È stata una settimana densa di appuntamenti politici per il presidente russo Vladimir Putin: il discorso sullo stato della nazione, la partecipazione al summit climatico organizzato dal presidente americano Joe Biden, l’incontro con il presidente bielorusso Aleksandr Lukashenko e le manifestazioni di protesta a sostegno di Aleksej Navalny.

Questi eventi delineano un quadro piuttosto chiaro dell’agenda politica del Cremlino nei prossimi mesi. Vediamo nel dettaglio. Nel discorso all’Assemblea federale (il parlamento russo), durato un’ora e venti minuti, il presidente Putin ha delineato la roadmap per la ripresa socioeconomica del paese nella fase post Covid. I destinatari delle politiche di welfare sono i nuclei familiari o monoparentali che riceveranno a partire dal 1° luglio sussidi mensili di circa 124 euro per i bambini sino a tre anni, di 62 euro per la fascia d’età 8-16, di 70 euro per le donne in maternità e una tantum di 110 euro a tutte le famiglie in età scolare. Non è la prima volta che Putin stanzia risorse per le famiglie. Già nel 2007 il governo russo aveva introdotto il “capitale materno”, un sussidio di 8.600 euro all’anno per aumentare i livelli di fertilità e il 2008 era stato celebrato come “l’anno della famiglia”. Putin ha sottolineato che le famiglie e le nuove generazioni devono «sentire il sostegno della società e dello stato», ma questa attenzione al welfare nasconde un problema più ampio che risale al crollo dell’Urss: il calo demografico.

Questione demografica

Il declino della fertilità, che si attesta sui valori della Seconda guerra mondiale (1,5 figli per donna), e l’aumento della mortalità, soprattutto per malattie cardio-circolatorie, hanno avuto effetti negativi sulla densità della popolazione russa che, in base alle stime ufficiali, nel 2030 si attesterà a 138,2 milioni (ora 146,793 milioni). Non stupisce, pertanto, che Putin si concentri sull’aumento dei redditi e sulle politiche scolastiche («nessun altro paese investe nella scuola come la Russia»), investendo 750 milioni sino al 2024.

Inoltre, si conferma l’attenzione nei confronti delle iniziative culturali (3,5 milioni del fondo presidenziale), degli insegnanti (aumento salariale di 55 euro), delle imprese e, soprattutto, della sanità con un piano di 116,2 milioni per la formazione e assunzione di medici e pediatri nelle regioni.

Nel discorso di Putin sono quindi emersi alcuni aspetti significativi. In primo luogo, il periodo temporale di alcune misure dimostra che la campagna elettorale per le elezioni parlamentari del prossimo settembre è iniziata ed è rivolta, prevalentemente, verso il suo tradizionale “bacino elettorale” (ceto medio, parastatale, ecc.) di riferimento. Non solo. L’estensione di alcuni sussidi sino al 2024/2026 potrebbe indicare l’intenzione di una sua ricandidatura alle elezioni presidenziali del 2024 sulla base di un’onda lunga delle elezioni politiche. In secondo luogo, i fallimenti delle politiche di welfare sinora condotte sono state largamente imputate ai governatori delle singole repubbliche (non è un caso che Putin stia licenziando e sostituendo alcuni governatori).

La tandemocrazia

In sintonia con la “tandemocrazia” russa si potrebbe, quindi, riassumere: al presidente Putin i meriti della pianificazione e al capo dei governi precedenti, l’ex presidente Dmitrii Medvedev, i demeriti della sua inefficace implementazione nell’ultimo decennio. Il presidente Putin è consapevole che “la società vuole il cambiamento”, ma la “ricetta” che propone pare sempre la stessa: sostegno economico alla popolazione per mantenere il consenso elettorale e una nuova governance con un turnover di alcune posizioni apicali locali. Ma con l’aggiunta di garantire l’accesso gratuito all’università al 60 per cento degli studenti nel tentativo di erodere il fascino che l’oppositore Navalny esercita sui giovani. I dati ufficiali (15mila persone) e quelli dei dissidenti (25mila) della manifestazione ci indicano che, da un lato, continuano i fermi e gli arresti (1.631) e le minacce di sanzioni ai sostenitori del blogger e, dall’altro, vi è un’oggettiva difficoltà alla mobilitazione mentre si consolida “lo zoccolo duro” (18-39 anni) che ha partecipato alle proteste dello scorso gennaio.

