«Il governo? Muto. Restituiamo l’onore a un italiano che si dedicava agli ultimi». Contro l’archivazione del tribunale di Roma, il padre dell’operatore delle Nazioni Unite trovato morto cinque anni fa valuta il ricorso a livello europeo
Da ministro degli Esteri, Luigi Di Maio aveva annunciato: «Verità sùbito». Sono passati cinque anni da quel 15 luglio 2020 in cui Giuseppe Paciolla e la moglie Anna hanno appreso da una telefonata dell’Onu che il figlio Mario, operatore nella missione di pace Onu in Colombia, è stato trovato morto nell’appartamento di San Vicente del Caguan.
Dalle Nazioni Unite si sono affrettati a dire che era un suicidio, hanno ripulito la scena della morte. «Da allora nessuna risposta, nulla di nulla dall’Onu». Ma come, non era stata annunciata un’indagine interna? «E chi ne sa più nulla?».
Il versante italiano delle indagini è altrettanto desolante per Pino Paciolla: il 30 giugno il tribunale di Roma ha archiviato il caso. La «verità» promessa dall’ex governo ancora non c’è, e l’esecutivo in carica dal 2022 non promette neppure. Dal governo Meloni «nessun contatto», alza le braccia Paciolla padre; nessuna risposta, «che io sappia, neppure alle interrogazioni parlamentari».
Oggi alle 18 in piazza Municipio a Napoli ci si raduna in corteo per Mario. La famiglia valuta il ricorso in sede europea, «l’unica strada che ci resta».
Invece della «verità subito», è arrivata l’archiviazione.
Il giudice stavolta ha sposato la tesi della pm: il caso è chiuso come suicidio per delirio amoroso, tutto questo perché tra tanti messaggi con la ex fidanzata la pm ha estrapolato fuori contesto l’esclamazione «vuless’murì». Peccato che nei messaggi Mario dicesse soprattutto che aveva paura per qualcosa che era successo nell’ambito della missione. A quella ragazza, che tuttora lavora all’Onu, mio figlio aveva scritto che la Colombia non era più sicura per loro; e aveva fatto per entrambi un biglietto di ritorno verso l’Italia. In una riunione della missione, il 9 luglio, è successo qualcosa: l’11, quando Mario ci ha chiamati, era terrorizzato.
Cosa le fa escludere con certezza che suo figlio si sia deliberatamente tolto la vita?
Mario era un ragazzo pieno di vita; come dice chi lo conosceva, “chi dà la vita per gli altri non penserà mai di togliersela”. Altro che stressato o depresso, mio figlio era spaventato. Ma al di là delle mie convinzioni, ci sono tanti elementi scientifici.
Nonostante il corpo sia arrivato dalla Colombia in condizioni assurde, senza i liquidi e altri elementi, nell’esame autoptico condotto in Italia il professor Fineschi nota che le lesioni al collo paiono dovute più a strangolamento che a impiccagione (c’è «il ragionevole dubbio», dicono in questi casi).
Si è pure scoperto che il corpo di Mario era pieno di lidocaina, che non si era procurato lui e che si espelle poco dopo l’assunzione; la presenza di lidocaina non era stata riportata nell’autopsia colombiana, alla quale era presente un rappresentante Onu che si era presentato come medico legale senza esserlo. Nessuna farmacia di San Vicente aveva fornito questa sostanza a Mario, e da fonti esterne sappiamo che è in possesso dell’Onu e dei paramilitari.
Quanto ai polsi tagliati di Mario, uno risultava ferito in fin di vita se non post mortem. Stando alla Colombia i coltelli che portano il sangue di Mario non hanno l’impronta di nessuno: come è possibile? Poi, coi polsi tagliati, come avrebbe fatto a impiccarsi facendo passare il lenzuolo sulla grata in alto?
L’appartamento è stato ripulito dal responsabile sicurezza della missione, Christian Leonardo Thompson. Invece di stigmatizzarne il comportamento, le Nazioni Unite lo hanno promosso. Che fine ha fatto l’indagine interna che l’Onu diceva di aver avviato?
E chi lo sa? A parte le prime comunicazioni sulla morte di mio figlio, dall’Onu non abbiamo più avuto informazioni né contatti. E li abbiamo sollecitati: abbiamo scritto e domandato più volte, anche tramite gli avvocati, ma non abbiamo mai ricevuto risposta.
Thompson, ex militare, ex mercenario, poi addetto alla sicurezza, di cui Mario non si fidava e che temeva, ha trattenuto le chiavi dell’appartamento (che non era dell’Onu ma affittato privatamente). Lo ha ripulito con la candeggina, ha fatto scomparire oggetti cruciali per la scena della morte, ha detto di averli buttati in discarica.
Il 15 luglio 2022 abbiamo denunciato lui, il suo capo e i due poliziotti che non hanno tutelato la scena del delitto; dopo un paio di mesi la Colombia ci ha detto: non è il caso di continuare, vostro figlio si è suicidato.
Mario scriveva: in passato ha scritto per Limes, poi avrà annotato quel che gli succedeva, sul pc o su carta. Che fine ha fatto questo materiale?
So per certo da Mario che in quei giorni stava scrivendo. Anche una attivista ha dichiarato che Mario camminava sempre con una grossa agenda dove appuntava tutto. Non è rimasta alcuna traccia.
Avete avuto chiarezza dal tribunale di Roma o dall’Onu sul ruolo di Thompson?
No, l’Onu lo ha promosso e la procura di Roma da quel che ci risulta non lo ha mai interrogato. Neppure la ragazza con cui Mario stava all’epoca dei fatti è stata ascoltata, anche se era a disposizione. Noi genitori non siamo mai stati convocati dalla procura di Roma.
L’Onu vi ha detto che vostro figlio si è tolto la vita, eppure dopo la sua morte il livello di sicurezza della missione è stato cambiato.
Sì, dal livello C al D, quello che precede il coprifuoco. Nell’ultimo Natale che ha passato con noi, Mario ci aveva detto che all’interno dell’Onu giravano soldi e corruzione: dopo aver conosciuto le cose da dentro, se ne voleva andare da lì.
In questa vicenda, la postura del governo può fare la differenza? Cosa fa il governo Meloni?
Non abbiamo ricevuto nessun contatto, neppure risposte alle interrogazioni parlamentari. Un interessamento del governo, dato il ruolo dell’Onu nella vicenda, avrebbe contribuito a fare chiarezza, avrebbe dato una spinta di orgoglio. Non si può restituire la vita a mio figlio, ma si può restituire dignità a un ragazzo che ha speso la sua vita per gli ultimi: anche se non sapete da chi, almeno ditelo, che è stato ammazzato.
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