Quasi cinquant’anni fa, Bernard Carr, professore emerito di matematica e astronomia alla Queen Mary university di Londra, era ancora un dottorando, quando scrisse un articolo su NewScientist circa le prove crescenti dei buchi neri, regioni dello spazio in cui la gravità è così forte che la luce non può sfuggire. Oggi non ci sono più dubbi sulla loro esistenza. Sappiamo che si formano dal collasso delle stelle e che quelli supermassicci (buchi neri di grandi dimensioni) si trovano al centro delle galassie. Abbiamo anche scattato foto che li rappresentano. Ma in quell’articolo Carr menzionava una possibilità più speculativa: che buchi neri molto piccoli si sarebbero potuti formare nell’universo primordiale, poco dopo il Big Bang.

Lo scienziato lavorava a questa idea sotto la supervisione di Stephen Hawking, che aveva iniziato a pensare a una possibilità del genere solo pochi anni prima. Oggi non sappiamo ancora se si sono realmente formati, ma ci sono buone ragioni per pensare che sia stato così. Alcuni di loro potrebbero esistere ancora oggi e, cosa entusiasmante, potrebbero essere la risposta a tutta una serie di enigmi cosmologici.

La folle ipotesi

Di recente, tuttavia, Carr ha spinto oltre la sua ricerca, interessandosi a una possibilità ancora più esotica, ossia che alcuni buchi neri possano essere più antichi dell’universo stesso.

È un’idea “folle”, ma non inconcepibile. E una nuova ricerca suggerisce che se un giorno fossimo in grado di identificarli, sarebbe una scoperta che cambierebbe radicalmente la nostra comprensione della cosmologia.

La maggior parte dei cosmologi afferma che tutta la materia e l’energia che oggi permeano il nostro universo sono nate in un solo momento, 13,8 miliardi di anni fa, in un atto che chiamiamo Big bang. Successivamente, c’è stato un periodo in cui l’universo è cresciuto ad una velocità esponenziale, chiamato “inflazione cosmica”, prima che si stabilizzasse in un’espansione più dolce. Il problema di questo racconto sta nel fatto che non sappiamo con certezza cosa sia successo nel “momento” del Big bang. Viene spesso descritto come una “singolarità” – un punto di densità infinita – e la relatività generale di Albert Einstein, la nostra migliore descrizione della gravità, viene meno in una singolarità. Di conseguenza, non possiamo descriverlo con le solite equazioni che danno un senso alla realtà. Questo ha portato alcuni cosmologi a ipotizzare che l’universo sia iniziato con un “grande rimbalzo”. Invece di pensare che tutto sia nato in un momento, un grande rimbalzo sarebbe il risultato di un precedente universo in collasso che inizia ad espandersi di nuovo. Questo darebbe vita a una specie di Big bang, ma senza singolarità, poiché l’universo ha sempre una densità finita.

Se il nostro universo provenisse da un rimbalzo, potrebbe originarne uno a sua volta. Questo tipo di rimbalzo ricorrente, in cui un universo attraversa periodi di espansione e compressione, è chiamato “universo ciclico”.

Per il nostro universo (ma anche per altri universi) ciò è valido solo se è destinato a collassare e questo, a sua volta, dipende dalla natura dell’energia oscura, la forza misteriosa che fa espandere l’universo sempre più velocemente. Tuttavia, se trovassimo prove di questi modelli ciclici e rimbalzanti, ciò avrebbe enormi implicazioni, sia per come è iniziato l’universo sia per come potrebbe finire.

Trovare questa prova è complicato, in parte perché è probabile che tutto ciò che sarebbe esistito nell’universo precedente venne distrutto quando crollò su sé stesso. Tutto ad eccezione di qualcosa, secondo Carr. «Penso che ci sia la possibilità che alcuni buchi neri di un universo precedente siano sopravvissuti al grande rimbalzo e siano ancora in circolazione oggi», spiega lo scienziato in un nuovo articolo su NewScientist.

L’idea che i buchi neri possano essersi formati nell’universo primordiale risale ai primi anni Settanta. «Dai nostri calcoli – spiega Carr – sembrava effettivamente possibile. Ma presto è arrivato un intoppo. Secondo una ricerca di Yakov Zeldovich e Igor Novikov, due scienziati russi, qualsiasi buco nero formatosi nell’universo primordiale sarebbe cresciuto rapidamente, raggiungendo oggi una massa enorme. Ora, poiché buchi neri giganteschi non esistono, i due scienziati conclusero che i buchi neri primordiali non si sono mai formati».

Carr però ha dimostrato che questo risultato era sbagliato. Dopo molti giorni di calcolo Carr giunse alla conclusione che a causa dell’espansione dell’universo, che la coppia di scienziati russi non aveva considerato, i buchi neri primordiali non sarebbero cresciuti più di tanto.

«Rimasi male quando andai da Hawking per spiegare la mia scoperta, perché anche lui era appena giunto alla stessa conclusione, indipendentemente, facendo i calcoli nella sua testa», spiega Carr. «Tuttavia, eravamo d’accordo: i buchi neri primordiali potrebbero essere esistiti, dopotutto».

Cinquant’anni dopo, non abbiamo ancora visto con certezza nessuno dei buchi neri ipotizzati da Hawking e Carr, anche se alcune ricerche sostengono di aver trovato elementi nelle rilevazioni di increspature dello spazio-tempo prodotte dalle onde gravitazionali, che permettono di affermare che esistono.

