Alla Rete per la scuola pubblica partecipano sindacati, associazioni degli insegnanti e organizzazioni studentesche: un percorso che condurrà a una manifestazione nazionale in autunno. Una mobilitazione che parte dal mondo della scuola, ma che ha l’ambizione di parlare a tutto il Paese
Associazioni, sindacati e organizzazioni studentesche si sono incontrate a Roma sabato 31 maggio, nell’area a ridosso della scuola Di Donato, per l’assemblea nazionale promossa dalla neonata Rete per la scuola pubblica. Durante l’incontro si sono susseguiti decine d’interventi di un arcipelago di sigle così ampio da non essere elencabile. Un percorso nato qualche settimana fa contro le nuove indicazioni nazionali per la scuola dell’infanzia e il primo ciclo, ma che presto è andato allargandosi ad altre istanze.
Le rivendicazioni
L’oggetto centrale del dibattito si è spostato sull’idea complessiva di scuola che il governo Meloni sta progressivamente imponendo attraverso diversi provvedimenti. Le indicazioni nazionali per la scuola dell’infanzia e il primo ciclo, hanno sottolineato diversi interventi, mettono in discussione la funzione pedagogica della scuola a vantaggio di una visione nozionistica e ideologica del sistema scolastico.
Dalla centralità dell’Occidente («solo l'Occidente conosce la storia») alle nuove linee guida sull’Educazione Civica, in molte e molti denunciano l’operazione “nazionalista” che vuole essere imposta e che probabilmente vedrà una nuova tappa con la prossima pubblicazione delle indicazioni nazionali per il secondo ciclo. “La Risoluzione Sasso” (la cosiddetta mozione “anti gender”) “e il Dl sul consenso informato preventivo” insieme alla derubricazione a “patologia” della violenza di genere da parte del Governo, sono elementi, denuncia le Rete, che mettono in discussione l’educazione sessuo-affettiva (già insufficiente) rendendo spuntata qualsiasi strategia di lotta ai presupposti culturali che alimentano la violenza maschile sulle donne. Questioni sottolineate anche dagli interventi delle realtà studentesche, che hanno posto con forza anche il problema dei Pcto e della logica del tirocinio gratuito che attraversa la dimensione giovanile a più riprese.
E ancora, c’è chi evidenzia il filo nero autoritario che lega il Dl sicurezza, il codice di comportamento dei dipendenti pubblici e il metodo con cui vengono imposte le indicazioni nazionali, calate dall’alto e con un sondaggio farsa che non prevedeva possibilità di dissenso. Si vogliono chiudere gli spazi di un dissenso «sempre più difficile da esprimere», anche per la condizione economica di chi insegna e lavora nel mondo della scuola: «Scioperare è diventato un lusso che molti non possono permettersi».
Il problema dei salari
Effettivamente l’impoverimento del lavoro è forse stato l’altro grande polo della discussione. L’inflazione dal 2022 ha determinato un aumento del costo della vita che ormai è vicino al 20%, mentre il «governo propone un rinnovo con un 6% che dobbiamo guardarci bene da chiamare aumento, perché è una riduzione del salario reale di quasi il 14%». Martedì 27 si erano tenuti in Italia diversi flashmob nati da un appello che chiedeva incrementi salariali in linea con l’aumento dei prezzi e i livelli europei di retribuzione. Prima ancora petizioni e iniziative locali avevano sollevato questioni simili, a riprova del malessere diffuso e del fermento che attraversa il mondo della formazione.
La questione salariale sta diventando un’emergenza, che non riguarda certamente solo il mondo della scuola, e che potrebbe diventare terreno di convergenza con le mobilitazioni universitarie, degli istituti di ricerca, del lavoro pubblico e privato.
I prossimi passi
La parte finale dell’assemblea si è concentrata sull’agenda e sulle iniziative da mettere in campo. L’appuntamento centrale è il lancio di una grande manifestazione a carattere nazionale nelle prime settimane di ottobre. La data è ancora da definire, ma l’idea è quella di aprire l’anno scolastico con un momento di convergenza ampio che coinvolga dal basso studenti, docenti, personale Ata, sindacati, associazioni e società civile per costruire un movimento su obiettivi unitari.
Se ne parlerà nelle prossime settimane, «ma dobbiamo iniziare da subito a organizzarci scuola per scuola», conclude Valeria attivista del Mce, «coltivando le relazioni con altre mobilitazioni a partire dall’iniziativa contro la precarietà del mondo universitario prevista in piazza Capranica a Roma il 3 giugno e dalla manifestazione contro il Dl sicurezza che parte tra pochi minuti». Una mobilitazione che parte dal mondo della scuola, ma che ha l’ambizione di parlare a tutto il Paese e di promuovere inedite convergenze contro le politiche del governo.
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