Secondo il Piano nazionale integrato per l’energia e il clima (Pniec), l’esecutivo non ha raggiunto target climatici adeguati. Bocciatura anche dal Wwf Italia: «Non esiste una politica coerente sul clima»
Il governo Meloni è in carica dal 22 ottobre 2022. Sono passati tre anni - tre anni nel decennio decisivo per contenere il riscaldamento globale - e l’esecutivo sembra non aver fatto abbastanza per affrontare la crisi climatica. L’Italia, non a caso, non rispetterà molti degli obiettivi di decarbonizzazione previsti dagli impegni europei, e l’ambiente è oggi la materia con il maggior numero di infrazioni da parte della Commissione europea a carico del nostro paese: 22 su 67 totali.
A confermare il mancato raggiungimento dei target climatici è il principale documento di riferimento per la riduzione delle emissioni nazionali: il Pniec, il Piano nazionale integrato per l’energia e il clima. Secondo le analisi elaborate dal centro studi Ecco sull’ultima revisione, l’Italia punta a una riduzione del 40% dei gas climalteranti entro il 2030 rispetto al 1990 - anziché del 43,7%, come previsto dall’Ue - nei settori Effort sharing, ossia quelli non coperti dal sistema europeo di scambio delle emissioni.
Politica energetica contraddittoria
A bocciare l’operato del governo è anche Wwf Italia, che ha pubblicato le sue “pagelle” sull’azione climatica e ambientale dell’esecutivo. Il giudizio è netto: «Non esiste una politica coerente sul clima». Alla base di questa insufficienza c’è una politica energetica contraddittoria e ideologica, che alterna annunci sulle rinnovabili a scelte favorevoli al gas, al carbone e al nucleare.
Il governo ha recentemente prorogato l’attività di due centrali a carbone - a Brindisi e Civitavecchia - e, allo stesso tempo, ha rilanciato l’idea di un “nucleare sostenibile”, approvando una delega che stanzia 7,5 milioni di euro tra il 2025 e il 2026 per promuovere il ritorno all’atomo entro il 2035. L’esecutivo intende puntare sui mini-reattori nucleari, secondo un piano che però non coincide con i tempi utili a contenere il riscaldamento globale: nessun reattore modulare è infatti ancora operativo in Europa, e i tempi di realizzazione - tra i dieci e i quindici anni - rendono nullo il contributo di questo nucleare nel percorso verso il 2030.
Nel frattempo, nonostante le lunghe attese burocratiche per l’approvazione degli impianti a energia rinnovabile, in Italia nel 2024 il 41,2% dell’energia elettrica è stata prodotta da fonti pulite. Eppure il governo continua a diffondere l’idea che eolico e solare siano insufficienti o invasivi e, allo stesso modo, che sia meglio far viaggiare le auto a biocarburante piuttosto che a elettricità.
Così, alla Cop30 sul clima, che si terrà a Belém a novembre, la mossa dell’Italia sarà quella di spingere il più possibile sul settore dei biofuel, facendoli passare come alternative sostenibili agli attuali combustibili, per conservare di fatto il sistema dei motori endotermici su cui si regge lo storico comparto nazionale dell’automotive.
Tuttavia, secondo un’analisi del centro studi Transport & Environment, i biofuel possono generare fino al 16% di emissioni in più rispetto ai combustibili fossili se si considera l’intero ciclo di vita, oltre a sottrarre enormi quantità di materie prime alla produzione alimentare. Nel 2023, ad esempio, l’industria dei biocarburanti ha utilizzato 150 milioni di tonnellate di mais e 120 milioni di tonnellate di canna e barbabietola da zucchero.
Gli attacchi alla transizione
In questi anni, poi, il governo ha avuto l’occasione di imprimere una forte accelerazione alla transizione ecologica grazie ai fondi europei del Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza), ma ha dimostrato notevoli limiti nel saperli utilizzare. L’Italia ha per ora ricevuto 122 miliardi di euro dei 194,4 assegnati, ma ne ha spesi solo il 38,2%. Ancora più basso è il tasso di utilizzo delle risorse destinate ai progetti per la transizione ecologica: appena il 13%.
Per questo il Wwf chiede di accelerare l’attuazione della Missione 2 - quella relativa alla transizione verde -, semplificare le procedure burocratiche, rafforzare il monitoraggio degli indicatori ecologici e integrare criteri ambientali vincolanti in tutte le missioni del Piano.
L’associazione denuncia anche una visione del governo incapace di integrare sostenibilità ambientale e sviluppo economico. La retorica dell’esecutivo è invece incentrata sugli eccessivi costi della transizione, ma i dati del rapporto annuale 2025 dell’Osservatorio rinnovabili di Agici dimostrano il contrario: mancare gli obiettivi di decarbonizzazione costerebbe all’Italia 137 miliardi di euro entro il 2050, con 585 milioni di tonnellate di anidride carbonica in più e 342 mila posti di lavoro potenziali persi.
Mancano due anni alla fine della legislatura – due anni nel decennio decisivo per contenere il riscaldamento globale – e l’invito del Wwf al governo è chiaro: approvare una legge sul clima per rendere vincolanti gli obiettivi di riduzione delle emissioni, subordinare i finanziamenti pubblici a criteri ambientali e garantire equità sociale nella transizione.
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