È noto che tutti i buchi neri che pesano meno di 1 trilione di chilogrammi, all’incirca la massa di una montagna, ma con dimensioni di un protone, sarebbero ormai evaporati a causa della “radiazione di Hawking”. Ma ogni buco nero più grande di tale valore deve esserci ancora oggi. Tuttavia, esiste una possibilità ancora più intrigante.

Le due ipotesi

Circa dieci anni fa, Carr e Alan Coley della Dalhousie university di Halifax, in Canada, sono giunti alla conclusione che se fosse esistito un universo ciclico ci sarebbero state due possibilità circa l’esistenza di buchi neri – di un universo precedente – nel nostro.

La loro esistenza sarebbe stata possibile se si fossero formati a causa dell’alta densità dell’universo precedente nei momenti finali del suo collasso. Questo “Big crunch” (così viene definito il momento della fine di un universo per ritorno della materia su sé stessa) è proprio come la fase ad alta densità del Big bang.

Quindi, se i buchi neri possono formarsi subito dopo il Big bang, potrebbero formarsi anche nel Big crunch. In questo caso, avrebbero una massa minima determinata dalla densità dell’universo al momento del rimbalzo, il momento in cui l’universo è più denso.

Se questa densità è al di sopra di un certo valore, i buchi neri potrebbero essere abbastanza grandi da spiegare potenzialmente la materia oscura, la materia misteriosa che impedisce alle galassie di disgregarsi o le origini dei buchi neri supermassicci. Un lavoro successivo ha approfondito tutto ciò in modo più dettagliato. Nel 2016, Jerome Quintin e Robert Brandenberger, entrambi della McGill university di Montreal, in Canada, hanno calcolato le fluttuazioni quantistiche e termiche di un universo che collassa. Ebbene hanno scoperto che i buchi neri possono davvero formarsi.

La seconda possibilità è che i buchi neri si siano formati in una fase precedente dell’universo che ci ha preceduti, durante il collasso di stelle o nel cuore dei nuclei galattici come nel nostro universo, ma nel momento di passaggio tra il Big crunch e l’inizio del nuovo universo, quello attuale.

In entrambi i casi, la domanda successiva che si pose Carr fu se i buchi neri pre-Big bang sarebbero sopravvissuti al rimbalzo e sarebbero persistiti nel ciclo attuale. Questo dipende dalla frazione del volume dell’universo occupata dai buchi neri al momento del rimbalzo. Le conclusioni dicono che questo dovrebbe essere possibile in molte situazioni.

Buchi neri primordiali

Nel 2015, Timothy Clifton, della Queen Mary university di Londra, insieme a Carr e Coley, hanno provato ad affrontare questa domanda in un modo matematicamente più rigoroso. «Abbiamo derivato alcune soluzioni esatte alle equazioni della relatività generale di Einstein, descrivendo un reticolo regolare di buchi neri in un universo che subisce un rimbalzo. I nostri risultati hanno indicato che ci sono effettivamente soluzioni in cui più buchi neri persistono attraverso un rimbalzo», spiega lo scienziato.

Successivamente, hanno anche esaminato alcune conseguenze cosmologiche di questi risultati, che hanno portato a sostenere che i buchi neri pre-Big bang in diversi intervalli di massa potrebbero spiegare la materia oscura, fornire semi per le galassie e forse anche causare il rimbalzo stesso. Altri ricercatori hanno successivamente elaborato queste idee. Nel 2018, Carlo Rovelli dell’università di Aix-Marseille in Francia e Francesca Vidotto della Western university in Ontario, Canada, hanno studiato la possibilità che la materia oscura sia costituita dai resti dei buchi neri pre-Big bang. E i risultati sono stati incoraggianti.

Tutto ciò è ovviamente molto interessante, ma per quanto riguarda la ricerca di prove? Stando a un recente studio esisterebbe qualche speranza che un giorno si possa essere in grado di identificare i buchi neri pre-Big bang, il che significa che potremmo distinguerli dai buchi neri formatisi nel nostro universo.

La ricerca è stata guidata da Yi-Fu Cai dell’università di Scienza e tecnologia della Cina, interessato all’idea che i buchi neri primordiali possano aver generato i buchi neri supermassicci al centro delle galassie. Questi enormi buchi neri vanno da 1 milione a 10 miliardi di volte la massa del Sole.

Sappiamo dall’osservazione dell’universo distante che esistevano già molto presto, forse troppo presto perché fossero stati creati da processi astrofisici standard nel nostro Unvierso. Non è chiaro come possano crescere così grandi e così in fretta. Una possibilità, sebbene non l’opinione corrente, è che siano stati seminati da buchi neri primordiali.

In tal caso, c’è un modo per capire se questi buchi neri primordiali provenissero da un big bang o da un grande rimbalzo? Cai e i suoi colleghi hanno ipotizzato che il numero di buchi neri supermassicci diminuirebbe più ripidamente con l’aumentare della massa nel caso di un rimbalzo. Ma al momento non si hanno conferme. L’esistenza di buchi neri primordiali formati in questo universo è ancora speculativa, quindi la nozione di buchi neri di un universo precedente potrebbe sembrare doppiamente speculativa. Tuttavia, è importante esplorare questa possibilità così esaltante. Proprio come pensare ai buchi neri primordiali ha portato a importanti intuizioni sulla gravità quantistica, pensare ai buchi neri pre-Big bang può portare a ulteriori intuizioni fisiche, anche se si scoprisse che l’universo non fosse ciclico.

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