È difficile trovare un simbolo più efficacie della passata potenza militare e industriale sovietica della fabbrica di carri armati Malyshev di Kharkiv. Qui venne disegnato il T-34, il leggendario carro armato che avrebbe guidato le armate di Stalin fino a Berlino. Neglli dell’Urss, lo stabilimento era arrivato a impiegare oltre 60mila. Ridotta a 5mila lavoratori dopo la caduta dell’Unione sovietica, la Malyshev ha continua a produrre e ammodernare carri armati per l’Ucraina indipendente.

Oggi, questo monumento alla storia militare sovietica è in rovina dopo che lo scorso 7 marzo è stato distrutto in un coordinamento attacco aereo e di artiglieria da parte delle truppe russe. È una sorte comune per l’industria delle armi ucraina. La “de-militarizzazione” del paese, che inizialmente Putin sembrava voler ottenere con un cambio di regime, ora sta procedendo con la distruzione fisica delle sue fabbriche di armi.

Un’industria moderna

L’industria della difesa ucraina era l’orgoglio dell’economia del paese. In tutto, contava 130 aziende con oltre un milione di dipendenti. Nel 2012, l’anno migliore per il settore, l’Ucraina era il quarto paese al mondo per valore delle esportazioni militari.

Formata da storiche fabbriche di epoca sovietica, concentrata nella parte orientale del paese, e nuove compagnie create negli successivi all’indipendenza, il settore è coordinata dalla potente lobby pubblica degli armamenti Ukroboronprom, che il governo cerca di riformare da anni.

Anche se le sue radici affondano negli anni dell’Unione sovietica, l’industria ucraina ha continuato a modernizzarsi e a produrre armi sofisticate e destinate soprattutto al mercato dell’esportazione. Fino al 2014 era altamente integrata con l’industria militare russa, per cui produceva avanzati componenti fondamentali per molti dispositivi.

In Ucraina, ad esempio, è stato sviluppato il carro armato T-64, il più moderno al mondo ai tempi della sua introduzione. In anni più recenti, le stesse fabbriche hanno prodotto il Btr-4, un veicolo da combattimento per fanteria dotato di un’avanzata torretta telecomandata.

Scafi e motori di navi vengono realizzati nei cantieri navali e nelle fabbriche di Mikolayev, mentre lo stabilimento Antonov di Kiev è tra i più sofisticati al mondo per la produzione di aerei da trasporto. Per quanto riguarda le armi leggere, le forze speciali ucraine utilizzano il Malyuk, un fucile d’assalto dall’aspetto futuristico prodotto in Ucraina occidentale, mentre il missile anticarro indigeno Stugna è apprezzato dai suoi operatori almeno quanto il più famoso Javelin prodotto negli Stati Uniti.

I danni

Gli attacchi contro le fabbriche di armi ucraine sono iniziati lo scorso 6, circa due settimane dopo l’inizio dell’invasione, quando è diventato evidente il fallimento dell’iniziale colpo di mano su Kiev.

Lo stabilimento Malyshev di Kharkiv, praticamente sulla linea del fronte, è stato tra i primi a essere colpiti già il 7 marzo. Pochi giorni dopo i russi hanno bombardato la fabbrica di aerei Antonov di Kiev. Poi è stato il turno dello stabilimento per la produzione di carri armati di Zhytomir e della fabbrica di armi leggere Fort Rpc di Vinnytsia. La scorsa settimana, bombe russe hanno distrutto l’impianto Vizar di Kiev, dove vengono prodotti i missili antinave Neptune, che secondo ucraini e americani avrebbero colpito e affondato l’incrociatore russo Moskva – il bombardamento della fabbrica è stato presentato come una vendetta per la distruzione della nave.

Nel suo ultimo comunicato, datato 16 marzo, Ukroboronprom scriveva che tranne una fabbrica nei territori occupati dalla Russia, tutte le imprese associate erano in piena funzionamento. Da allora, però, la situazione sembra molto peggiorata. Lo scorso 31 marzo, il consigliere del presidente ucraino Oleksiy Arestovych aveva detto senza mezzi termini che la Russia ha «praticamente distrutto la nostra industria degli armamenti».

Le conseguenze

Tra chi sta tenendo d’occhio la situazione dell’industria degli armamenti ucraini ci sono in particolare i suoi clienti internazionali. Il governo indiano, ad esempio, è tra i principali acquirenti dei prodotti di Ukroboronprom. La scorsa settimana, fonti del ministero della Difesa hanno fato sapere, con un certo sollievo, che la fabbrica di turbine a gas di Mikolayev, da cui l’India dipende per la fornitura di motori e parti di ricambio per le sue navi da guerra di produzione russa, non è stata danneggiata ed è pronta a riprendere la produzione non appena la situazione migliorerà.

Si tratta però di un’eccezione. Al momento gli ucraini sembrano in difficoltà nel produrre anche i materiali militari più semplici, come le munizioni. È un problema perché le forze armate ucraine sono dotate soprattutto di armamenti di epoca sovietica, che richiedono proiettili e parti di ricambio che anche negli ex paesi membri del Patto di Varsavia non si producono più, mentre le riserve ancora conservate in paesi come Polonia e Repubblica ceca sono state già tutte consegnate all’Ucraina e utilizzate, come ha raccontato un funzionario ucraino al Washington Examiner.

Gli ucraini, ad esempio, avrebbero finito proiettili del calibro standard utilizzato dalla loro artiglieria, il 152 millimetri sovietico. Per continuare a utilizzare una delle loro armi più efficaci, quindi, hanno bisogno non solo di proiettili prodotti dai paesi Nato, che utilizza il calibro 155 millimetri, ma anche di nuovi cannoni con cui spararli.

Con l’aumento delle forniture militari dell’occidente, i danni all’industria delle armi ucraine sembra che siano stati in parte compensati. Di certo, fino ad ora, sembra che le performance dell’esercito ucraino non ne hanno risentito. Ma questa vasta distruzione rappresenta pur sempre una simbolica vittoria per Putin. Quando vorrà ritirarsi o aprire nuovi negoziati, potrà dire di aver demilitarizzato l’Ucraina avendo distrutto gran parte delle sue fabbriche di armi. È una delle numerose grottesche ironie di questa invasione che in quel caso, la dichiarazione di vittoria arriverà sulle macerie di fabbriche che non solo hanno fatto la storia della Russia, ma che fino a pochi anni fa producevano armi per il suo stesso esercito.

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