A una settimana dalle prime notizie, c’è ancora molto da chiarire sulla questione delle persone spiate attraverso il software Graphite della società israeliana Paragon. Dopo Luca Casarini e il direttore di Fanpage Francesco Cancellato sono saltati fuori altri nomi dei titolari delle utenze controllate. Secondo la presidenza del Consiglio le vittime italiane sono sette. Delle altre utenze si sa solo che hanno prefissi riconducibili a Belgio, Grecia, Lettonia, Lituania, Austria, Cipro, Repubblica Ceca, Danimarca, Germania, Paesi Bassi, Portogallo, Spagna e Svezia. 

Meta, che controlla anche Instagram e Facebook, al momento non ha rivelato i nomi delle persone coinvolte. Si è limitata a spiegare che si tratta di «giornalisti e membri della società civile» in una ventina di paesi. «Abbiamo contattato direttamente le persone che riteniamo siano state colpite – ha spiegato Meta – WhatsApp continuerà a proteggere la capacità delle persone di comunicare in privato».

I nomi delle vittime dello spionaggio

Il caso è esploso dopo le denunce del direttore di Fanpage, Francesco Cancellato, e di Luca Casarini, fondatore e capomissione dell’ong Mediterranea Saving Humans. Entrambi hanno detto di essere stati informati da Meta che la loro utenza era stata violata da un software. Oltre a loro, fra gli spiati dallo spyware di Graphite in Italia, c’è Beppe Caccia, l’armatore della nave di Mediterranea e un rifugiato sudanese. Secondo l’Ansa potrebbero essere stati presi di mira anche altri attivisti della ong italiana.

Altro nome interessante è quello dell’attivista libico, Husam El Gomati, che vive in Svezia e da lì ha denunciato i rapporti fumosi tra governo italiano e milizie libiche sull’immigrazione clandestina. El Gomati aveva parlato di un piano per indebolire il governo italiano a partire dal caso Almasri e organizzato dai servizi segreti di Tripoli. «Ho il sospetto - ha detto El Gomati - che dietro questi attacchi ci possano essere gli italiani, perché ultimamente mi sto occupando molto dei rapporti tra Libia e Italia». Poi ha detto di essere preoccupato per la sicurezza delle sue fonti riservate in Libia. Quando un telefono viene violato dallo spyware di Paragon, questo ha il controllo totale, inclusa la possibilità di leggere messaggi crittografati su app come Signal, considerata l’app migliore in termini di privacy e sicurezza. 

«Come attivista contro la corruzione in Libia, proteggere le mie fonti è di fondamentale importanza. Ci sono individui che rischiano la vita per denunciare la corruzione radicata nel mio Paese e la corruzione della classe dirigente», ha affermato. «Queste questioni possono fare la differenza tra la vita e la morte», ha aggiunto.

Quello di Paragon è un caso politico

Cosa c’entrano Giorgia Meloni e l’esecutivo con tutta questa storia? Paragon aveva, fino al 6 febbraio, un contratto con l’Italia per la fornitura del servizio di sorveglianza Graphite. Come le altre società del settore, Paragon lavora esclusivamente con i governi, ai quali offre strumenti per ottenere l’accesso ai dispositivi elettronici in modo da spiarne contenuti, comunicazioni che dovrebbero essere usati nel contrasto al crimine.

Nasce così il sospetto che sia stata la nostra intelligence a spiare gli interessati. 

Paragon – ha spiegato il Guardian – ha deciso di sospendere il contratto con l’Italia quando è emersa la notizia di un abuso nell’utilizzo dello spyware. La decisione di reciderlo definitivamente è arrivata il 6 febbraio e, lo ha riportato sempre il Guardian, a questa si è aggiunta la dichiarazione di una persona a conoscenza della questione: «L’Italia ha violato i termini del contratto stipulato tra Paragon e il governo, che non consente che giornalisti o membri della società civile siano presi di mira dallo spyware».

Rispondendo alle accuse di coinvolgimento sul caso, il governo Meloni ha negato che dietro le presunte violazioni ai danni del giornalista e degli attivisti ci fossero i servizi segreti nazionali o il governo. In una nota palazzo Chigi ha scritto: «In merito a quanto pubblicato da alcuni organi di stampa su presunte attività di spionaggio che avrebbero riguardato operatori dell'informazione, la presidenza del Consiglio esclude che siano stati sottoposti a controllo da parte dell’intelligence, e quindi del Governo, i soggetti tutelati dalla legge 3 agosto 2007, n. 124 (Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica e nuova disciplina del segreto), compresi i giornalisti». E ha assicurato di aver attivato l’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale per chiarire la situazione, rendendosi disponibile a riferire al Copasir.

Giovedì l’opposizione ha chiesto a Giorgia Meloni un’informativa urgente per dare ulteriori spiegazioni. 

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