Il Senato ha approvato all’unanimità, con 161 voti favorevoli, il disegno di legge che introduce una nuova fattispecie all’articolo 577-bis del codice penale, il reato di femminicidio. Il ddl ora passa alla Camera per l’approvazione definitiva. Il via libera è stato accolto dall’applauso dell’aula. «Sono estremamente lieto di questo risultato che testimonia come sui temi importanti il Senato sappia esprimersi senza distinzioni di appartenenza. Grazie a tutti i senatori e le senatrici», ha detto il presidente Ignazio La Russa. 

Il ddl è stato varato dal governo lo scorso 7 marzo, in occasione della Giornata internazionale della donna, l’8 marzo. Il testo è stato poi modificato in commissione Giustizia al Senato, che ha trovato un’intesa bipartisan sulla definizione del reato autonomo, inizialmente – per gli esperti – troppo vaga e indeterminata. L’articolo riformulato e approvato evidenzia la matrice culturale del fenomeno: «Chiunque cagiona la morte di una donna quando il fatto è commesso come atto di odio o di discriminazione o di prevaricazione o come atto di controllo o possesso o dominio in quanto donna, o in relazione al rifiuto della donna di instaurare o mantenere un rapporto affettivo o come atto di limitazione delle sue libertà individuali, è punito con la pena dell’ergastolo».

Nella discussione maggioranza e opposizioni hanno messo in luce il lavoro condiviso, che ha portato a un miglioramento del testo. Anche la ministra per la Famiglia, la Natalità e le Pari Opportunità, Eugenia Roccella, ha rilevato il «lavoro approfondito» della commissione e si è detta «felice» che il Senato abbia «scritto una pagina importante nella lotta alla violenza contro le donne» all’unanimità. E ha aggiunto: «La storia d’Italia ci ha insegnato che dare un nome ai fenomeni, descriverne i caratteri, dotarsi di strumenti per contrastarli, è importante non solo per la trattazione dei singoli casi ma anche perché le leggi fanno parte della cultura di una nazione e contribuiscono a formarla». 

Per Roccella formularlo «significa riconoscere la specificità di un fenomeno e dunque prevenirlo e creare le condizioni per contrastarlo con più efficacia». Nonostante l’appoggio bipartisan, molte senatrici hanno segnalato l’ennesimo intervento repressivo, senza che sia accompagnato da fondi e misure che agiscano sulla prevenzione, primaria e secondaria. 

Prevenzione

Il Senato, in sede di esame del ddl, ha poi approvato all’unanimità tre ordini del giorno del gruppo del Partito democratico, perché «il diritto penale non può bastare». Primi firmatari Boccia, D’Elia, Valente, Rossomando, Bazoli, Verini, Sensi, Mirabelli, gli ordini del giorno «impegnano il governo sui fronti per noi imprescindibili della prevenzione, della protezione delle vittime, della formazione e dell’educazione», fa sapere il gruppo. 

Il primo impegna l’esecutivo ad attivarsi sull’educazione interdisciplinare «ai principi di uguaglianza e pari opportunità, dell’educazione alla parità tra i sessi e al rispetto delle differenze, all’affettività, alla sessualità e alla salute riproduttiva e a inserire, tra i criteri di valutazione degli atenei da parte dell’Anvur e del ministero dell’università e della ricerca, l’offerta formativa dedicata alla prevenzione e al contrasto della violenza di genere».

Il secondo impegna a risolvere le criticità tecniche e l’insufficienza di apparecchi e dei braccialetti elettronici quali strumenti fondamentali di protezione delle vittime. E, infine, il gruppo impegna a incrementare i finanziamenti del Piano strategico nazionale antiviolenza, in particolare per le attività di prevenzione primaria, come l’informazione e la sensibilizzazione della collettività, anche attraverso la formazione e la sensibilizzazione degli operatori dei settori dei media.

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