C’è una Milano che corre, trafelata, che sbuffa dinanzi a un accenno di capannello di gente e poi c’è un milano in fila, ordinata, annoiata e disperata. Il sabato mattina è un giorno particolare in Viale Toscana 28: la coda di uomini, ragazze, signore, anziani è lunghissima: parte dal bar lacentrale della nuova sede dell’Università Bocconi e arriva ai cancelli dell’associazione Pane Quotidiano.

Sono 350 metri. Serve tutta la mattinata per smaltirla. Dall’altra parte del cancello, i volontari in casacca arancione dividono cibi e bevande e, come in una sorta di self service a cielo aperto, preparano le buste con generi alimentari da distribuire. A chi? A chiunque si metta in fila. Anche a te che stai leggendo, se ne hai bisogno.

La coda dei poveri

L’ultimo rapporto Istat 2021 sulla povertà delinea un quadro fosco: oltre il 25% dei cittadini italiani è a rischio povertà o esclusione sociale. I numeri sono significativi, parliamo di 1,9 milioni di famiglie, che corrispondono a 5,6 milioni di persone. In Lombardia è attivo il Piano triennale regionale dei servizi per il contrasto alla povertà 2021-2023, dal quale emergono alcuni dati importanti: nel 2020, il tasso sulla povertà assoluta della Lombardia risulta pari al 6,7%, circa il 3,4% in meno rispetto alla media del Paese (10,1%). C’è un aumento importante però delle famiglie povere che hanno al proprio interno una persona occupata (4,4% nel 2019, diventato il 7,3% nel 2020).

Questo indica l’aumento dei working poor, ovvero persone che rischiano la povertà indipendentemente dal proprio salario, a causa della situazione economica familiare (famiglie monoreddito, partner che guadagno molto poco, numerosità, ecc.). A livello nazionale è Coldiretti, con l’analisi su dati del rapporto 2022 del Fondo per l’aiuto europeo agli indigenti (Fead), a evidenziare che sono quasi 3 milioni gli italiani che sono costretti a chiedere aiuto per mangiare, facendo ricorso alle mense per i poveri o ai pacchi alimentari, in aumento del 12% rispetto al 2021. 

In viale Toscana il torpedone che si snoda è uno degli indici del disagio in città e si allunga e si accorcia come una molla a seconda delle difficoltà. Dalla pandemia in poi la fila è sempre cresciuta e caro-bollette e inflazione in crescita hanno peggiorato la situazione. Luigi Rossi, vicepresidente dell’associazione mi aspetta all’entrata e mi scaraventa nel vivo di questa sorta di grande e gratuita spesa collettiva: “Vedi quel signore vestito bene? È il classico pensionato milanese che non arriva a fine mese. Fa anche rima!”. La battuta mi sorprende ma ci sta, non è cinismo, ma senso della realtà.

Pane Quotidiano è un’organizzazione laica, apolitica e no profit: da 124 anni offre a chiunque si presenti alle sue porte pane e altri alimenti, senza chiedere documenti o fare alcuna domanda. Il motto dell’associazione è infatti “Sorella, fratello qui nessuno ti domanderà chi sei, perché hai bisogno, quali sono le tue opinioni”. Fondata nel 1898 da Arrigo Valentini, nasce inizialmente come piccola associazione che, negli anni Venti, ottiene una sede in Porta Genova. Dopo una decina d’anni il Comune di Milano le concede lo spazio di viale Toscana 28, sede attuale della onlus.

C’è un secondo indirizzo in viale Monza 335, altra zona, meno abbiente della sede che ricade nel Municipio 5 e anche più infastidita dalla presenza dell’attività gestita dall’ente. Da un paio di anni infatti un comitato di cittadini protesta per la sporcizia e per il commercio abusivo dei prodotti ricevuti in dono e poi messi in vendita illegalmente.

