Di tutto ha bisogno il paese in questo periodo tranne che di un messaggio di depressione per i tagli ai ministeri e lo stop agli investimenti per i vincoli della legge di bilancio. Proprio perché la situazione è complicata – tra tassi di interesse, debito, inflazione – occorre tirare fuori idee per valorizzare la montagna di miliardi di euro che è dentro e fuori il bilancio dello stato e in generale nelle politiche pubbliche.
Non esistono alibi, la recessione si può scongiurare se in alcuni settori strategici il governo sarà capace di far capire in che modo nei prossimi mesi e anni si potranno realizzare politiche capaci – in modo diverso dal passato – di attivare interventi utili e attesi da imprese e cittadini. Il punto più delicato sta proprio qui, non è un problema del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, che ovviamente guarda in primo luogo ai conti, ma di tutti i ministeri che devono tirare fuori proposte che consentano di migliorare la situazione della sanità, dell’istruzione, della mobilità nelle città, del patrimonio edilizio, pur in un contesto più difficile del previsto.

Un banco di prova

Il settore delle costruzioni sarà uno dei banchi di prova di questa sfida politica. Perché si deve scongiurare il rischio di un 2024 disastroso dopo la sbornia del superbonus e i possibili tagli del ministro Raffaele Fitto agli investimenti previsti dal Pnrr nelle periferie delle città italiane. I ministri dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin e delle Infrastrutture Matteo Salvini devono battere un colpo quanto prima e rimandare di qualche settimana la campagna elettorale per le europee, con le solite critiche verso Bruxelles per la fantomatica direttiva in discussione sull’efficienza energetica degli edifici. Perché se ci sarà un brusco calo di cantieri e occupati nel settore dipenderà solo dalle scelte del governo.
Dalle dichiarazioni sembra che la situazione per il settore sia in un vicolo cieco, che sul tavolo ci sia solo la chiusura dei cantieri ancora aperti del superbonus e che poco o nulla si potrà fare con questi vincoli di bilancio. Non è così ed è proprio ora il momento di individuare le priorità su cui concentrare attenzioni e nuovi investimenti che pure sono possibili. E in una situazione come quella che stiamo vivendo occorre puntare sui cantieri rimasti indietro in questi anni, quelli che possono permettere di mettere mano e ridurre le bollette degli edifici pubblici e dei condomini, ossia dove vive larga parte della popolazione che più sta soffrendo le conseguenze dell’inflazione.

Gli incentivi di cui nessuno si accorge

Parafrasando Luigi Einaudi, dovremmo conoscere i risultati delle politiche di incentivo per il settore delle costruzioni per poter deliberare. Il problema è che non avviene e soprattutto non si ragiona mai di strumenti di durata pluriennale che possano dare continuità agli investimenti. Ad esempio, pochi lo conoscono e nessuno ne parla, ma in Italia è in vigore uno strumento di incentivo per la riqualificazione energetica degli edifici pubblici che sta funzionando.
Si chiama Conto Termico, lo gestisce il Gse, e sta vedendo crescere gli interventi con risultati interessanti in termini di qualità delle realizzazioni e riduzione dei consumi. Il grande vantaggio è che non ha bisogno di risorse dalla legge di Bilancio, perché si finanzia con le tariffe del gas e ogni anno mette a disposizione 900 milioni di euro di cui solo un terzo sono utilizzati. L’incentivo arriva a coprire il 65 per cento delle spese per gli interventi ma con contratti di riqualificazione e gestione energetica degli impianti da parte delle imprese private gli interventi si ripagano. Siccome è un fondo pluriennale consente di programmare le diverse fasi di progettazione, gare, cantieri senza corse per non perdere le risorse come abbiamo assistito in questi anni.
Con alcuni miglioramenti può diventare il volano degli investimenti per comuni, province, città metropolitane che possiedono larga parte del patrimonio edilizio pubblico, ma anche per mettere mano a ospedali e carceri. Se ne parla da anni, ci sono proposte sul tappeto presentate dal Gse e dai sindaci, basterebbe un decreto ministeriale e potremmo far partire cantieri nei prossimi anni per miliardi di euro di investimenti pubblici e privati per interventi che servono al paese.

Quando finiscono i finti ecobonus?

Ne hanno parlato tutti in questi mesi, da Giorgia Meloni alle chiacchiere sotto gli ombrelloni, i bonus ecologici vanno ripensati, sono costati troppo, i criteri erano vaghi e sono mancati i controlli. In positivo va detto che il sistema di detrazioni fiscali introdotto a partire dal 1996 ha avuto un ruolo importante per il settore, accompagnandolo dalle nuove costruzioni verso la riqualificazione, con aliquote che consentivano allo stato di trarne beneficio tra emersione del nero, Iva e tasse.
Questi incentivi sono oramai conosciuto da imprese e famiglie e piuttosto che inventarne di nuovi occorrerebbe intervenire su alcuni evidenti limiti. Il primo è che non premia chi più riduce i consumi energetici, quando obiettivo di interesse generale è ridurre emissioni e inquinamento. Il secondo è che risulta inaccessibile per chi non ha reddito da detrarre o lo ha basso, dopo la cancellazione della cessione del credito. È mai possibile che dopo tante dichiarazioni sul tema il governo ancora non abbia una proposta? Quando, se non con questa legge di Bilancio, intervenire per rivedere le aliquote e introdurre un sistema trasparente, con detrazioni più basse che però consentano un ritorno dell’investimento attraverso la riduzione delle bollette. Rimangono i problemi di accesso all’incentivo da parte di chi più ne avrebbe più bisogno, come della complessità degli interventi nei condomini e delle difficoltà di accesso al credito con questa situazione di tassi di interesse altissimi e richieste di garanzie sui prestiti impossibili per tante famiglie.
La sorpresa è che proprio di questi problemi si occupano la Direttiva europea sull’efficienza degli edifici e le politiche che la Commissione ha messo in campo per eliminare le barriere economiche e tecniche per questo tipo di interventi. Ad esempio, attraverso prestiti della Bei e garanzie pubbliche con tassi agevolati, fino ad arrivare ai contributi a cui i paesi nei prossimi anni potranno accedere attraverso il nuovo Fondo sociale per il clima. In poche parole, serve che il nostro paese tiri fuori una proposta per negoziare con Bruxelles su questi vincoli e opportunità, facendo capire che ha le idee chiare sul futuro di un settore che in questi anni è profondamente cambiato.
Perché oggi tutti sono consapevoli del fatto che un mix di interventi di isolamento termico, sostituzione di impianti a gas con pompe di calore, installazione del solare fotovoltaico in autoconsumo o dentro comunità energetiche consente di ridurre drasticamente i consumi degli edifici. Non ci sono complotti da temere, dobbiamo solo convincerci che il corso che prenderà il paese nei prossimi anni dipenderà dalle scelte che sarà in grado di prendere.

© Riproduzione riservata