«Le Nuove Indicazioni Nazionali (Nin) sono un testo mal assemblato e mal scritto, ma chiaro nelle sue intenzioni»: comincia così l’incontro tra oltre 30 realtà bolognesi – associazioni, movimenti, sindacati, gruppi di docenti – riunite per fare il punto sulla proposta del Ministero di modifica delle Indicazioni Nazionali del curricolo scolastico.

A parlare è una giovane donna, in piedi, davanti a una folla di 200 persone in una sala gremita.

Da qualche settimana il Ministero dell’Istruzione e del Merito ha rilasciato il nuovo testo che, se approvato, andrà a sostituire le vecchie indicazioni, che risalgono al 2012.

Per discuterle e cominciare a mobilitarsi, il gruppo territoriale del Movimento di Cooperazione Educativa di Bologna – una rete di insegnanti impegnati per una scuola pubblica, laica e democratica – ha lanciato un’iniziativa che si è tenuta venerdì 23 maggio alla Casa di quartiere Katia Bertasi.

Si sono alternate al microfono movimenti, associazioni, dirigenti scolastici, insegnanti, genitori, studenti e studentesse, anche universitari, professori, semplici cittadini e cittadine.

Tre ore di incontro, con lo scopo comune di dare un nome a ciò che sta accadendo, studiare e conoscere le Nin nei loro punti problematici, vedere e reagire alla crisi.

L’obiettivo dichiarato è di fermare questa proposta di modifica del testo. Durante l’incontro si passa in rassegna il documento, si discutono nel dettaglio i problemi.

Si parla di genere, di inclusione, di intercultura, di contenuti didattici, di libertà d’insegnamento, ossia di tutto ciò che oggi è messo sistematicamente in discussione nella scuola e nel paese.

Un progetto educativo autoritario

Un attacco che prosegue nelle Nin, che sono un intreccio di sapere e potere, e racchiudono lo spirito ideologico e politico dell’attuale destra al governo.

Un testo dai contenuti vecchi, in cui si fa continuo riferimento all’Occidente con la O maiuscola, incurante di tutta la ricerca storica che ne ha messo in luce la violenza materiale, epistemica, coloniale.

Nelle Nin la conoscenza è declinata al singolare, l’uomo libero al maschile. La conoscenza è presentata come una realtà solida, fulgida, insindacabile. C’è il vero e il falso, il sapere e il non-sapere: così il mondo è riportato alle sue dicotomie e alle sue certezze.

Non un testo che invita l’insegnante a farsi protagonista di studio e di ricerca insieme alle sue classi, ma che lo eleva a magister, a governante unico, detentore della Conoscenza, della Verità, della Giustizia.

Il progetto è chiaro: mettere l’adulto al comando, che ricrei una disciplina. In nome della sua autorità, deve tracciare le norme di vita e imporre i suoi contenuti di conoscenza da imparare a memoria, da assimilare, da interiorizzare.

Così l’insegnante riceve un mandato politico: costruire identità strette e regolate, a garanzia dell’ordine sociale, e non dell’atteggiamento critico, indocile, scettico – proprio di una società autenticamente democratica.

La scuola che vogliamo 

Le persone riunite nella sala, al contrario, si battono per una «scuola che permette a tutti e tutte, senza distinzioni di classe, genere, etnia, di partecipare alla vita pubblica, alla vita della Repubblica».

E questo incontro è esso stesso prova di un sapere democratico già sviluppato, di una capacità di allestire spazi per la partecipazione: c’è un cartellone con il programma dell’assemblea, si rispettano i tempi, si interviene con spirito di servizio.

Si vede tutta la competenza di insegnanti che riflettono sul proprio agire, che si formano nelle pratiche quotidiane, che sono abituati a discutere, a prendere decisioni collettive, a rispettare la parola degli altri e fargli spazio, riconoscendo la soggettività di ciascuno e di ciascuna. Ricerca, cooperazione, partecipazione sono le loro parole d’ordine.

In chiusura, dal microfono si denunciano gli effetti concreti e problematici che questo testo avrebbe nell’orientare l’esperienza educativa dei giovani verso l’età adulta, se non viene fermato.

Per questo l’incontro si conclude con un appello al prossimo appuntamento: a Roma, sabato 31 maggio, in un tavolo interterritoriale di coordinamento delle mobilitazioni in corso.

È cominciata così in queste settimane la mobilitazione della scuola, da Bologna a Napoli, da Firenze a Genova – sono molti gli appuntamenti in programma – contro un progetto educativo autoritario, cui si intende opporre una scuola democratica, insieme impaziente e ragionata.

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