Per la maggioranza si tratta di un provvedimento fondamentale, che colma una grave lacuna del sistema normativo del nostro paese. Per l’opposizione, invece, è sì necessario tutelare gli allievi ad alto potenziale cognitivo, ma non con un ddl «ingessato» come quello approvato martedì 7 al Senato che rischia di «categorizzare e selezionare» gli alunni e «accrescere le disuguaglianze in classe», più che favorire l’inclusione a scuola.

«Riteniamo che l’impianto normativo, nella sua attuale formulazione, sia potenzialmente fuorviante rispetto alla visione pedagogica che dovrebbe ispirare la scuola pubblica italiana: provare a riconoscere la pluralità di intelligenze e degli apprendimenti degli studenti. Invece di classificarli», ha, infatti, commentato Beppe de Cristofaro, Avs, a proposito del disegno di legge presentato all’Aula da Mario Occhiuto, Forza Italia, che unisce in un solo testo i due precedenti ddl (n°180 a prima firma Pierantonio Zanettin e 1041, Roberto Marti), con l’obiettivo di conferire al governo la delega per il riconoscimento e la tutela degli alunni ad alto potenziale cognitivo (Apc) o plusdotati.

Il provvedimento

Il testo avrebbe l’obiettivo di promuovere l’inclusione scolastica degli studenti plusdotati e di favorire la collaborazione tra scuola, famiglia e sistema sanitario nazionale. Nel tentativo di essere non solo una risposta pratica a una necessità, ma anche un esempio, modello di indirizzo strategico per le politiche nazionali del sistema d’istruzione che puntano a «rafforzare investimenti sulle capacità degli studenti», si capisce dalle parole di Occhiuto.

Per farlo, oltre a riconoscere gli specifici bisogni degli studenti Apc e percorsi didattici specializzati, il ddl istituisce un Comitato tecnico-scientifico composto da rappresentanti del ministero dell’Istruzione e del Merito e del ministero della Salute, che avrà il compito di definire i criteri e le modalità del riconoscimento. E attiva un piano di sperimentazione della durata di tre anni, durante il quale le scuole potranno avviare attività per individuare e tutelare gli studenti plusdotati, al termine del quale verrà prodotta una relazione per valutarne gli esiti.

Ma non soltanto. Il disegno di legge, che prevede anche percorsi formativi per i docenti, differenziati per il “referente” e gli altri, contiene all’articolo 3, una delega al governo che dovrà disciplinare il riconoscimento degli studenti Apc, come garantire loro il diritto allo studio e i criteri per definire i piani didattici personalizzati.

Il fronte delle opposizioni

A preoccupare le opposizioni c’è anche questo: la troppa libertà lasciata, con la delega, all’esecutivo che «potrà sottrarre al parlamento la discussione su temi così delicati e rilevanti», chiarisce De Cristofaro, convinto che ad essere allarmante è anche il messaggio culturale sotteso al testo: «Una scuola che in un momento in cui le disuguaglianze sociali e territoriali sono in crescita, si concentra su chi ha più potenziale rischiando di dimenticare chi è fragile».

A confermare i timori di Avs anche le obiezioni del Partito democratico. Dalle parole di Simona Malpezzi e Cecilia D’Elia si capisce che la loro contrarietà al ddl non è dovuta al tema – che definiscono fondamentale – ma a come viene trattato. Al fatto che il testo unificato non restituisce la complessità del fenomeno Apc. Non «studenti super intelligenti» e basta, come si potrebbe pensare. Ma allievi con un quoziente intellettivo superiore alla media che, però, rischiano di provare forti disagi in classe e nella vita sociale, sia per il loro sentire in molti casi differente rispetto ai coetanei, sia perché spesso alla plusdotazione sono associati anche disturbi dell’apprendimento.

«Questa complessità non emerge dal ddl. E manca anche il focus sul gruppo-classe, importante per valorizzare le differenze di tutti. La plusdotazione non è solo intelligenza ma un insieme di caratteristiche emotive, cognitive e relazionali», spiega D’Elia prima di chiarire come dal provvedimento emerga, invece, una visione più incentrata sulle capacità e velocità di apprendimento degli studenti Apc.

Così, mentre per il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara con l’approvazione del provvedimento l’Italia compierebbe un passo fondamentale perché, anche se è vero che non deve essere lasciato indietro nessuno, «nessuno deve essere limitato rispetto al proprio potenziale», le opposizioni invitano a riflettere sulla pericolosità di un testo che rischia di categorizzare gli alunni, senza focalizzare sufficientemente l’attenzione neanche sui disagi che gli studenti Apc vivono.

«La scuola oggi non ha bisogno di nuove etichette, ma di risorse per favorire davvero l’inclusione», sottolinea, infatti, Ada Lopreiato, M5s: «Non servono corsie preferenziali ma adattare la didattica a diversi ritmi e stili di apprendimento».

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