioni estere, in vigore da luglio 2023, che mira a garantire condizioni di parità per tutte le aziende che operano nel mercato unico. Ancora, la scorsa settimana Bruxelles ha avviato un’indagine sull’accesso al mercato nel settore degli appalti cinese e annunciato restrizioni contro le app TikTok e Shein.

In definitiva, con il cognac (sotto inchiesta-rappresaglia in Cina) che Macron a quanto pare gli offrirà nella cena di lunedì Xi potrà fare un brindisi ai “tre sapori” – come direbbero a Pechino –, ovvero alle tre differenti linee dell’Unione europea sulla Cina: Commissione, Francia e Germania.

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