Ci sono comitati favorevoli a mantenere San Siro come luogo. Altri parlano di enorme business privato a discapito del pubblico. Per altri ancora, la costruzione della struttura nella zona dove c’era il Meazza è l’occasione per riqualificare tutto il quartiere
Due fazioni all’ombra del Giuseppe Meazza. Gli abitanti di San Siro sono divisi tra favorevoli e contrari alla costruzione del nuovo stadio, e tanti guardano con apprensione a quanto succede in Consiglio comunale, che ha votato la proposta di acquisto dell’impianto da parte di Milan e Inter.
L’intenzione delle squadre è quella di costruire un nuovo stadio in una zona molto vicina a quello attuale, tra l’area parcheggi e il parco dei Capitani. Le urla e i fischi che hanno accompagnato la prima riunione a Palazzo Marino dello scorso giovedì e, in particolare, la relazione iniziale della vicesindaca Anna Scavuzzo, che ha aperto il dibattito, danno un’idea del clima attualmente presente sulla questione.
I commercianti
«Siamo in attesa di capire cosa accadrà, è difficile ora pensare a cosa può succedere in un caso o nell’altro», racconta Cristian, uno dei titolari da 34 anni del Baretto 1957, luogo iconico di raduno dei tifosi alle spalle della Curva Nord dello stadio. Certo, poi, «se non dovessero esserci le squadre per noi sarebbe un problema: noi siamo aperti 7 giorni su 7 ma lavoriamo molto soprattutto con le partite».
Mario Iacovino del ristorante “La Barchetta” e residente in via Tesio è favorevole alla novità. «Io non avrei problemi con un nuovo stadio, anche se lo fanno qui di fronte. Eventuali disagi? Li abbiamo affrontati in passato per la linea 5 della metropolitana e lo possiamo fare anche questa volta. Uno stadio non è un monumento, non è piazza Duomo», evidenzia. Con o senza stadio, il lavoro va avanti: «Le partite ti danno e ti tolgono, ma, da cittadino milanese, vedere le due squadre di Milano fuori dalla città non è ammissibile».
Cittadini e comitati
Tra le opere al centro del dibattito c’è l’attuale sottopasso di via Patroclo, che verrà smantellato e spostato in modo tale da garantire l’ingresso ai parcheggi sotterranei sotto il nuovo impianto. Vicino al sottopasso, tra le villette di via San Giusto, abita Roberta Lamberto, assessora all’Urbanistica del Municipio 7 e nella segreteria metropolitana del Pd.
«Sembra chiaro come entrambe le parti vogliano lo stadio lì. Perciò, se le squadre dovessero lasciare San Siro, sarebbe un peccato per un quartiere che perderebbe la sua vocazione sportiva, con uno stadio non più gestibile dal Comune», sottolinea Lamberto.
Non vanno però dimenticati gli oneri delle squadre e il lavoro politico da fare: «Su questo è necessario impegnarsi tutti insieme, a cominciare dalla riqualificazione di una periferia dura come quella del Quadrilatero, le case popolari di Regione Lombardia attorno a piazza Selinunte, per passare a verde, viabilità e sport», conclude Lamberto.
Sui risvolti per il quartiere nutre dei dubbi Giacomo Manfredi, referente Sicet, sindacato casa e territorio, per San Siro: «Non so quale possibilità concreta si abbia di incidere sul quartiere e sul Quadrilatero. Non dimentichiamo i bisogni abitativi della città, tra l’alto numero di case sfitte, di proprietà sia della Regione che del Comune, e gli sfratti. A oggi ci sembra che ci sia dietro un’operazione speculativa che non aiuta chi lavora a Milano. Per loro non penso ci sarà alcun beneficio».
A favore e contro il progetto sono schierati diversi comitati sorti negli anni. Tra questi c’è il Comitato Sì Meazza, che raccoglie migliaia di cittadini milanesi e residenti della zona. «Si vuole chiudere in una settimana una questione riguardante un’area vastissima, circa sette volte piazza del Duomo, assai più estesa delle semplici zone contigue allo stadio», racconta Luigi Corbani, presidente del Sì Meazza.
Tra le principali questioni che pone la vicenda San Siro ci sono la demolizione di bene pubblico, il consumo di suolo e problemi ambientali non trascurabili. «Ma lei lo sa che ci saranno oltre 180mila metri cubi di detriti, un milione e settecentomila di metri cubi di terra movimentata? Il tutto per un interesse privato, non pubblico», sottolinea Corbani. Per questo, evidenzia, «non ci sarebbe nulla di male nel vedere le squadre fuori città e San Siro adibito ai soli concerti, che già oggi rendono tantissimo».
Ha un’opinione diversa invece Nicola Pelosi, portavoce del comitato San Siro, favorevole al nuovo impianto e residente tra via Tesio e via Pinerolo. «Un nuovo stadio sarebbe l’inizio di un progetto di riqualificazione del quartiere. Se le squadre dovessero lasciare San Siro si rischia l’abbandono», sottolinea. L’aiuto privato è fondamentale, secondo Pelosi: «Lo dimostra la riqualificazione delle terme, le Scuderie De Montel, che ha migliorato l’area. Da solo il Comune non può farcela, perché mancano fondi e capacità».
I lavori previsti nel progetto delle squadre procedono in questa direzione: «Dal centro commerciale alla riqualificazione di piazzale Axum fino alla trasformazione di via Tesio in zona Ztl, queste opere possono migliorare molto il quartiere. I disagi saranno inevitabili, ma la speranza è di poterli ridurre nella misura maggiore possibile».
© Riproduzione riservata



