Più delle proteste di Greta Thunberg hanno potuto i rialzi dei prezzi dell’energia. Dallo sguardo distratto, almeno per molti cittadini, verso l’ambiente si è passati quello parecchio più preoccupato verso il portafoglio: ormai siamo tutti più attenti ai consumi di elettricità. E così, a fronte di un Prodotto interno lordo cresciuto nel 2022 del 3,7 per cento, il fabbisogno di energia elettrica, pari a 316,8 miliardi di kWh, è sceso dell’un per cento rispetto al 2021.

Secondo Terna, la società che gestisce la rete di trasmissione nazionale, la leggera frenata della domanda è stata ottenuta grazie alle «misure di contenimento dei consumi elettrici attuate dai cittadini e dalle imprese su indicazione del governo, il caro prezzi che ha caratterizzato i mercati dell’energia e le temperature piuttosto miti registrate nei mesi autunnali e invernali».

Una tendenza che sta continuando, mentre la campagna di comunicazione Noi Siamo Energia lanciata da Terna in dicembre, in accordo con il ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica, contribuisce ad aiutare gli italiani a contenere i consumi.

Se non bastasse, c’è anche un’app che consente di individuare facilmente la fascia oraria di picco giornaliera in cui è preferibile usare meno energia. Ma se i cittadini possono fare molto, tantissimo possono fare le imprese. Domani ha già illustrato le strategie adottate da alcune grandi società di servizi per contenere i consumi di energia. Ora vediamo quali provvedimenti stanno prendendo le imprese energivore e industriali.

Treni a energia solare

Le Ferrovie dello stato sono il maggiore consumatore di elettricità del paese: da solo, il gruppo assorbe il 2 per cento del fabbisogno nazionale. Già da tempo le ferrovie hanno avviato una politica di risparmio: hanno introdotto l’illuminazione a led, ottimizzato i sistemi di climatizzazione, messo in servizio treni regionali che abbattono fino al 30 per cento i consumi energetici.

Ma il grosso del lavoro arriva adesso: il Piano industriale 2022-2031 prevede infatti che già nel 2027 il gruppo autoprodurrà fino a 2,6 terawattora di elettricità per coprire con fonti rinnovabili il 40 per cento del proprio fabbisogno energetico, con un investimento di oltre 1,6 miliardi di euro.

«Già oggi produciamo energia con impianti sui tetti delle nostre officine» ha dichiarato l’amministratore delegato Luigi Ferraris «ma ora abbiamo individuato circa 30 milioni di metri quadrati di spazi disponibili non utilizzati dalla rete ferroviaria o da Anas, aree che sono vicine alla rete di trasmissione e che quindi possono essere facilmente utilizzate per installare impianti di energia rinnovabile, prevalentemente fotovoltaico».

A gennaio è stato pubblicato un bando di gara sulla Gazzetta ufficiale europea per un valore totale di 130 milioni di euro per la realizzazione di venti impianti fotovoltaici, dal Piemonte alla Sicilia, passando per Toscana, Lazio, Campania e Puglia.

Un altro bando sarà lanciato il prossimo autunno, per altri quaranta impianti. L’obiettivo è di arrivare a produrre energia fotovoltaica pari a circa il 10 per cento di quella attualmente prodotta in tutta Italia dagli impianti solari.

Alla Marcegaglia impianto di cogenerazione

La bolletta energetica del gruppo siderurgico Marcegaglia nel 2022 è quadruplicata rispetto al 2020, arrivando a superare i 300 milioni di euro. Una situazione che ha richiesto una serie di interventi molto rapidi a partire dallo stabilimento di Ravenna, che incide maggiormente dal lato dei consumi energetici.

