I dati presentati agli Stati generali della Green economy: l’Italia dovrebbe arrivare nel 2030 a un taglio del 43% dei propri gas serra rispetto al 1990. Peccato che nel 2024 la riduzione sia stata di meno del 2%. «Dobbiamo recuperare»
In Italia, la transizione energetica avanza, ma scalando la marcia. Le emissioni di gas responsabili del cambiamento climatico diminuiscono, ma troppo poco. E, nonostante una produzione record di energia elettrica da fonti rinnovabili, le nuove installazioni di impianti rallentano. È questa la fotografia scattata nella Relazione presentata oggi a Rimini all’apertura degli Stati generali della Green economy da Edo Ronchi, presidente della Fondazione sviluppo sostenibile. L’appuntamento è organizzato da una coalizione di associazioni imprenditoriali e riunisce centinaia di imprese che operano nell’economia decarbonizzata e sostenibile italiana.
Per raggiungere l’obiettivo che le spetta per contrastare le cause del cambiamento climatico, l’Italia dovrebbe arrivare nel 2030 a un taglio del 43% dei propri gas serra rispetto al 1990. Peccato che nel 2024 la riduzione sia stata di poco più di 7 milioni di tonnellate, ovvero di meno del 2%. «Nel 2023 c’è stato un taglio di ben 28 milioni di tonnellate, con quel ritmo saremmo stati in traiettoria», ha dichiarato Ronchi. «Ora, invece, non siamo allineati e dobbiamo recuperare».
A far perdere la via è stato soprattutto un aumento dei consumi energetici, «in particolare quelli per il riscaldamento e i trasporti, che hanno segnato un nuovo record», spiega a Domani Andrea Barbabella, responsabile dell’area Clima ed energia della Fondazione sviluppo sostenibile. Edifici e trasporti hanno infatti provocato un aumento dell’1,5% dei consumi finali.
Si tratta d’altronde di una debolezza storica del sistema italiano, ben presente nel rapporto: mentre il resto d’Europa riduceva in media del 35% i consumi energetici per unità di ricchezza prodotta, in Italia il taglio si è fermato al 28% rispetto al 2005.
Ma è sui trasporti che la Relazione assume torni particolarmente critici: nonostante l’Italia abbia raggiunto il primato europeo di 701 auto ogni 1.000 abitanti, solo 7,6% delle nuove immatricolazioni sono state di veicoli elettrici, a fronte di una media europea di quasi 23%. «Dopo aver perso il treno della produzione di auto tradizionali si sta sviluppando un chiacchiericcio di fondo che ha come unico risultato di farci perdere anche il treno dell’auto del futuro, cioè l’auto elettrica», ha chiosato amareggiato Ronchi.
Rinnovabili mai così alte, ma rallentano
Il 2024 è stato però anche un anno straordinario per la produzione di elettricità da fonti rinnovabili, che ha superato i 130 miliardi di chilowattora, rappresentando il 49% della produzione elettrica nazionale. Una crescita notevole rispetto al 2023.
Pochi giorni fa, un report della società di consulenza Deloitte riportava però che i dati del primo semestre del 2025 sulle nuove installazioni mostrano un possibile rallentamento. La Relazione addebita la frenata alla fine dell’ecobonus al 110% e a un atteggiamento reticente da parte di alcune regioni.
«Gran parte di quell’aumento è stata trainata dal fotovoltaico residenziale, siamo arrivati a più di 1,6 milioni di famiglie con un pannellino sopra alla casa», spiega Barbabella. Esaurito il superbonus, si è affievolita la spinta.
Allo stesso tempo, per Barbabella i grandi impianti non hanno invece visto uno sviluppo significativo «a causa delle incertezze normative legate al tema delle aree idonee». Il decreto per individuare i criteri per l’installazione di nuove rinnovabili era stato infatti approvato dal governo nel 2024, ma nei mesi successivi è stato bersaglio di una serie di contenziosi amministrativi con le Regioni e con gli operatori di impianti. Infine, «il sistema di incentivazione delle aste, che ha spinto i grandi impianti tra il 2022 e il 2024, ha avuto una pausa», dice Barbabella.
Italia prima per economia circolare
Nel resoconto non sono però mancate anche le note positive: l’Italia si rivela infatti primo fra i grandi Paesi europei per riciclo e implementazione dell’economia circolare. La produttività delle sue risorse è in crescita, passando da un valore nel 2020 di 3,6 euro per ogni chilogrammo di materia prima a uno di 4,7 euro l’anno scorso. E anche il tasso di riciclo è molto alto: 86% nel totale dei rifiuti e 75,6% per gli imballaggi.
Per tutta la presentazione, Rochi ha comunque tenuto lo sguardo fisso bel oltre i confini nazionali. «Per l’UE la decarbonizzazione è un forte interesse anche economico», ha detto rivolto alla platea. Anche per questo, «una retromarcia metterebbe in crisi non solo le politiche climatiche e ambientali, ma anche il modello sociale e di sviluppo europeo». Al centro dei suoi pensieri doveva esserci l’incontro dei ministri dell’Ambiente europei a Bruxelles, dove si decide la revisione della legge Climatica europea e si definisce il nuovo obiettivo al 2040 dell’Unione.
© Riproduzione riservata