Chiedo a Rossi cosa c’è di vero e il numero due di Pane Quotidiano non nega ciò che evidente anche in zona Bocconi: “Il nostro compito - spiega Rossi - è di distribuire il cibo. Ovvio che cerchiamo di evitare il mercanteggiamento dei prodotti all’esterno dell’associazione, ma sarebbe impensabile da parte nostra il controllo nelle zone limitrofe”. In effetti a pochi passi dalla struttura c’è il parco pubblico Ravizza che nelle ore della consegna dei pacchi diventa anche piazza di scambio dei prodotti, il più delle volte però si tratta di baratto. Un po’ di sporcizia c’è, inutile negarlo.

In fila per il cibo

In busta c’è l’equivalente di 20/25 euro di spesa: si parte dal pane per poi trovare latte, yogurt, pasta, cioccolato, insalate in busta, frutta, prodotti vegetariani come il tofu e c’è anche il panettone. Tra le due sedi si parla di 3.500/4.000 pacchi distribuiti al giorno: «Sabato scorso (il 5 novembre per chi legge, ndr) - racconta Rossi - abbiamo raggiunto il triste record di 5.000 consegne. Nell’arco di un anno abbiamo più di un milione e duecentomila passaggi, quindi consegniamo alimenti per circa 25 milioni di euro. Non sono acquisti di nostra pertinenza ma è cibo che viene donato da aziende produttrici che destinano a Pane Quotidiano molte delle loro eccedenze. Ci sono anche delle donazioni che ci consentono di acquistare furgoni, camion frigo, il carburante che da solo porta via 40mila euro l’anno. Tutto questo sarebbe poi impossibile senza i volontari che ci donano la cosa più preziosa, il loro tempo». 

Luigi mi accompagna a vedere la struttura che, negli ultimi anni, ha avuto importanti interventi di riqualifica e ampliamento. Ci sono gli uffici per gli otto dipendenti dell’associazione e un bel giardino che affaccia sull’architettura bocconiana. C’è un gran silenzio e la cosa colpisce, soprattutto se si pensa che a pochi metri da qui ci sono migliaia di persone in fila. 

Chi sono queste persone? Passando in rassegna la coda, la risposta è tutti: ragazzi nordafricani, badanti slave, tante signore ucraine, indiani, srilankesi, anziani, anche tanti bambini perché a ogni persona è destinata una busta e così le famiglie possono portare a casa più cose: «Qui il clochard non viene - aggiunge il vicepresidente - perché non ha un posto dove cucinarsi le cose che gli diamo. Lui preferisce le mense. Qui vengono persone che hanno un tetto sulla testa e magari è anche di proprietà: pensionati, monoreddito, single, anche giovani che arrivano a Milano per trovare un lavoro più idoneo agli studi fatti. Noi non abbiamo un tracciamento dei flussi, perché è contrario allo spirito dell’associazione, ma basta guardare la strada e posso dirti che c’è un 65 per cento di cittadini extracomunitari e un 35 per cento di italiani, di questi la prevalenza è fatta da anziani. Sta crescendo però la presenza di persone tra i 35 e i 50 anni. Fino a 15 anni fa la percentuale di connazionali non superava il dieci per cento. Contestualmente sono aumentate le domande di volontariato. La nostra base è fatta di circa 180 persone che turnano tra le due sedi, ma arrivano davvero tante richieste via mail».

La sostenibilità

Gli sportelli aprono alle 8 ma a volte c’è gente in coda sin dall’alba. La chiusura è prevista per le 11, ma se qualcuno bussa alla porta nel pomeriggio un pacco si rimedia. «Ci siamo chiesti se non fosse il caso di fare una cernita - continua Rossi - ma che parametri usi, chiedi l’Isee? Il punto è che c’è una bella differenza tra solidarietà e carità. Con la prima entri in contatto con la persona che chiede aiuto, ti muovi verso di lei, la includi. Con la carità si alleggeriscono le coscienze e basta». 

Sarà la vicinanza a una delle università di management più famose al mondo, ma il ragionamento che Rossi fa accompagnandomi verso l’uscita ha un senso: «Creare un mondo migliore - spiega il vicepresidente - è la missione di un manager, che oggi è tutta focalizzata sui criteri Esg, Environmental, Social e Governance, ovvero, in una sola parola, sulla sostenibilità. Pane Quotidiano lo aveva capito già 124 anni fa».

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