Stellantis chiude un semestre da primato, con un boom di utili nonostante il calo delle vendite di automobili: i ricavi hanno raggiunto gli 88 miliardi di euro (più 17 per cento) e il profitto netto sfiora gli 8 miliardi (più 34 per cento) nonostante un calo delle consegne di auto del 7 per cento a 2,93 milioni.

Un miracolo? Non proprio. Stellantis – nata un anno e mezzo fa dalla fusione di Fca e Psa Peugeot – si è giovata di un fattore favorevole comune a molte concorrenti: i problemi con le forniture, soprattutto di semiconduttori, hanno costretto le aziende a limitare l’offerta; con una domanda di automobili non ancora intaccata dalla recessione, i prezzi sono schizzati al rialzo spingendo i profitti.

Lo sa bene chi ha cercato di comprare un’auto nuova nell’ultimo paio d’anni. Anche l’euro debole ha dato una mano, gonfiando il valore in euro dei profitti (sempre abbondanti) realizzati negli Stati Uniti.

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Non tutto è frutto di fattori esterni: ha giocato un ruolo anche il piano di taglio dei costi da parte dell’amministratore delegato Carlos Tavares, con risparmi dichiarati per “sinergie” di 3,1 miliardi. L’ammontare del taglio nel primo semestre in dettaglio non è chiaro, anche perché l’aumento dei prezzi delle materie prime ha compensato le economie interne.

Non è ancora noto di quanto sia diminuita la forza lavoro che l’anno scorso era stata tagliata di circa 10 mila unità, di cui circa 4 mila in Italia; in proposito, nel primo semestre Stellantis ha sostenuto oneri per 619 milioni di euro «principalmente per riduzione della forza lavoro in Europa, Nord e Sud America». Gli ultimi accordi con i sindacati, per quanto riguarda l’Italia, sono stati siglati tre settimane fa e vedranno 1.820 fra prepensionamenti e dimissioni incentivate (il 3,7 per cento dell’organico di fine 2021).

L’insieme di questi fattori ha spinto i margini di profitto di Stellantis al 18 per cento delle vendite negli Usa e sopra il 10 per cento anche in Europa, livelli superiori a quelli di quasi tutti i concorrenti, tranne quelli di più alta gamma.

A prova di recessione

La possibile recessione in Europa «non ci colpirà nel 2022, perché abbiamo un portafoglio ordini che in termini di mesi di produzione è pari a tre volte quello pre-Covid», ha assicurato Tavares, che ha aggiunto: «Abbiamo ridotto il punto di pareggio al 40 per cento delle vendite del primo semestre». Ciò vuol dire che se anche una crisi mondiale dovesse dimezzare le vendite, il gruppo riuscirebbe comunque a guadagnare qualcosa.

Qualche nuvola in più all’orizzonte del 2023: «Se la Germania andrà in recessione per il blocco delle forniture di gas, Francia ed Europa meridionale la seguiranno». Anche su questo fronte, però, Stellantis ha un vantaggio: la base produttiva europea molto più diversificata per paese rispetto ai concorrenti tedeschi, e meno esposta a possibili blocchi nelle forniture di gas.

In vista della transizione alla mobilità elettrica, l’imperativo resta quello della frugalità. «Non dobbiamo mai smettere di cercare di mantenere il punto di pareggio sotto al 50 per cento delle vendite: è uno sforzo che facciamo da otto anni», ha detto Tavares, comprendendo anche il suo periodo alla guida di Peugeot.

Profondo rosso

La principale controllata italiana di Stellantis, Fca Italy, ha registrato intanto per il 2021 una maxi perdita di oltre 1,5 miliardi di euro – sia pure in calo rispetto ai 2,4 miliardi del 2020. La diminuzione del passivo deriva dall’aumento dei ricavi rispetto al 2020, da un taglio di spese e forza lavoro. Anche gli investimenti sono stati ridotti. Nel primo anno dopo la fusione di Fca in Stellantis, quella che un tempo si chiamava Fiat Auto ha anche trovato il modo di investire qualche decina di milioni in una start up che progetta taxi elettrici volanti.

Ecco i numeri principali del bilancio 2021, depositato nelle scorse settimane e visionato dal Domani. Il conto economico si è chiuso con un passivo di 1,53 miliardi di euro, meno dei 2,44 miliardi persi nel 2020. L’aumento del 10% dei ricavi, nonostante un leggero calo delle vendite in Europa, deriva da un aumento dei prezzi medi di vendita grazie alla scarsità di produzione rispetto alla domanda, come spiegato sopra per l’intero gruppo. Le spese per servizi sono state tagliate del 10 per cento circa, ovvero oltre 200 milioni, con cali significativi per la pubblicità (-26 per cento) e le spese di ingegneria.

I costi del personale sono cresciuti del 21 per cento nonostante l’organico medio sia diminuito di oltre 2.600 unità. Hanno pesato il minore utilizzo della cassa integrazione, grazie all’aumento della produzione, e i costi di quello che viene definito “separation program”, ovvero gli incentivi alle dimissioni e ai prepensionamenti. Le minori svalutazioni di partecipazioni hanno contribuito al miglioramento dei conti per altri 425 milioni. Gli investimenti sono calati del 30 per cento circa, da 1.150 a 810 milioni di euro. La voce ha avuto un andamento ciclico, con un picco tra gli 1,2 e 1,5 miliardi di euro negli anni dal 2014 al 2016, con i lanci di modelli come le Alfa Romeo Giulia e Stelvio, la Maserati Levante e le jeep prodotte a Melfi, e un minimo di poco più di 500 milioni nel 2018.

Taxi volanti

Una delle poste più curiose del bilancio di Fca Italy è l’investimento per una quota nella californiana Archer Aviation, una startup che spera di mettere sul mercato un velivolo elettrico a decollo verticale. Fca Italy ha acquistato un anno fa il 2,72 per cento di Archer Aviation per una somma di 75 milioni di dollari (all’epoca, 63,4 milioni di euro). La quota è stata poi svalutata a 40 milioni di euro per il forte calo in Borsa di Archer.

Sul possibile mercato dei “taxi volanti” hanno messo gli occhi varie aziende automobilistiche: la Hyundai, per esempio, si è associata a Uber, mentre General Motors ha presentato un prototipo di Cadillac volante.

L’investimento in Archer Aviation era stato annunciato da Fca nel gennaio 2021, pochi giorni prima della fusione con Psa che ha dato vita a Stellantis. Fca Us collaborava in realtà già da prima con la startup californiana, assistendola nella ricerca del migliore processo produttivo per i futuri velivoli. Barbara Pilarski, dirigente di lunga data di Chrysler e attuale responsabile del Global Development di Stellantis, è entrata nel consiglio d’amministrazione di Archer, e quest’ultima ha coinvolto la parte americana di Stellantis in una serie di attività di sviluppo, soprattutto per quanto riguarda l’esperienza nella produzione su larga scala. Per questo è curioso che la quota in Archer sia stata acquistata proprio da Fca Italy e non dal ramo americano del gruppo.

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