La campagna vaccinale anti Covid-19 è stata un successo. In un anno l’Italia si è vaccinata rapidamente e convintamente. Il governo ha dato gran parte del merito al certificato vaccinale, il famoso green pass. «Dal decreto che prevede l’estensione ai luoghi di lavoro le prime dosi di vaccino sono cresciute del 46 per cento» e il numero dei decessi «è caduto del 94 per cento», ha detto il presidente del Consiglio Mario Draghi lo scorso 20 ottobre alla Camera. «Mi pare che ci siano molti fatti che giustificano l’attuale scelta politica su questo».

Per il governo è fondamentale sottolineare che il green pass è stato un successo poiché si tratta del suo provvedimento più controverso. Le manifestazioni contro il certificato hanno occupato le piazze del paese con una costanza, un afflusso, e talvolta una violenza data e ricevuta, che non si vedevano dai tempi del G8 di Genova.

I semi di quegli scontri sono poi germogliati nella prima vera crisi del governo Draghi: l’approvazione dell’obbligo vaccinale, che ha visto la ritrosia di Lega e Movimento 5 stelle, di fronte alla volontà di fuga in avanti di Pd e Forza Italia.

Ma per quanto il green pass abbia monopolizzato la comunicazione e l’azione anti-pandemica del governo, né i numeri, né gli studi scientifici, consentono di sostenere che abbia avuto un ruolo così centrale nella campagna vaccinale. Gli italiani si erano vaccinati in massa prima della sua introduzione che ha portato in realtà benefici modesti. La montagna del green pass ha partorito un topolino vaccinale.

I numeri

Il governo ha introdotto il green pass a metà dell’anno scorso, quando a giugno è stata data la possibilità a tutti gli italiani di scaricare il certificato verde. Da inizio agosto, il green pass è stato trasformato in uno strumento necessario per accedere a una serie di attività, come luoghi al chiuso ed eventi pubblici.

Poi, il 15 ottobre, è entrato in vigore l’obbligo di green pass per accedere ai luoghi di lavoro. A dicembre è arrivat la stretta finale, con l’introduzione del cosiddetto «green pass rafforzato»: il certificato verde che solo chi ha la vaccinazione completa può ottenere.

Questo tipo di politiche hanno lo scopo incentivare più persone possibili a vaccinarsi. È quella che si può definire una «spinta gentile» (politiche di nudging) effettuata da molti governi per proteggere la popolazione e arrivare alla sperata "immunità di gregge”. Si tratta quindi per rendere in un modo indiretto il vaccino obbligatorio per tutti.

Ma qual è stato l’impatto di questi cambiamenti normativi sull’aumento delle vaccinazioni? Andando a vedere il numero di prime somministrazione (chi quindi non si era mai vaccinato prima di quel giorno), ognuno di questi cambiamenti è stato accompagnato da una lieve oscillazione della distribuzione di dosi, in genere nell’ordine di qualche decine di migliaia in più.

Ma il green pass non invertito il trend discendente iniziato in estate. Ad agosto, si registravano circa 150mila prime vaccinazioni, a ottobre poco più di 50mila. Recentemente, a dicembre, abbiamo registrato un piccolo aumento, ma dovuto principalmente all’apertura della campagna vaccinale a chi ha fra i 5 e gli 11 anni. Non sembra esserci stato ancora un effetto «green pass rafforzato» dunque.

Il sito di factchecking Pagella Politica, ha giudicato che in diverse occasioni il governo ha esagerato i benefici del green pass e che i numeri diffusi da Draghi il 20 ottobre sul successo del certificato si riferivano in realtà a tutta la campagna vaccinale.

Dare un giudizio definitivo sullo strumento è quindi complicato, anche perché i dati resi disponibili dal governo sul numero di green pass scaricati sono incompleti e inutili (vengono resi disposnibili i dati complessivi di tutti i green pass scaricati – non quindi il numero di persone in possesso di green pass). In questo modo si rende ancora più oscuro e complicato capire se e come il cambiamento di regole ha influenzato il numero di persone in possesso del certificato di vaccinazione e quindi il numero di nuove persone che hanno deciso di vaccinarsi. Ancora una volta, politiche pubbliche disegnate senza un giusta infrastruttura di valutazione e dati rende complicato capire se il gioco vale la candela oppure no.

Di certo, comunque, c’è che è le aspettative dello stesso governo sono state deluse. Nei 30 giorni prima dell'entrata in vigore dell’obbligo di green pass sui luoghi di lavoro, ci si aspettavano quasi 3 milioni di vaccinazioni. Ma in realtà ne sono state somministrate solo 2,1 milioni.

Gli studi

Secondo una recente ricerca pubblicata su lavoce.info su dati ResPOnsE Covid-19 dell’Università degli Studi di Milano, se è vero che la campagna vaccinale è stata un successo raggiungendo tutti i cittadini che si dichiaravano disponibili a vaccinarsi, questo non si può dire per coloro che si dichiaravano non propensi a vaccinarsi. Guardando infatti il numero di persone che si dichiara fortemente contraria alla vaccinazione, la percentuale (seppure molto piccola, pari al 5 per cento degli intervistati) è rimasta costante nel tempo: chi non voleva vaccinarsi, non si è vaccinato.

Insieme all’Italia, quasi tutti gli stati europei hanno adottato un certificato verde simile a quello italiano, con risultati a volte diversi. In Austria, la stretta dello scorso novembre ha coinciso con un picco di somministrazioni di prime dosi che ha fatto recuperare al paese molto dello svantaggio accumulato con i vicini.

Secondo un articolo pubblicato pochi giorni fa sulla prestigiosa rivista scientifica The Lancet, il successo dei certificati vaccinali dipende proprio dalla diffusione delle vaccinazioni nel paese. Dove poche persone hanno aderito alla campagna, il green pass produce risultati notevoli. Negli altri casi, invece, sono appena misurabili. E l’Italia è uno dei paesi in Europa e al mondo con la maggior adesione alla campagna vaccinale.

Insomma, nella migliore delle ipotesi il green pass ha prodotto un modesto incremento vaccinale. Nella peggiore, ha tolto attenzione e risorse ad altre politiche di “spinta gentile” che avrebbero potuto sortire risultati migliori.

 

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