La Corte costituzionale ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità sollevate dal tribunale di Brindisi sul fermo della Ocean Viking. Ma ha riconosciuto la natura penale e il carattere punitivo della misura. Intanto la pronuncia dei giudici del 3 luglio sta iniziando a sgretolare il sistema Cpr
Il fermo amministrativo delle navi delle ong che salvano migranti in mare non è incostituzionale. Martedì la Consulta ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità sollevate dal tribunale di Brindisi sul fermo della Ocean Viking, l’imbarcazione di Sos Mediterranée che in diverse operazioni a febbraio 2024 aveva salvato 261 persone, di cui 70 minori. L’ong aveva proposto opposizione alla misura amministrativa, prevista dal decreto Piantedosi quando il comandante o l’armatore non fornisce le informazioni richieste dalle autorità o non si uniforma alle indicazioni.
Per la Corte, la disciplina non viola l’articolo 25 della Costituzione e, quindi, il principio di determinatezza è rispettato perché «il legislatore descrive in modo nitido la condotta doverosa». Se la Consulta non ha censurato il decreto voluto dal governo per limitare l’azione delle ong, i giudici hanno però riconosciuto la natura penale e il carattere punitivo del fermo amministrativo. «La misura», si legge, «inibisce l’uso della nave per un tempo tutt’altro che esiguo» e «rivela una vocazione marcatamente dissuasiva». La Corte fornisce poi un’interpretazione al decreto Piantedosi, ricordando che non è vincolante un ordine che porti «a violare il primario obbligo di salvataggio della vita umana».
Per i legali dell’ong, Dario Belluccio e Francesca Cancellaro, solo questa lettura può rendere la norma «compatibile con la Costituzione». I principi dettati dalla Corte devono essere rispettati, concludono, e devono porre fine all’attività di criminalizzazione delle navi umanitarie dell’esecutivo. Lo stesso che è al lavoro per riempire le lacune rilevate sempre dalla Consulta il 3 luglio sulla disciplina dei Centri di permanenza per i rimpatri.
Gli effetti dell’altra decisione
I giudici hanno affermato che il trattenimento nei Cpr non rispetta la riserva assoluta di legge sulla libertà personale prevista dall’articolo 13 della Carta. E, chiedendo l’intervento del legislatore con una norma primaria, la legge è «inidonea a definire, con sufficiente precisione, quali siano i “modi” della restrizione» e i diritti delle persone recluse. Il governo ha fatto sapere che è in corso una riflessione per capire come risolvere la lacuna, con una norma più strutturata: potrebbe essere un decreto legge o un emendamento.
Nel frattempo però la pronuncia della Corte sta iniziando a sgretolare il sistema Cpr: sabato un’ordinanza della sezione distaccata di Sassari e lunedì una seconda emessa dai giudici di Roma hanno ripreso le conclusioni della Consulta e rimesso in libertà le persone trattenute. Per le corti la pronuncia della Consulta non può non trovare riscontro durante la convalida del trattenimento, «dovendosi evitare lesioni di diritti fondamentali che già si sia in grado di individuare come diretta conseguenza della assenza della disciplina legislativa».
La pronuncia potrebbe avere così un effetto a catena: è infatti complicato pensare che le corti d’appello e i giudici di pace ignorino i rilievi della Consulta. Tanto più considerando le condizioni in cui versano le persone recluse negli undici Cpr. A Macomer, in Sardegna, gli scioperi della fame sono continui: dal cibo immangiabile, tanto da far finire in ospedale una persona, alla mancanza di cure, così come ritardi nelle nomine degli avvocati di fiducia, spiega Francesca Mazzuzzi di LasciateCIEntrare, che riporta anche racconti di «isolamento punitivo dopo le proteste».
La situazione è peggiorata dopo la decisione del governo di estendere il trattenimento fino a 18 mesi. E, anche, con la possibilità di essere trasferiti nel centro in Albania. Otto persone sono state portate a Gjadër, da Macomer. «Nessun preavviso, nessuna notifica al difensore», spiega l’avvocata Sabrina Mura. Un suo assistito, che stava vivendo una fase di depressione acuta, è stato trasferito da un giorno all’altro e nessuno gli ha detto che sarebbe stato portato in Albania.
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