Qui è operativo da fine agosto 2022 un impianto di cogenerazione (utilizza gas naturale per generare elettricità e calore) ad alta efficienza, progettato con il supporto di Engie, che permette di produrre 35 megawatt di energia elettrica, pari al 67 per cento del fabbisogno dello stabilimento, con una netta riduzione di energia primaria e i conseguenti benefici ambientali. Analogo impianto è stato installato anche nello stabilimento di Gazoldo degli Ippoliti: ha una potenza elettrica pari a 21,5 megawatt ed è operativo dal dicembre dello scorso anno.

Sempre a Ravenna Marcegaglia ha installato una caldaia che recupera i fumi caldi provenienti dai forni degli impianti di zincature e produce vapore. Il gruppo siderurgico ha poi modificato i sistemi di saldatura per renderli più efficienti, ha migliorato la coibentazione per evitare la dispersione di energia termica e naturalmente ha adottato l’illuminazione a led. Prosegue, inoltre, l’installazione di motori di nuova generazione a risparmio energetico. Tutti interventi che, dai primi dati emersi, stanno garantendo un risparmio tra il 12 e il 15 per cento dei consumi.

Già dal 2009, poi, negli stabilimenti di Ravenna, Casalmaggiore e Lomagna sono stati posizionati, sulle coperture dei capannoni, degli impianti fotovoltaici ed entro il 2025 è prevista l’installazione di ulteriori impianti fotovoltaici presso altri stabilimenti produttivi. Inoltre, sono stati installati diversi sistemi intelligenti di movimentazione materiali per efficientare i trasporti, sostituendo la tradizione e più impattante soluzione su gomma.

Cartiera a biomassa

Giuseppe Cima è presidente e amministratore delegato di Paper Board Alliance, un gruppo specializzato nella produzione di cartoncino riciclato per imballaggi: appartiene ad un settore energivoro e per le sue due cartiere di Calolziocorte (Lecco) e di Lucca si autoproduce elettricità con il gas. «All’inizio del 2021 la spesa energetica mensile per l’impianto di Lecco si aggirava sui 400 mila euro» racconta Cima «mentre per quello di Lucca oscillava tra i 450 e i 500 mila euro. In seguito all’impennata dei prezzi del gas la bolletta è raddoppiata dopo aver toccato punte di 4 milioni al mese». Per quattro mesi l’azienda ha dovuto ridurre la produzione mentre il mercato si è quasi fermato. «Ora stiamo ripartendo».

Già dal 2010 l’imprenditore ha varato una serie di iniziative per tenere sotto controllo la spesa energetica: prima centrali a gas più efficienti poi, nel 2017, una centrale a biomassa a Lecco e una in programma anche a Lucca. «Ma lì abbiamo dei problemi con gli ambientalisti» ammette Cima.

Inoltre l’azienda sta investendo nel monitoraggio dei consumi di energia elettrica con una rete di sensori e nel recupero del calore derivante dalla produzione: il vapore viene utilizzato per riscaldare acqua e aria che a loro volta servono per la produzione e per riscaldare gli uffici.

Il sogno di una piccola centrale idroelettrica

LAPRESSE

Acqua Sant’Anna è uno dei maggiori produttori di minerale d’Italia con un fatturato di 310 milioni di euro. Dal 2019 al 2022 ha visto la bolletta elettrica schizzare da 5 a 20 milioni di euro in seguito alla scadenza del contratto a prezzo bloccato con il fornitore e il successivo balzo dei prezzi. «Qui a Vinadio, in provincia di Cuneo, il gas non arriva e quindi non abbiamo potuto costruire una nostra centrale» dice Alberto Bertone, presidente e ad della società che dipende al 100 per cento dalle rete elettrica.

Ora l’azienda punta ad ottenere un risparmio dei consumi con una serie di interventi: montare pannelli solari sui tetti degli edifici, ottenere un collegamento con la rete del metano per poter costruire una centrale che fornisca caldo e freddo, recuperare il calore della produzione, generare elettricità con piccole centrali idroelettriche lungo il fiume. «Una soluzione unica non c’è» riconosce Bertone, «dobbiamo tentare tante strade diverse».

© Riproduzione riservata