L'ex procuratore generale del Messico, Jesús Murillo, è stato arrestato venerdì nella sua casa di Città del Messico con l'accusa di sparizione forzata, tortura e ostruzione alla giustizia per il rapimento e la scomparsa di quarantatré studenti, nello stato del Guerrero, considerato attualmente uno dei più controllati e militarizzati da parte dei narcotrafficanti. 

Le autorità hanno inoltre dichiarato che Murillo ha già incontrato un pm ed è stato poi portato in carcere a Città del Messico. Poco dopo il suo arresto, le forze di polizia hanno arrestato altre ottantatré persone tra soldati, polizia, funzionari dello stato di Guerrero e membri di bande armate, sempre legati all’indagine sulla sparizione dei quarantatré studenti del ​​26 settembre 2014. Allora il presidente del Messico era Enrique Peña Nieto

Le ombre sulle indagini

I resti di soli tre studenti sono stati trovati e identificati e da allora moltissime domande sono rimaste senza risposta.

Sul caso si erano già esposti diversi osservatori internazionali notando come ci fossero evidenti e gravissime lacune dal punto di vista delle indagini e  denunciando anche la tortura di testimoni. E proprio questo episodio e la mancanza di risposte per le famiglie delle vittime erano diventati un tema di campagna elettorale nel 2018 quando l’attuale presidente del Messico López Obrador aveva promesso di fare giustizia ai giovani scomparsi e le loro famiglie. 

Solo il giorno prima degli arresti, il massimo funzionario messicano per i diritti umani, Alejandro Encinas, aveva definito le sparizioni un "crimine di stato" che coinvolge funzionari locali, statali e federali.

Durante una conferenza stampa ha dichiarato «Cosa è successo? Una sparizione forzata dei ragazzi quella notte da parte delle autorità governative e dei gruppi criminali». Ha poi aggiunto come «livelli più alti dell'amministrazione di Peña Nieto hanno orchestrato un insabbiamento, compreso l'alterazione delle scene del crimine e l'occultamento dei legami tra autorità e criminali».

L’avvocato dei genitori delle vittime di Ayotzinapa, Vidulfo Rosales, ha chiesto che gli arresti non si fermino. dichiarando alla Tv  messicana: «C'è ancora molto da fare prima che possiamo pensare che questo caso sia stato risolto».

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