Julian Assange ha ancora una carta da giocare per cercare di sfuggire alla contestatissima estradizione negli Usa, che gli danno la caccia da quasi 15 anni per aver diffuso documenti riservati del Pentagono e del Dipartimento di Stato contenenti non poche rivelazioni imbarazzanti. L'Alta Corte di Londra ha infatti dato oggi il via libera all'istanza della difesa del giornalista australiano e cofondatore di WikiLeaks - respinta in primo grado - per un ulteriore, estremo appello di fronte alla giustizia britannica contro la consegna alle autorità americane. L’ultima udienza si era tenuta lo scorso 21 febbraio, ma i giudici avevano chiesto tempo per deliberare.

IL PROCESSO E IL RIFUGIO

Nel 2019 contro Assange sono stati formulati 18 capi di accusa e sono relativi alla pubblicazione di oltre 500mila documenti riservati riguardanti le operazioni degli Stati Uniti in Afghanistan e in Iraq. Rischia una condanna di 175 anni per violazione dello Spionage Act per aver messo a repentaglio la sicurezza nazionale pubblicando oltre 500mila documenti segreti.

Per evitare la condanna, Assange si è rifugiato prima nell’ambasciata dell’Ecuador a Londra dove aveva ottenuto asilo politico. Ma da qualche anno si trova nel carcere di massima sicurezza di Belmarsh.

CHI È JULIAN ASSANGE

Alla sola età di sedici anni Julian Assange già era in grado di scrivere programmi informatici. Figlio di due produttori teatrali, fin da bambino ha sviluppato una sensibilità per temi sociali e politici che lo ha portato poi a fondare Wikileaks nel 2006.

Assange si definisce un cypherpunk dalla vena libertaria, convinto che attraverso l’uso della tecnologia si arrivi a cambiamenti concreti nel mondo reale. I suoi problemi con la giustizia iniziano con l’attività di hackeraggio per il gruppo “International Subversives”. Nel 1991, a soli vent’anni, la polizia australiana lo accusa di essersi infiltrato nel sistema informatico del Dipartimento della difesa americano. Dopo il pagamento di una multa e la buona condotta ritorna libero.

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