Negli ultimi anni abbiamo assistito a un’escalation della repressione dei movimenti ecologisti e degli attivisti in Europa e nel mondo. Nonostante ciò, persone da ogni angolo del pianeta continuano a organizzarsi e lottare per difendere le terre e i beni comuni contro l’accaparramento, la privatizzazione e gli interessi delle grandi multinazionali. Se i governi pensano di poter fermare questo sollevamento globale criminalizzando e reprimendo i movimenti, sbagliano: ciò che cresce dappertutto, non può essere sciolto.

Il 21 giugno su ordine del Consiglio dei ministri, il movimento ecologista e contadino francese Soulèvements de la Terre (i “Sollevamenti della Terra”) è stato sciolto, scatenando reazioni molto forti nell’opinione pubblica. La dissoluzione arriva dopo mesi di grande repressione nei confronti del movimento, attraverso perquisizioni, indagini, minacce, arresti e fogli di via. Per quanto i Sollevamenti siano una coalizione di movimenti senza uno statuto giuridico specifico, la dissoluzione comporta nel concreto numerose restrizioni, quali il divieto di usare l’identità visiva, il nome, gli slogan, i loghi, organizzare riunioni, reclamare la propria appartenenza al movimento, pena fino a tre anni di reclusione e 45mila euro di multa. Un’inchiesta pubblicata sul giornale ecologista Reporterre ricostruisce in che modo il potente sindacato agricolo Fnsea avrebbe fatto pressione sul governo per spingere alla dissoluzione del movimento, che sin dalla sua nascita si oppone all’agricoltura industriale.

La dissoluzione è un fatto gravissimo anche perché apre la porta a un nuovo livello di repressione e criminalizzazione dei movimenti ecologisti in Francia e in Europa. Oggi si tratta dei Sollevamenti della Terra, domani potrebbe toccare a Ultima Generazione, Extinction Rebellion, i sindacati di base, o qualsiasi altra organizzazione o movimento in disaccordo con le politiche ecocide e antisociali portate avanti dai nostri governi.

La repressione dei movimenti di protesta

Per il ministro dell’Interno Gérald Darmanin, tra i promotori della dissoluzione, «non c'è giustificazione possibile alle azioni violente promosse e praticate dal gruppo». Eppure sono in molti a contestare la scelta del governo, e a chiedersi da che parte si trovi la violenza in questione. Durante la mobilitazione del 25 marzo a Sainte-Soline, la polizia ha lanciato più di 4mila granate sulla folla, causando 200 feriti di cui due in fin di vita. Una situazione simile si è ripetuta il 17 giugno nella Val Maurienne durante la manifestazione contro la Tav Torino-Lione, dove le cariche della polizia hanno fatto 50 feriti di cui 6 ospedalizzati. Un fotografo in particolare è stato colpito da una granata sparata ad altezza d’uomo, come mostra un video divenuto virale.

Che si tratti del movimento sociale contro la riforma delle pensioni o di quelli ecologisti e contadini per l’acqua, ogni forma di conflitto e dissenso sono stati ridotti al silenzio attraverso la repressione della polizia. Persino le Nazioni Unite, Amnesty International e la Lega dei Diritti Umani si sono dette preoccupate dal livello repressivo messo in atto dalla polizia contro i manifestanti in Francia.

Numerosi intellettuali e scienziati di fama mondiale condividono le preoccupazioni espresse dalle Nazioni Unite e si sono schierati a favore del movimento, come il premio Nobel della letteratura Annie Ernaux e la climatologa dell’IPCC Valérie Masson-Delmotte o ancora la scrittrice canadese Naomi Klein. Anche Greta Thunberg, che si trovava a Parigi il giorno della dissoluzione, è accorsa davanti al Consiglio di Stato per portare il suo sostegno al movimento.

La legittimità della disobbedienza civile

La radicalità delle azioni dei Sollevamenti della Terra, come i sabotaggi e le occupazioni, si spiegano di fronte alla gravità dell'emergenza climatica senza precedenti in cui ci troviamo. Per la deputata dei Verdi Sandrine Rousseau «sciogliere i Sollevamenti della Terra in un momento in cui il Canada è in fiamme, l'oceano bolle, gli uccelli scompaiono e il Pfas è nei nostri capelli, rileva del negazionismo o dell’incoscienza».