La battute finali del discorso di Putin hanno, invece, riguardato la politica internazionale con un tono decisamente perentorio: sarà la Russia a determinare la “linea rossa” nei rapporti con gli altri paesi, non il contrario. Se ci saranno sconfinamenti in aree che considera di suo interesse vitale, la reazione del Cremlino sarà «asimmetrica, rapida e dura».

Le prime linee rosse di demarcazione dell’interesse nazionale di Mosca sono in Ucraina e Bielorussia. Dall’incontro di Putin con il presidente Lukashenko è emerso un rapporto più saldo economicamente, politicamente e militarmente, volto anche a migliorare il quadro normativo per la costruzione dello stato dell’Unione. In particolare, Putin ha rimproverato i paesi occidentali per non aver condannato il tentativo di golpe e di assassinio di Lukashenko in Bielorussia a opera dei servizi segreti americani. La notizia dello smantellamento dell’esercito russo ai confini dell’Ucraina orientale diffusa dal ministro della Difesa, Sergej Shoigu, lascia, invece, presupporre che la principale strategia del Cremlino sia stata quella di verificare le reazioni delle parti in gioco (Stati Uniti, Unione europea e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky), lanciando l’ennesima intimidazione. Inoltre, Putin ha invitato Zelensky a Mosca dopo aver declinato quello proposto dal presidente ucraino nel Donbass che, per il Cremlino, è una questione che riguarda esclusivamente Zelensky e la popolazione filorussa di quei territori.

L’espulsione dopo il caso Biot

Sorprende invece l’assenza di toni polemici verso gli Usa di Biden, dimostrando un’apertura e la volontà di un dialogo costruttivo di Putin emerso durante la conferenza climatica; un segnale distensivo, percepito dagli analisti come un grande lavoro diplomatico a opera di John Kerry, inviato speciale Usa per il clima, con il ministro degli Esteri Sergej Lavrov. Per quanto riguarda il nostro paese è arrivata ieri la reazione del Cremlino all’espulsione dei due russi collegati al “caso Biot” con un comunicato che recita: «All’ambasciatore italiano Pasquale Terracciano è stata consegnata una nota del ministero che dichiara “persona non grata” l’assistente addetto alla Difesa e addetto navale Curzio Pacifici come rappresaglia per le azioni ostili e ingiustificate delle autorità italiane nei confronti dell’addetto militare presso l’ambasciata di Roma della Federazione Russa». La Farnesina ha espresso «profondo rammarico» per la decisione presa dal governo russo che è, però, in linea con la tradizione sovietica di “reciprocità” dell’azione: “vendicarsi” sempre delle espulsioni occidentali pubblicizzate – soprattutto per accontentare i nazionalisti – ed evitare di apparire deboli o l’ammissione di colpa.

Infine, l’istituto di sondaggio (VTsIOM) ha pubblicato i dati sull’approvazione dell’operato e sulla fiducia al presidente Putin dopo il suo discorso alla nazione: il 63 per cento dei russi approvano l’operato presidenziale e il 65,7 per cento esprime la fiducia a Putin. Un aumento di 3,1 e 0,9 punti percentuali rispettivamente nell’ultima settimana che sembrerebbe confermare l’atteggiamento dei russi a preferire la stabilità economica a maggiori margini di libertà. Il benessere economico dei russi è la strategia che il presidente Putin ha sempre attuato, riscontrando un consenso duraturo nel tempo. Vedremo se alle elezioni parlamentari del prossimo settembre, dove si prefigge un calo di voti del “partito del potere” Russia unita, il Cremlino riuscirà a superare un autunno caldo per lanciare la candidatura di Putin, con più tranquillità, alle presidenziali del 2024. Nel frattempo, il dissidente Navalny, che ha ripreso ad alimentarsi ed è stato visitato da medici indipendenti, è sempre più solo.

 

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