Dello stesso parere è anche il celebre scrittore Alain Damasio, per cui le azioni di sabotaggio dei mega-bacini non sono da considerare violente, ma al contrario legittime per lottare contro l’accaparramento delle risorse idriche e fare dell’acqua un bene comune. Lo scrittore comprende la frustrazione della nuova generazione di fronte al muro delle istituzioni: «Abbiamo esaurito tutti i mezzi democratici di contestazione. Abbiamo scritto libri, articoli, tribune, firmato petizioni, organizzato manifestazioni, azioni pacifiche e non siamo mai stati ascoltati. Lo abbiamo visto anche con la riforma delle pensioni: 14 manifestazioni partecipate da milioni di persone, e non un passo indietro da parte del governo».

Cambio di paradigma

Né le COP, né le manifestazioni per il clima sono riuscite a imporre un cambio di paradigma radicale al modello capitalista basato sull’estrazione e lo sfruttamento delle risorse e delle persone. Perché questo avvenga, serve costruire un nuovo rapporto di forza nei territori, massificare le lotte e convergere insieme, nonostante le differenze che ci dividono. È quello che hanno cercato di fare i Sollevamenti della Terra attraverso le numerose mobilitazioni contro l’accaparramento dell’acqua nei mega-bacini idrici o ancora contro i cementifici di Lafarge e le fabbriche di pesticidi di Monsanto.

Contro la violenza insita nel sistema capitalistico, i Sollevamenti della Terra praticano il disarmo. Per loro, sono le grandi multinazionali inquinanti i veri ‘eco-terroristi’ da neutralizzare attraverso le pratiche di disobbedienza civile. «Lafarge e i suoi complici non sentono la rabbia delle generazioni che lasciano senza futuro. I loro silos e i loro miscelatori sono armi che ci uccidono. Non si fermeranno a meno che non li costringeremo. Smantelleremo noi stessi queste infrastrutture di disastri», hanno scritto in un comunicato dopo l’azione di sabotaggio nel cementificio vicino a Marseille; e ricordiamo che la multinazionale del cemento in questione è stata accusata lo scorso anno di «complicità in crimini contro l’umanità» per aver finanziato l’ISIS per diversi milioni di euro mediante le attività di un suo cementificio in Siria.

Termometro o temperatura?

Lo stesso principio anima le azioni condotte contro i mega-bacini idrici a Sainte-Soline. Come spiega l’idrologa francese Emma Haziza, si tratta di giganteschi bacini artificiali interamente ricoperti da teli di plastica, per un'estensione pari a 10 campi da calcio. Per essere riempiti questi crateri lunari richiedono il pompaggio dell'acqua dai fiumi o dalle falde sotterranee, tutto ciò per rifornire d’acqua le grandi colture di mais destinate all'esportazione o al mangime per animali. Nonostante il costo ammonti a svariati milioni di euro, il 70 per cento dei quali sarà coperto da fondi pubblici, queste strutture andranno a beneficio solo di un numero limitato di agricoltori, creando ulteriori disuguaglianze nell’accesso alla risorsa idrica.

Le rivendicazioni che animano i Sollevamenti come l’accesso all’acqua e alla terra sono al centro delle fratture che la crisi climatica ed ecologica andrà ad amplificare ulteriormente nei prossimi anni. Per questo motivo, scioglierli non servirà a nulla, se non ad aumentare ulteriormente la tensione sociale. Come scrive il movimento in un comunicato, «cercare di mettere a tacere i Sollevamenti è un vano tentativo di rompere il termometro piuttosto che preoccuparsi della temperatura». Sono già più di 100mila le persone che si riconoscono nei Sollevamenti della Terra, e nel corso degli ultimi mesi ben 180 comitati locali si sono costituiti in tutta Francia ed in altri paesi europei.

La reazione collettiva

In una conferenza stampa davanti al Consiglio di Stato gli avvocati del movimento hanno annunciato la volontà di presentare ricorso contro la dissoluzione, considerata una lesione delle libertà fondamentali. Intanto, più di 150 presidi sono stati organizzati nella serata di mercoledì davanti alle prefetture ed i municipi di Francia per mostrare solidarietà. 

In una serata chiamata a sostegno del movimento a cui avevano partecipato moltissime personalità, un rappresentante del popolo Yukpa ha preso parola per difendere il movimento francese : «Se Macron ha intenzione di scioglierci, gli auguro buona fortuna. Dovrà prima venire fino in Colombia e sciogliere ogni comunità indigena, ogni popolo in lotta, ogni albero che cresce nelle nostre foreste». Contro la morsa repressiva, contro la violenza dei governi che criminalizzano ogni forma di dissenso, siamo, ovunque, il popolo della Terra che si solleva.

Letizia Molinari è una militante di Ecologia Politica e Fridays For Future, studia politiche ambientali a Sciences Po Parigi. Si interessa principalmente di movimenti sociali ed agroecologia; è attiva nei comitati locali contro la gentrificazione. 

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